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Le testimonianze degli sbarchi a Brindisi nel marzo 1991 (Damiano Tasco)

Come reagirebbe oggi una piccola città di poco più di 80mila abitanti se si ritrovasse improvvisamente “in casa” trentamila persone in più nel giro di poche ore? Donne, bambini, uomini e ragazzi che parlano una lingua diversa, che un po’ di italiano lo hanno imparato guardando la Rai tv, che hanno un vissuto completamente diverso, che per fuggire da una terra isolata dal resto del mondo per decenni, dalla fame, dalla mancanza di libertà, dal caos del vivere quotidiano, hanno sfidato il mare, il gelo, la morte?

Le testimonianze degli sbarchi a Brindisi nel marzo 1991 (Damiano Tasco)

Sappiamo tutti che oggi la reazione, si trattasse anche solo di trenta persone, potrebbe essere di distanza, timore, diffidenza. Negli ultimi anni alcuni hanno seminato paura dello straniero, immotivata crudeltà, odio, complice la manipolazione di fascisti e razzisti per lungo tempo silenti, usciti allo scoperto senza alcun pudore, senza freni inibitori, guidati da una regia spregevole e spietata. Ormai vediamo da decenni, con orrore, muri, steccati, tragedie, corpicini di bimbi morti e spiaggiati, fili spinati, frontiere chiuse, soldati armati, respingimenti, lager come quelli in Libia, ferocia, abbandono, marce disperate a più di 40° nel deserto e a -30 sulla neve con mete irraggiungibili. Uno strazio che l’animo umano, per sua natura, non dovrebbe reggere.

Le testimonianze degli sbarchi a Brindisi nel marzo 1991 (Damiano Tasco)

Trent’anni fa questi sentimenti (chiamiamoli così) da aborrire non c’erano. Trent’anni fa, il 7 marzo del 1991, Brindisi, la più piccola delle città capoluogo pugliesi, si ritrovò tra le sue strade, nelle case, nelle scuole quei trentamila bambini, donne e uomini in più. Erano arrivati dall’Albania su imbarcazioni scalcinate che avrebbero potuto trasportare non più di duecento persone e che invece ne contenevano 2mila o 4mila ciascuna.

Le testimonianze degli sbarchi a Brindisi nel marzo 1991 (Damiano Tasco)

Nessuna distinzione sociale su quelle barche. Operai ammassati con medici, avvocati, musicisti, ingegneri, pittori. C’erano anche bambini soli che a Valona e a Durazzo erano stati trascinati dalla folla che si stava imbarcando sulle navi ed erano approdati in Italia senza volerlo e a insaputa dei genitori. Arrivati nel porto di Brindisi in condizioni disumane, ammucchiati gli uni sugli altri, con il rischio di cadere in mare o di inabissarsi con le barche stracolme, affamati, assestati, infreddoliti, stremati, avevano sorriso tutti vedendo la terra, era per loro l’America delle grandi possibilità, dell’I have a dream, della libertà e della rinascita.

Le testimonianze degli sbarchi a Brindisi nel marzo 1991 (Damiano Tasco)

La nuova patria che avevano visto in televisione, quella delle canzonette, delle partite di calcio. Gli ottantamila brindisini rimasero attoniti. Ma la sorpresa, lo sgomento durarono appena poche ore,  se non minuti. Quelli erano fratelli, sorelle, figli, nipoti, amiche e amici che avevano bisogno di aiuto, che, sbarcando nel porto da quelle navi, sulle quali avevano attraversato l’Adriatico a grappolo, corpo su corpo,  riuscivano a sorridere felici, perché ce l’avevano fatta, a urlare a squarciagola “Italia Italia!”, a fare il segno della vittoria con le dita.

Quell’Italia del profondo sud li accolse con uno slancio di solidarietà che era come dovrebbe sempre essere, naturale, di normale umanità e fratellanza. Talvolta ci chiediamo che cosa sarebbe accaduto invece se quei nostri fratelli e quelle nostre sorelle della grande umanità del mondo avessero avuto la pelle di un altro colore. Ci rispondiamo, con convinzione, che sarebbe emersa, trent’anni fa, la stessa corsa al sostegno, l’aiuto civile e istintivo che fa parte dell’essere umano. La persona era al centro, da qualsiasi parte del mondo provenisse, i suoi bisogni primari erano nella coscienza di tutte e tutti.

Le testimonianze degli sbarchi a Brindisi nel marzo 1991 (Damiano Tasco)

Le prove di quel che avvenne nel ’91 a Brindisi ci sono. Restano nella memoria corale, mai davvero riconosciuta da uno Stato che non ha insignito Brindisi di una medaglia d’oro. Restano nella memoria individuale di ogni singolo cittadino di ogni età. Ognuno di loro ancora oggi ha una storia da raccontare su quel il primo grande esodo, su “un’invasione” rivelatasi una benedizione per una città che si scoprì accogliente, umana, solidale. Ancora oggi c’è chi conserva fotografie su carta delle famiglie accolte in casa, dei bambini rincorsi con giacche e cappotti perché quello fu un marzo gelido.

Le testimonianze degli sbarchi a Brindisi nel marzo 1991 (Damiano Tasco)

C’è chi ricorda riunioni di condominio per organizzare, assieme alle istituzioni locali, i soccorsi. Gli imprenditori si offrirono di assumere decine di albanesi nelle loro fabbriche. Prefettura, Comune, Protezione civile, Croce rossa, Caritas, associazioni e singoli cittadini erano un tutt’uno. Perché? Perché lo Stato rimase stordito da quel fenomeno e non arrivarono né parole, né indicazioni, né aiuti, nonostante la notizia avesse fatto il giro del mondo e fossero arrivati, in questo pezzetto di estrema periferia del Paese, reporter italiani e stranieri.

Le testimonianze degli sbarchi a Brindisi nel marzo 1991 (Damiano Tasco)

Gioco forza, Brindisi fece da sé aprendo case private, scuole, fabbriche, alberghi, campeggi, l’ospedale che lavorava senza sosta, noi giornalisti ci dividevamo tra le strade e le redazioni per scrivere e raccontare (con le macchine da scrivere Olivetti, il corriere che ritirava le foto in bianco e nero dei nostri articoli: non esistevano, smartphone, pc e tablet, o social) e poi tornare dai profughi portando coperte, maglioni, cibo caldo, dare loro passaggi in auto.

Erano ovunque. Dal porto in molti si erano spinti fin ai sobborghi della città. Altri avevano raggiunto a piedi altri paesi della provincia ottenendo lo stesso trattamento umano e solidale. Un impegno per tutti 24 ore su 24. Ottantamila cittadini italiani si erano trasformati in ottantamila volontari a tempo pieno. Un’esperienza unica. Quell’agire corale portò a un successo enorme: nessuno dei 30mila albanesi perse la vita.

Le testimonianze degli sbarchi a Brindisi nel marzo 1991 (Damiano Tasco)

Di quelle giornate possiamo raccontare quello che non abbiamo visto: l’indifferenza e la paura. Di quelle giornate, che poi diventarono mesi con l’arrivo di altre imbarcazioni, possiamo raccontare quello che abbiamo visto: la partecipazione spontanea, la fratellanza, lo sguardo amico e solidale negli occhi di ognuno. Quello che abbiamo visto e continuiamo a vedere è l’inclusione, che avvenne dopo, di chi rimase a Brindisi e i rapporti mantenuti per decenni tra i brindisini e gli albanesi accolti all’epoca. Le telefonate periodiche. “Che fai? Ti sei sistemato? Sei tornato in Albania? Ah… hai aperto un’azienda nel tuo Paese? Sono contento per te”. Rapporti di amicizia che si sono consolidati nonostante i decenni trascorsi. Un modo di agire spontaneo.

Le testimonianze degli sbarchi a Brindisi nel marzo 1991 (Damiano Tasco)

Cerchiamo di contestualizzare ciò che accadde il 7 marzo del 1991. Poco più di anno prima era caduto il Muro di Berlino. Quattromila albanesi avevano chiesto asilo politico nelle ambasciate straniere a Tirana. In molti vennero trasferiti a Brindisi e poi fatti salire su treni per il nord. In parte rimasero in un centro di accoglienza, nella contrada Restinco. La città se ne accorse appena. L’anno successivo, il 5 marzo la prima barca, la “Paniot Papa”, comparve in porto con 141 profughi a bordo. In prefettura era giunta la notizia che sarebbero arrivate altre imbarcazioni. Infatti mezz’ora dopo, venne avvistata la nave “Alba” con 600 persone a bordo. Quindi altre 300 con una motonave e un peschereccio.

Poi fu la volta della “Liriya”, con quattromila passeggeri rimasti per tre giorni in mare senza acqua e cibo. Poi ancora navi, barchette, persino zattere. In trenta ore giunsero a Brindisi 24 imbarcazioni con il loro carico umano. Ciò che accadde dopo lo abbiamo raccontato. Accenniamo appena a ciò che accadde nell’agosto successivo, quando stava per arrivare a Brindisi la nave Vlora, partita sempre dal Paese delle aquile. La prefettura del capoluogo ritenne di non poter ospitare altre migliaia di albanesi, dovendosi occupare di coloro che già erano in città. Un altro impatto così enorme era insostenibile.

Le testimonianze degli sbarchi a Brindisi nel marzo 1991 (Damiano Tasco)

La nave fu dirottata a Bari. Migliaia di albanesi furono chiusi, dopo lo sbarco, nello stadio. Donne, bambini e uomini sotto un sole cocente, con panini e bottigliette d’acqua lanciati dall’esterno. Abbiamo rivisto immagini sconcertanti che non credevamo poter essere scattate dalle nostre parti: il Vittoria assomigliava molto allo stadio di Santiago del Cile nel 1973, durante il golpe di Pinochet.

I profughi, dopo questo incubo, furono trasferiti altrove. Ma in quattro mesi qui al sud era cambiato tutto. Bari ottenne dallo Stato una inspiegabile medaglia d’oro. Brindisi non l’ha mai ricevuta.

Le testimonianze degli sbarchi a Brindisi nel marzo 1991 (Damiano Tasco)

Per il trentennale di quella grande esperienza di accoglienza istintiva e sincera, non indotta, non imposta, sono in programma a Brindisi e in tutta la Puglia numerose iniziative, come ce ne sono state anche durante questi decenni. Però questo è un anno speciale e avremo visite.

Il 5 marzo arriverà a Bari il primo ministro albanese, Edi Rama, per partecipare al Consiglio regionale. Il giorno dopo sarà a Brindisi per prendere parte al Consiglio comunale che probabilmente si svolgerà all’aperto, sul porto dell’allora inimmaginabile grande sbarco. L’Autorità portuale intende intitolare a quell’evento un piazzale della stazione marittima. A Brindisi ci saranno presentazioni di libri, mostre fotografiche, spettacoli teatrali dal Nuovo Teatro Verdi, ovviamente online.

La mappa interattiva di oniricall.org/, il progetto realizzato da Yeahjasi Brindisi, Le braccianti di Euripide, Pxc edizioni, Città di Brindisi

 

 

Anche Anpi Brindisi, assieme a Libera Community Hub (Arci), il Collettivo artistico Le braccianti di Euripide, Voci della Terra, Progetti per comunicare, Yeahjasi Brindisi, I giovani sono il presente e altre associazioni, cittadini brindisini e albanesi, ha avviato un progetto, che durerà un intero anno. Si intitola “Storie di casa mia”, una raccolta sulla piattaforma digitale www.oniricall.org di testimonianze individuali, racconti e foto di quei giorni e quei mesi formidabili. Perché questa memoria individuale e corale non va cancellata. Ogni cittadino, nel ricordo di quel tempo, direbbe: “Tu non potevi vedere tua sorella in mezzo alla strada e non fare nulla. Non c’era da pensarci su”. Un manager, già padre, accolse in affido, a casa sua due ragazzi soli. Conserva ancora con orgoglio le foto dei figli assieme ai due giovanissimi albanesi. Sono rimasti in contatto. I due ospiti adolescenti si sono poi laureati e hanno trovato il successo nella vita e nella professione. Lui, come ogni brindisino, pensa che una cosa buona nella vita l’ha fatta e che quello scambio di umanità e di culture è stato un regalo: “Eravamo bella gente. Dobbiamo esserlo sempre”.

Tea Sisto

Sono immagini documento, straordinarie, quelle di Damiano Tasco, ve ne proponiamo altre in una galleria: