Non me l’aspettavo, cara Carla. Non così presto. Poche ore fa. Dopo un anno e mezzo su di un letto di dolore che tu hai sopportato con grinta e sorriso. E così ti conservo nella memoria, ricordando qualcosa di Franco Fortini. Grinta e sorriso, come è giusto che sia per un dirigente vero. Ma tu – l’ho sempre pensato e lo ho anche sussurrato in qualche occasione informale – avevi una marcia in più rispetto a “un dirigente vero” perché eri una dirigente vera. Tanti oggi dicono, giustamente, che sei stata una grande donna. E lo sei stata non solo per la tua attenzione, di più, compenetrazione con il tema storico dell’emancipazione femminile, ma specialmente perché hai governato l’Anpi mettendo a valore punto di vista, sensibilità, attenzione, energia, visione di prospettiva di una donna. Per questa sei stata grande.

Un anno e mezzo di telefonate in cui, nonostante la sofferenza del tuo corpo, hai a tutti gli effetti diretto l’Anpi, affinché da essere una grande associazione, divenisse – come è diventata – un’associazione più grande.

In quanto femminile, la tua sensibilità era – e non poteva essere diversamente – moderna, predisposta cioè a scrutare l’orizzonte verso cui si muove la nostra associazione. Da ciò la costante attenzione verso le giovani generazioni, mai tracimata in giovanilismo, la tua avversione ad ogni rischio di burocratizzazione, senza però mettere in discussione il rigore organizzativo, la tua strenua propensione per l’unità, unità antifascista, unità antirazzista, unità democratica, contro la piega della politica identitaria che diventa apologia della solitudine, l’abbandono della lotta condivisa, lo smarrimento del giorno per giorno che tampona ma non risolve perché non guarda lontano. L’unità: tu sei stata alla testa della progressiva mobilitazione antirazzista di questi anni, hai parlato alla grande manifestazione del movimento delle sardine a Roma nel 2019, seguita dai mille e mille presenti che hanno intonato “Bella Ciao”. Sei stata una “politica” per la capacità che avevi di interpretare le situazioni fornendo a ciascuna la risposta più conseguente. E in tutto ciò – ancora – sei stata una donna, col tuo bagaglio di sensibilità e di emozioni, con le tue esperienze di felicità ed infelicità.

Non me l’aspettavo così presto, anche se sapevo che nelle ultime settimane ti eri indebolita. Ma ciò che mi colpiva, che penso colpiva tutti, è che non ti sei mai arresa, piegata, rassegnata. Sei stata una antifascista anche così, esistenzialmente, perché fino all’ultimo hai combattuto. Ma avevi delle particolarità? Certo che avevi delle particolarità! Dio ci scampi dalle commemorazioni retoriche, dai coccodrilli imbalsamati che per prima tu avresti rigettato, presumo ridendo. Particolarità, come tutti noi, come tutti coloro che ti hanno preceduto e che ti succederanno. Quante volte, parlando con me, aprivi delle parentesi allontanandoti dal tema della discussione e divagando, per poi riprendere il filo della discussione e darmi la risposta o condividendo la domanda di partenza! Ed era dolce per me ascoltarti e interloquire, perché era un modo femminile, di più, umano di affrontare questioni anche spinose. E poi, assieme alla dolcezza, c’era la severità che alle volte mi pareva addirittura eccessiva, per questa o quella situazione, per questo o quel comportamento. Dolce e severa come forse erano la partigiane. E i partigiani. Perché il tuo problema, come – penso – il problema di tutti noi, era quello di dimostrarsi sempre all’altezza di quelle donne e di quegli uomini di cui l’Anpi è testimonianza e memoria attiva. Antifascismo come categoria dello spirito, cioè, per dirla terra terra, come qualità e valori interiori e collettivi: ecco, tu davvero rappresentavi e interpretavi questo antifascismo di oggi davanti all’incalzare dell’inedita ondata dalle tante sfumature di nero, e ti arrovellavi assieme a tutti noi (più di tutti noi) non solo per rafforzarlo come fondamento repubblicano, ma anche per trasformarlo ogni giorno in codici civili, norme condivise, ragioni di coesione sociale.

Il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella e Carla Nespolo, nel corso di un incontro lo scorso anno (foto Imagoeconomica)

Sai, poco fa il Presidente Mattarella ha parlato di te, definendoti nel modo più semplice e giusto: “Una fervida sostenitrice dei valori della Costituzione”.

Grinta e sorriso, Carla. Eri grinta e sorriso. E tutto ciò dimostrava in trasparenza, a ben vedere, una manifestazione di affetto verso di noi, verso le iscritte e gli iscritti all’Anpi, verso gli antifascisti, verso l’umanità. Un sentimento. Certo, il sentimento non può sostituire la ragione. Diventa sentimentalismo. Ma la ragione senza sentimento è cieca, alienata ed alienante, perché non coglie la totalità della realtà, in cui inesorabilmente una ragione separata e astratta diventa fredda e cinica e lunare perché, per capire la realtà, occorre indagare sul dolore.

Ciao compagna Carla. Ciao partigiana. Ciao Presidente. Ciao grande donna. Tu sai bene quanto mi manchi, quanto ci manchi. Ed ecco la memoria di Franco Fortini, il suo grido di allora nel deserto che oggi stiamo attraversando: “Noi siamo gli ultimi di un tempo che nel suo male sparirà. Qui l’avvenire è già presente, chi ha compagni non morirà”.