
Il dubbio sulla fondatezza della tesi del secolo breve sovviene osservando il mondo d’oggi e in particolare l’attuale Occidente e ancora le vicende del nostro Paese. Sembra cioè di vivere non un ritorno al passato ma una sorta di continuum dopo l’interruzione del 1945-1989. Un continuum che ripresenta non il fascismo del Ventennio, ma un ribollire di varie e composite culture di estrema destra dove si fondono e si confondono riferimenti a razzismo, al fascismo, al nazismo, al nazionalismo, all’irrazionalismo e chi più ne ha più ne metta.

Ma torniamo indietro: con un po’ di fantasia giornalistica le vicende italiane successive a tangentopoli furono definite con le parole “seconda Repubblica”. Nel 1994 si formò il primo governo Berlusconi.

Nel 1995 dalle ceneri del Msi Gianfranco Fini fece nascere a Fiuggi una nuova formazione politica, “Alleanza Nazionale”, nel tentativo di dare vita nel nostro Paese ad una destra democratica e moderna che in qualche modo si emancipasse dalle tossine del fascismo e abbracciasse progressivamente il pensiero liberale e più in generale la cultura transatlantica.

È dell’anno successivo il famoso intervento di Luciano Violante, neo Presidente della Camera, sui ragazzi di Salò, che apparve a molti come una proposta di equiparazione tra partigiani e saloini. Ed è di quei decenni la continua contronarrazione di Giampaolo Pansa, prevalentemente senza fonti, tesa a demolire l’idea della Resistenza come fondamento storico-ideale della Repubblica e della Costituzione. Ciò che avvenne in quegli anni, continuando pervicacemente fino al giorno d’oggi, fu il tentativo di costruire una memoria condivisa anche attraverso il riconoscimento dei limiti della Resistenza. Questo tentativo era in buona sostanza contestuale a un progetto di bipolarismo in cui a una sinistra liberata dall’ingombrante presenza del Pci, scioltosi nel 1991, corrispondesse un polo moderato-conservatore sostanzialmente liberale, alieno da nostalgie del Ventennio comunque rilegittimato come parte integrante della storia nazionale.


Ma nel nostro Paese il progetto di costruzione di una nuova destra liberal-conservatrice fallì clamorosamente, perché il partito di Berlusconi fu tutt’altra cosa, per poi ridimensionarsi nel tempo, il disegno di Fini si decompose progressivamente dando vita successivamente al suo contrario, cioè Fratelli d’Italia, la Lega di Bossi, prima secessionista poi autonomista, non fu mai all’altezza di tale progetto per ritrovarsi – eterogenesi dei fini – come partito nazionalista.

È ragionevole leggere nell’approvazione della legge sulla Giornata del Ricordo, era il 2004, un ultimo tentativo concesso all’idea della “pacificazione nazionale”: sottolineando i crimini delle foibe e il dramma dell’esodo si intendeva presumibilmente rappresentare un riconoscimento ai vinti da parte dei vincitori, immaginando un conseguente depotenziamento delle tensioni ideologiche e politiche. In realtà la legge, al di là delle intenzioni di tanti parlamentari democratici che l’hanno approvata, ha aperto nella diga democratica una frana, aggiungendosi alle tante piccole e grandi falle che si erano già determinate negli anni precedenti: dal momento della sua approvazione in poi essa è stata utilizzata come un gladio (sic!) dalle forze di estrema destra, ma anche in generale di destra moderata, per delegittimare il movimento resistenziale e partigiano e in ultima analisi il fondamento legislativo del nostro Paese, cioè la Costituzione, storicamente nata proprio da quel movimento.

Attorno alla reale tragedia delle foibe e dell’esodo si è costruita una mitologia e una simbologia sempre più crescente e aggressiva di anno in anno, mentre la massima parte delle destre italiane si spogliava di qualsiasi connotazione liberale fino ad arrivare a quel più o meno compiuto approdo ideologico che oggi chiamiamo sovranismo, cioè il nazionalismo contemporaneo. Va segnalato – per inciso – che il nazionalismo è stato in ultima analisi l’ispiratore di entrambe le guerre mondiali.

Tutti temi sui quali oggi si misura, al di là delle competenze specifiche di storici, ricercatori e di una piccola parte di cittadini italiani “colti”, una totale non conoscenza nazionale, causata dalla scelta pluridecennale di mantenere sottotono qualsiasi formazione, informazione e dibattito sugli argomenti del confine orientale, esclusi, ovviamente, i temi delle foibe e dell’esodo che, nello scenario di una riflessione complessiva, sarebbe stato giusto e doveroso affrontare.

Questa narrazione di estrema destra ci ha accompagnato presentando nuovi miti e nuovi simboli a cominciare dalla povera Norma Cossetto, Medaglia d’Oro al valor civile, e a cui fu conferita la laurea ad honorem su proposta di Concetto Marchesi. Anche qui il fuoco dell’attenzione, con tanto di campagna pianificata su scala nazionale, è stato posto sull’assassinio della ragazza mettendo in ombra la vera e propria guerra alle donne che fu condotta da fascisti e nazisti dal 1940 al 1945, e che vide vittime centinaia e centinaia di partigiane, staffette o semplici donne che aiutavano l’attività resistenziale, seviziate, stuprate e assassinate dai nazifascisti: la grande maggioranza delle 19 donne insignite di Medaglia d’Oro alla Resistenza fu barbaramente assassinata dai nazifascisti.

Anche qui, se è giusto ricordare Norma Cossetto, è quanto meno necessario contestualmente rammentare tutte le altre donne che persero la vita per le atrocità dei torturatori delle brigate nere e della Gestapo. Ma, tant’è! L’obiettivo è quello di costruire una narrazione dove i vinti diventano i buoni e i vincitori diventano i cattivi, al fine, ancora una volta, di rilegittimare il fascismo e di condannare il movimento resistenziale come una accolita di delinquenti e di assassini: Achtung! Banditen!

Il fascismo storico nacque dai postumi della Prima guerra mondiale e la grande crisi del 1929 avviò il processo che portò alla Seconda guerra; oggi un mondo completamente diverso è stato ed è sconvolto da due grandi crisi economiche: quella del 2007 (avviatasi con lo scandalo dei mutui Subprime) e quella in pieno svolgimento, dove alla catastrofe della pandemia si legano gli effetti della conseguente crisi mondiale. È in questo scenario che il bipolarismo italiano, scomparso dall’orizzonte del realismo politico negli anni della crescita del M5S, potrebbe tornare in una forma paradossale, parodistica, grottesca – una sorta di diabolica fenice – dove non si misurano due limpidi schieramenti democratici di centrodestra e di centrosinistra, ma uno schieramento di centrosinistra con al centro Pd e (forse) M5S e una destra profondamente inquinata da idee nazionaliste, razziste e in qualche caso neofasciste, un fronte che, anche grazie alla ossessiva contronarrazione sulla Resistenza, avrebbe oggi, secondo i sondaggi, il 40% dei consensi.

Ed è sempre in questo scenario che si diffondono nelle istituzioni comportamenti e scelte di rivalutazione del fascismo, di attacco alla Resistenza, di tentativi di impedire la libertà di ricerca storica. Basti pensare alle due mozioni approvate ai Consigli regionali prima del Friuli Venezia Giulia e poi del Veneto, in cui si mette all’indice la libertà di tale ricerca se non coincide col punto di vista dei succitati Consigli; l’esempio fa scuola, visti gli attacchi allo storico Eric Gobetti per il suo interessante volume E allora le foibe?. Non solo: è in Parlamento un disegno di legge (primo presentatore Ciriani, Fratelli d’Italia), che in sostanza equipara le foibe alla Shoah.

Ancora: si moltiplicano le attribuzioni toponomastiche di vie e piazze ad Almirante, per non parlare della povera Norma Cossetto a cui vengono intitolate piazze e giardini in modo pianificato da organizzazioni di estrema destra, in assenza, ovviamente, di qualsiasi attenzione verso le martiri partigiane; si ripetono da parte di consiglieri comunali e regionali comportamenti di apologia diretta o indiretta del fascismo, e si arriva persino a conferire a un signore, fascista non pentito, vicino a CasaPound – Mario Vattani – l’incarico di ambasciatore della Repubblica italiana a Singapore.

E negli ultimi giorni, le convulsioni: prima il caso Durigon, vicenda interessante, perché lo sdegno di un ampio fronte di forze e di personalità, a cominciare dall’Anpi, ha portato alle sue dimissioni; poi – tre passi nel delirio – il caso Santucci, ex consigliere comunale leghista di Colleferro (Roma) che propone di cambiare nella Capitale il nome di piazzale dei Partigiani in piazza Adolf Hitler; poi ancora il caso Montanari, attaccato dalle falangi d’estrema destra con la solita accusa, menzognera, di aver negato il dramma delle foibe. A proposito è interessante notare, come dimostrano decine di episodi, che chiunque esprima sulle foibe un’opinione difforme da quella delle falangi viene accusato di negazionismo, in barba a qualsiasi evidenza e – diciamola tutta – a qualsiasi buona fede.

Ecco il continuum col 900 di cui ho scritto all’inizio: dopo la parentesi del tempo dal dopoguerra alla caduta del muro di Berlino, è ripresa su larga scala la riconnessione della destra italiana con la parte peggiore della sua storia. Guai, naturalmente, a fare di tutte le erbe un fascio: c’è nel fronte moderato e anche conservatore una parte più o meno larga che non ci sta alle strizzatine d’occhio col passato; parla per tutti non solo l’esplicita dissociazione di un consigliere regionale della Lega che si proclama antifascista proprio nei confronti delle affermazioni di Durigon, ma anche la presa di distanza da parte di Giorgetti, Zaia e di parti importanti del partito; e ancora sono significative le critiche di autorevoli rappresentanti di Forza Italia nei confronti dei progetti di fusione con la Lega.
Gianfranco Pagliarulo, Presidente nazionale Anpi
Pubblicato martedì 31 Agosto 2021
Stampato il 26/09/2023 da Patria indipendente alla url https://www.patriaindipendente.it/idee/editoriali/il-lunghissimo-secolo-breve/