(archivio Udi Bologna)

Non avevamo più una casa. Un popolo non può esistere se non ha una forma che indichi i limiti in cui i rapporti di ciascuno, delle istituzioni, segnano una potestà costituzionale, amministrativa e giuridica. Dove il popolo, cioè, possa sentirsi sicuro.

È l’ora del voto, finalmente a suffragio veramente universale. È l’ora dei partiti, piccoli e grandi, rappresentati e rappresentanti. È l’alba della Repubblica. Voci eccezionali per un evento eccezionale, per tempi eccezionali. Ricostruire l’Italia dalle macerie morali e materiali lasciate dal fascismo. Dare nuove basi democratiche allo Stato italiano.

Non solo parole legate ai numeri di una data.

Benito Mussolini

Uno era il numero di prima. Un capo, un partito, un pensiero. Perché prima la matematica era una opinione… unica, appunto. Quell’uno che voleva essere tutto, che mette il meno dei numeri relativi ai risultati della storia, la cui somma è sempre zero per la dignità del popolo.

Centomila è il numero del sangue che in venti mesi ridisegna le condizioni per tornare alla dignità, dalle macerie dello zero negativo della dittatura. Perché senza il venticinque aprile millenovecentoquarantacinque, non ci sarebbe stato il due giugno millenovecentoquarantasei.

Tutto perché ventotto milioni di italiani potessero indicare la forma dello Stato. E poi numeri assoluti, percentuali, proporzioni che rappresentano le volontà di tutti.

Un Parlamento che mette il segno positivo davanti la storia.

Al centro Teresa Mattei all’uscita di una riunione dell’Assemblea costituente

Cinquecentotrentacinque uomini e ventuno donne sommano cinquecentocinquantasei genitori costituenti. Trecentosettantacinque sedute assembleari, settantacinque i membri della commissione, diciotto il comitato di redazione, venti i mesi di lavoro. Un insieme complesso di insiemi che esprimono quattrocentocinquantatrè sì e sessantadue no, in libertà che ha sempre il segno più e, da qual momento il segno per… tutti.

Numeri che non chiedono fredde dimostrazioni scientifiche, ma appassionate lucidità umane: uno sta a dittatura, come cinquecentocinquantasei sta a democrazia. Da tre quarti di secolo due-sei-millenovecentoquarantasei è un oggi da settantasei anni.

Non solo parole legate ai numeri di una data, ma impegni. Come tutte le eredità, ha bisogno di continuare a esistere sulle gambe di chi ne ha giovato. Ma soprattutto nella testa, per essere ragionata con lucidità, e nel cuore perché emani passione.

Meritiamolo.

Paolo Papotti, responsabile nazionale Formazione Anpi