Cosimo Moccia

Sembrerebbe essere tutto racchiuso in poche pagine del fascicolo n. 8 sugli eccidi partigiani del Fondo “Rappresaglie, eccidi, arresti, in Friuli” conservato presso l’Istituto friulano per la storia del Movimento di Liberazione, a Udine. E’ la drammatica storia del carabiniere Cosimo Moccia (“Aldo”), partigiano osovano, ma nato a Manduria (Taranto) il 1° gennaio 1922, ucciso insieme ad altri 9 partigiani il 10 dicembre 1944 a Tramonti di Sotto.

Cosimo Moccia, insieme agli altri, fu vittima di un rastrellamento effettuato da tedeschi con reparti della X MAS e cosacchi, nella zona compresa tra l’Arzino e il Meduna.

Il mattino del 9 dicembre 1944 in località Palcoda, ove erano rifugiati alcuni partigiani, vi fu uno scontro impari nel quale il comandante “Battisti” (Giannino Bosi, Medaglia d’oro) e la sua compagna persero la vita. Un discreto numero di partigiani furono catturati e condotti a Tramonti di Sotto, dove il giorno dopo furono fucilati.

Anna Rita Morleo, manduriana, autrice dell’articolo, ha pubblicato questo volume raccogliendo testimonianze e documenti, dopo aver ascoltato la sorella di Cosimo Moccia e dopo essersi recata nei luoghi friulani in cui Cosimo operò come partigiano. Editori Barbieri Selvaggi, 2014, 70 pagine

L’esecuzione fu ad opera del Battaglione Valanga della X MAS. La decisione, secondo le testimonianze raccolte, fu presa dagli ufficiali del battaglione, senza alcun processo. Un processo però fu avviato dopo l’eccidio, e nel fascicolo n. 8 vi è una lettera inoltrata al giudice istruttore di Pordenone nella quale si legge la testimonianza di un testimone che racconta di aver visto la fucilazione facendo i nomi di tutti i partecipanti. Il Battaglione Valanga della X MAS era comandato dal Capitano Morelli che eseguì la fucilazione dei dieci partigiani: Sclavi Carlo, partigiano della Garibaldi, Ceccone Adalgerio, partigiano della Garibaldi, Minin Gino, partigiano della Garibaldi, Villani Salvatore, partigiano della Osoppo, De Filippo Gino, partigiano della Garibaldi, Cosinotto Ottavio, partigiano della Garibaldi, Moccia Cosimo, partigiano della Osoppo, Rigo Osvaldo, partigiano della Garibaldi, Flamini Vittorio, partigiano della Garibaldi, Rondini Ulderico, partigiano della Osoppo.

Cosimo Moccia pagò con la vita a 22 anni il suo atto di eroismo: sottoposto a lungo a tortura, non svelò i nomi e i nascondigli degli altri partigiani, Insieme a lui fu fucilato il suo migliore amico, anch’egli partigiano della Osoppo, Ulderico Rondini.

Dopo la fine della guerra molte onorificenze furono attribuite.

Tra queste, quella al carabiniere Cosimo Moccia che fu insignito della medaglia d’oro con decreto firmato dal Presidente del Consiglio Alcide De Gasperi, emesso il 23 Aprile 1947 e pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 272 del 23 Novembre 1948 n. 3747.

Manduria 1967, traslazione delle spoglie di Cosimo Moccia. Un carabiniere regge l’urna contenente le sue ceneri

La motivazione: “Carabiniere di elevati sentimenti patriottici, animato da sincera dedizione alla causa di libertà della Patria, raggiungeva con entusiasmo le formazioni partigiane. Durante un rastrellamento operato da preponderanti forze avversarie, si distingueva per audacia e sereno sprezzo del pericolo. Catturato insieme ad altri compagni da un reparto della X Mas, sottoposto a stringenti interrogatori allo scopo di strappargli notizie sull’organizzazione delle formazioni clandestine, manteneva fermo ed eroico contegno. Escluso dalla fucilazione che il comandante nazifascista aveva ordinato, fiero dei suoi nobili ideali, si rivolgeva al nemico chiedendo che la sorte dei compagni fosse anche la sua. Incluso nella schiera dei martiri immolava la sua giovine esistenza per la liberazione d’Italia. Mirabile esempio di solidarietà umana e di sublime ardimento”.

Questa motivazione che compare sul primo decreto per l’attribuzione della medaglia d’oro, non cambierà mai, mentre con un altro decreto fu corretto il valore della medaglia, non del solo carabiniere Cosimo Moccia ma di diversi altri giovani morti per la Patria.

E’ da dire che ancora oggi i parenti testimoniano il fatto che nel 1945, prima ancora dell’attribuzione della medaglia d’oro da parte del Presidente del Consiglio, ricevettero un invito dal Comando Divisionale dei partigiani di Udine a recarsi in Friuli per ritirare una medaglia d’oro (e non argento).

Dopo l’attribuzione ufficiale della medaglia d’oro ed il successivo declassamento, i familiari hanno chiesto più volte alla Stato di rettificare il declassamento ma non vi è stata che una risposta: si sarebbe trattato di un errore di scritturazione, un errore non ben chiaro e che lascia tutti molto perplessi.