La scoperta dell’ultima variante covid ha fatto balzare i prezzi delle azioni Pfizer e Moderna. La prima casa farmaceutica ha visto le sue azioni salire del 6,1%, il che corrisponde a un valore di mercato aggiuntivo di circa 17,5 miliardi di dollari. Per la concorrente Moderna, l’incremento è stato addirittura del 21%. La nuova variante è diventata un’opportunità per gli affari: un business. Si tratta, sotto molti punti di vista, di un meccanismo particolarmente cinico, poiché sono proprio i brevetti di Big Pharma che garantiscono i profitti e, collateralmente, aumentano la probabilità di sviluppo di nuove varianti.

Miliardi di persone nel mondo non hanno accesso al vaccino né lo avranno prima di due anni

I brevetti bloccano l’accesso alla tecnologia dei vaccini ad altri Paesi e aziende, limitandone quindi la produzione e aumentando le penurie globali. Gli azionisti delle case farmaceutiche ci guadagnano, come dimostrano i mega-profitti di Pfizer, Moderna e altri, che ammontano a 1.000 dollari al secondo, come calcolato dalla People’s Vaccine Alliance. Ma lo fanno a scapito della salute globale. Nei Paesi poveri, appena il 3% della popolazione è stato completamente vaccinato. La maggior parte dei Paesi dell’Africa e del Medio Oriente non avrà una copertura vaccinale sufficiente prima del 2023. Questa mancanza di vaccini facilita la circolazione del virus, favorendo, inoltre, l’emergere di nuove varianti e la “Omicron” dimostra quanto sia urgente intervenire sullo stato delle cose.

World Trade Organization, Wto (Imagoeconomica)

L’India e il Sudafrica, sostenuti da un centinaio di Paesi e da un’ampia coalizione, chiedono così da un anno all’Organizzazione mondiale del commercio (Wto) di eliminare i brevetti e condividere la tecnologia nel modo più ampio possibile. Questo permetterebbe di attivare la capacità di produzione inutilizzata e di creare nuove unità di produzione in pochi mesi.

Tale approccio open source permetterebbe anche ai ricercatori di tutto il mondo di lavorare per adattare il vaccino a nuove varianti. Questa è l’idea alla base di iniziative come il Covid-19 Technology Access Pool (C-Tap) dell’Organizzazione mondiale della sanità (Oms).

La Wto doveva votare sulla proposta a fine novembre 2021, tuttavia il vertice è stato rinviato all’ultimo minuto. Ufficialmente per motivi sanitari, ma la paura di un fallimento dovuto alla mancanza di consenso ha influito. In effetti, mentre dal mese di maggio scorso gli Stati Uniti hanno ceduto alla pressione dei movimenti sociali, la Commissione europea, sotto la pressione di alcuni Stati membri, continua a mostrare riluttanza, dopo aver negoziato con le case farmaceutiche contratti che, da un lato, trasferiscono il rischio di investimento al pubblico, ma dall’altro, lasciano l’intera proprietà dei vaccini nelle mani delle aziende.

(Imagoeconomica)

Ma come si spiega questa renitenza della Commissione europea? L’influenza delle lobby farmaceutiche è senza dubbio enorme. A livello europeo, la lobby farmaceutica spende 36 milioni all’anno e impiega almeno 290 lobbisti, secondo l’Ong Corporate Europe Observatory. Le case farmaceutiche gioiscono inoltre di un accesso privilegiato ai responsabili politici europei. Tra marzo 2020 e maggio 2021, la Commissione europea ha incontrato le aziende farmaceutiche e le loro associazioni 140 volte, mentre si è riunita con una sola associazione a favore dell’abolizione dei brevetti, rifiutando persino a Medici senza frontiere un incontro con il commissario europeo alla Salute.

Richard Bergstroem (ehfg.org)

Il potere delle lobby è anche confermato dalla presenza di Richard Bergström nella squadra dei sette negoziatori chiave responsabili della definizione degli accordi di acquisto anticipato di vaccini dell’Ue con l’industria farmaceutica. Bergström era capo della principale lobby farmaceutica europea tra il 2011 e il 2016 e, al momento di entrare nella squadra di negoziatori, sempre dirigente di due società che forniscono servizi al settore farmaceutico. Il conflitto di interesse era chiaro per tutti, tranne che per la Commissione europea.

Il problema è strutturale. La Commissione europea opera perché le multinazionali europee siano in grado di affermarsi e imporsi sulla scena internazionale; con questo obiettivo in mente, la logica economica e industriale europea si articola intorno alla competitività delle grandi imprese. Ogni misura che indebolisce quella competitività diventa allora tabù. Diventa inimmaginabile, per esempio, obbligare le aziende a investire in un vaccino prima della pandemia. Sono liberi di investire – anche quando ci sono fondi pubblici coinvolti – in ciò che porta il maggior ritorno, piuttosto che essere costretti a investire in ciò di cui la società ha più bisogno.

(Imagoeconomica)

Trasferire il rischio dello sviluppo dei vaccini al pubblico, d’altra parte, è perfettamente compatibile con gli interessi di queste multinazionali e diventa policy. Dopo aver messo fuorigioco il mercato e aver finanziato (in gran parte pubblicamente) il vaccino, mantenere il brevetto in mani pubbliche sarebbe stato logico. Tuttavia, poiché questo ostacolerebbe i profitti delle aziende, questa linea d’azione è esclusa. L’Ue non impone nemmeno nessuna condizione sul prezzo del vaccino. Così, l’Unione europea, che di solito mostra grande preoccupazione quando uno Stato aumenta la spesa sociale, sta spianando allegramente la strada a una rapina sulla sicurezza sociale. Ricordiamo che in Argentina, Brasile e Sudafrica, Pfizer ha persino osato chiedere che i Paesi offrissero ambasciate, basi militari e altre proprietà pubbliche come garanzia, prima di vendere loro il vaccino.

(Imagoecononica)

Ma tutto ciò non significa che non si possano ottenere vittorie. Nell’aprile 2020, il nostro gruppo parlamentare era ancora quasi solo a chiedere l’abolizione dei brevetti. Il 19 maggio 2021, dopo un anno di lotta e mobilitazione a livello nazionale ed europeo, il Parlamento europeo ha votato per la prima volta a favore dell’abolizione dei brevetti. Sotto pressione, anche alcuni deputati di destra hanno dovuto sostenere l’emendamento a favore della revoca dei brevetti. Questo voto da parte del Parlamento europeo è stato confermato due volte: un mese dopo, il 10 giugno, e il 25 novembre scorso. Questo testimonia la forza della mobilitazione. Certo, non sarà un voto parlamentare a cambiare la natura delle politiche europee, ma grazie alla mobilitazione, la Commissione è sotto pressione non solo davanti al Wto, ma anche in Europa.

Il primo ministro belga, Alexander De Croo (wikipedia)

Il rinvio del vertice dell’Organizzazione mondiale del commercio ci offre la possibilità di far incrementare ancora la pressione sulla Commissione. Oltre alla Germania, il Belgio svolge un ruolo importante nel veto europeo contro la revoca dei brevetti. Il primo ministro belga Alexander De Croo, è emerso così come uno dei più ardenti difensori europei dei brevetti e dei mostruosi profitti delle case farmaceutiche. La Germania ora ha un nuovo governo, composto da socialdemocratici, verdi e liberali. Gli eurodeputati di tre delle quattro famiglie politiche che formano la coalizione governativa belga hanno votato quasi all’unanimità a favore dell’ultima risoluzione europea per un’azione contro i brevetti. Adesso devono trasformare le loro promesse fatte in Parlamento europeo in azioni concrete a livello nazionale. Vale ugualmente per l’Italia perché, pur essendosi espresso, sotto la pressione dell’opinione pubblica, non contrario a un’azione sui brevetti lo scorso maggio, Mario Draghi non ha intrapreso nessuna azione concreta per la loro sospensione, evitando così di rimettere in discussione la posizione della Commissione europea.

La mobilitazione dell’iniziativa dei cittadini europei No Profit on Pandemic, che mira a forzare un’iniziativa legislativa sulla Commissione europea per eliminare i brevetti sui farmaci e i vaccini legati al covid-19, svolge un ruolo importante. Più firme raccoglie, più aumenta la pressione sulla Commissione europea. Soltanto così riusciremo ad aumentare la produzione dei vaccini quanto prima, creare una cooperazione globale in tutta trasparenza e ridurre il numero di varianti. E dunque a finirla più velocemente con questa pandemia.

Marc Botenga, eurodeputato belga