
Il 17 luglio 1936, le truppe spagnole di stanza in Marocco si sollevano contro il governo del Frente popular, la coalizione di partiti di sinistra che, seppure di pochi voti, aveva vinto le elezioni politiche nel febbraio di quello stesso anno. È il pronunciamiento dei generali Emiliano Mola e Francisco Franco.

Con l’aiuto dell’aviazione tedesca e italiana, i golpisti riescono a trasferire i loro reparti sul continente europeo, dando il via a un lungo e sanguinoso conflitto che si protrarrà sino al 1° aprile 1939 e che con circa mezzo milione di morti si configurerà come il preludio della Seconda guerra mondiale, assurgendo a emblema di un’epoca – in bilico tra rivoluzione e reazione – caratterizzata dallo scontro tra differenti modelli di organizzazione politico-sociale In quella turbinosa fase storica si fronteggiarono non solo due Spagne ma due Europe, sulla base di prospettive e modi diversi, antitetici, di guardare al presente e al futuro.
Era fragile la democrazia spagnola.

Dopo un decennio di dittatura militare nel 1931 è proclamata la Repubblica ma la crisi economica che sta colpendo su scala mondiale il sistema capitalistico ha scosso pure il Paese iberico, con l’aumento a vista d’occhio di sbandati e disoccupati, mentre si incattiviva il confronto politico. Riunita nel Ceda e appoggiata dalla Chiesa e dall’esercito, la destra era tornata al potere con l’appuntamento elettorale del novembre 1933, provvedendo immediatamente a vanificare gran parte delle riforme proposte dal precedente governo Azaña.
Nell’ottobre 1934, l’insurrezione dei minatori nelle Asturie era stata stroncata tra innumerevoli atrocità dai soldati comandati dai generali Franco e Goded: 3.000 i morti. In un quadro così teso, all’inizio del 1936 è arrivata la vittoria elettorale dello schieramento delle sinistre – ne fanno parte per la prima volta anche comunisti e anarchici – che ha proiettato il socialista Francisco Largo Caballero (1869-1945) alla guida della Spagna. Ma l’estrema destra, tra cui spicca il gruppo della Falange, ha reagito scatenando un’ondata di violenze alla quale rispondono le formazioni armate delle sinistre con attentati contro personalità di primo piano del fronte avversario.

È questo il retroterra dal quale scaturisce il tentativo di colpo di Stato del luglio 1936 che vede Francisco Franco (1892-1975) imporsi ben presto come leader delle forze nazionaliste, spietato tutore dei corposi interessi e privilegi dei ceti dominanti, i principali responsabili della condizione di grave arretratezza in cui versano la società e in particolare le masse subalterne spagnole. Con un programma che mescola gli ingredienti tradizionali della reazione spagnola, Franco si ripromette di procedere a una sorta di “reconquista”, mirante alla liquidazione di quanti sono a favore del marxismo, del liberalismo, del laicismo, facendo sue le opzioni dei grandi proprietari terrieri e dell’alto clero per una soluzione eversiva e autoritaria, basata sul ripudio delle regole e della prassi della democrazia rappresentativa. Il Generalissimo si erge a inflessibile protettore della proprietà privata e della religione dalle minacce dei “sovversivi”, non preoccupandosi di condurre in nome di Cristo una singolare crociata contro il “bolscevismo ateo”, con l’impiego in prima linea di reggimenti marocchini, mercenari musulmani e di un tercio extranjero, cioè di una “legione straniera”, formata prevalentemente da latitanti ed evasi. Pur mantenendo neutrale il suo Paese, uscito stremato dalla durissima prova della guerra civile, il Caudillo [1] invierà, nel corso della Seconda guerra mondiale, un corpo di 47.000 volontari (la División Azul) in Urss ad affiancare la macchina bellica nazista nel gigantesco sforzo intrapreso dal Terzo Reich, a partire dal 22 giugno 1941, per annientare il primo Stato socialista della storia e i suoi popoli.

Il divampare della guerra civile in Spagna, in cui si intrecciano ragioni interne ed esterne, segna l’internazionalizzarsi della contesa tra fascismo e antifascismo. Se le liberal-democrazie occidentali (Gran Bretagna e Francia) si attengono scrupolosamente al principio del «non intervento», accettato a parole pure dai governi fascisti di Berlino e di Roma, nei fatti la Germania hitleriana e l’Italia mussoliniana appoggiano con ingenti mezzi e uomini le truppe di Franco. La prima – dietro pagamento anche in materie prime strategiche – manda circa 16.000 militari, in particolare aviatori, e materiali (carri armati, cannoni, aerei). L’obiettivo di Hitler, come rivelerà Hermann Göring al processo di Norimberga, è da un lato sconfiggere il bolscevismo internazionale, dall’altro testare l’efficacia del proprio potenziale bellico. Decisive sono, in molte occasioni, le incursioni aeree della famigerata Legione “Condor”, che con la partecipazione dell’Aviazione Legionaria italiana rade al suolo, il 26 aprile 1937, la cittadina basca di Guernica. La devastazione e l’orrore di quel tremendo bombardamento su civili inermi – 1.654 le vittime – sono immortalati nel celebre dipinto di Pablo Picasso: Guernica.

Ancor più numeroso di quello tedesco risulta il contingente militare italiano, arrivando a contare 74.327 uomini, tra soldati regolari e “volontari”, molti dei quali sono disoccupati e contadini poveri arruolatisi per sfuggire ai morsi della fame e della miseria. Anche l’Aviazione Legionaria italiana effettua bombardamenti terroristici, che fra il 1937 e il 1939 causano almeno 5.000 vittime: a farne le spese sono i cittadini di Barcellona e di altri 143 comuni catalani. I più atroci attacchi aerei vengono messi a segno nel marzo 1938 dal generale Vincenzo Velardi su personale ordine di Mussolini: «Iniziare da stanotte azione violenta su Barcellona con martellamento diluito nel tempo», comanda il telegramma firmato dal sottosegretario dell’aviazione militare italiana a Roma, generale Valle, recapitato nella notte del 16 marzo. Si collauda allora una tecnica fino a quel momento inedita: un milione di chili di bombe sganciate dagli S-81 e dai Savoia-Marchetti S-79 dell’Ottavo Stormo sui quartieri residenziali e sul centro storico della città. Quarantuno ore ininterrotte di terrore e di distruzione seminati dal cielo, che lasciano almeno 1.300 morti e 3.000 feriti, e demoliscono milleottocento edifici. Per il quotidiano barcellonese “La Vanguardia” si tratta della «formula guerriera più canagliesca e miserabile concepita da mente umana». Questi atti criminosi sono tra le conseguenze meno rievocate dell’intervento fascista in Spagna, intervento dettato pure da motivazioni geopolitiche, dalla finalità di rafforzare la presenza italiana nel Mediterraneo occidentale attraverso il controllo delle Baleari.

Tuttavia, il campo delle forze antifranchiste è solcato da non poche divisioni interne, è reso più fragile soprattutto dalla divaricazione tra i fautori delle ragioni della guerra e coloro che ritengono prioritarie quelle della rivoluzione. È, quest’ultima, la questione cruciale al centro dell’appassionante film di Ken Loach, Tierra y libertad (1995), che riecheggia temi e motivi di Omaggio alla Catalogna, la densa testimonianza di George Orwell, accorso in Spagna come tanti altri intellettuali e scrittori, tra cui Ernest Hemingway, l’autore del famoso romanzo Per chi suona la campana.
“Sapete cos’è stata la guerra di Spagna? Che cosa è stata veramente? – chiede ne Gli zii di Sicilia Leonardo Sciascia che, troppo giovane, non aveva potuto partecipare all’esperienza delle Brigate internazionali, ma aveva seguito con grande attenzione le vicende –. Se non lo sapete, non capirete mai quel che sotto i vostri occhi oggi accade, non capirete mai niente del fascismo, del comunismo, della religione dell’uomo, niente di niente capirete mai: perché tutti gli errori e le speranze del mondo si sono concentrati in quella guerra; come una lente concentra i raggi del sole e dà il fuoco, così la Spagna di tutte le speranze e gli errori del mondo si accese: e di quel fuoco oggi crepita il mondo –. Io sono andato in Spagna che sapevo appena leggere e scrivere, leggere il giornale e la storia dei reali di Francia, scrivere una lettera a casa; e son tornato che mi pare di poter leggere le cose più ardue che un uomo può pensare e scrivere. E so perché il fascismo non muore, e tutte le cose che nella sua morte dovrebbero morire son sicuro di conoscere, e quel che in me e in tutti gli altri uomini dovrebbe morire perché per sempre il fascismo muoia” [9].
Francesco Soverina, Istituto campano per la storia della Resistenza e dell’età contemporanea
[1] Parola spagnola utilizzata per indicare il capo supremo di un regime autoritario o dittatoriale, è dal 1938 l’epiteto, per antonomasia, del generale Francisco Franco.
[2] Il brano è tratto dal paragrafo 5 della Carta colectiva del episcopado español a los obispos de todo el mundo, redatta il 1° luglio 1937, dietro richiesta di Franco, dal cardinale Goma (ora in Documentos colectivos del episcopado español, BAE, Madrid 1974).
[3] J. Joll, Cento anni d’Europa 1870/1970, Laterza, Roma-Bari 1975, p. 457.
[4] I. Poerio e V. Sapere, Vento del Sud. Gli antifascisti meridionali nella guerra di Spagna, Istituto “Ugo Arcuri” per la storia dell’antifascismo e dell’Italia contemporanea in provincia di Reggio Calabria, Villa San Giovanni (RC) 2007.
[5] Cfr. G. Canali, L’antifascismo italiano e la guerra civile spagnola, Manni, Lecce 2004.
[6] Cfr. F. Morrow, Rivoluzione e controrivoluzione in Spagna. Introduzione di Alan Woods, A. C. Editoriale Coop arl e Lucha de Classe, Milano 2016, pp. 157-181.
[7] P. Preston, La guerra civile spagnola, Mondadori, Milano 1999, p. 156. Inoltre vanno menzionati i testi di G. Ranzato, L’eclissi della democrazia. La guerra civile spagnola e le sue origini 1931-1939, Bollati Boringhieri, Torino 2004, e di B. Bennassar, La guerra di Spagna. Una tragedia nazionale, Einaudi, Torino 2006.
[8] A. Camus, La rivolta libertaria, a cura di Alessandro Bresolin, prefazione di Goffredo Fofi, Elèuthera, Milano 1998, p 97.
[9] L. Sciascia, Gli zii di Sicilia, Einaudi, Torino 1975 (1ª ediz. 1958), pp. 203-204. Particolarmente forte è stato il legame tra lo scrittore siciliano e la Spagna. Si veda su ciò, di Sciascia, Ore di Spagna. Fotografie di Ferdinando Scianna, Bompiani, Milano 2000.
Pubblicato sabato 16 Luglio 2022
Stampato il 01/10/2023 da Patria indipendente alla url https://www.patriaindipendente.it/servizi/con-la-spagna-nel-cuore/