Con l’approssimarsi del 25 aprile, ci si avvicina anche al 48° anniversario della Rivoluzione dei garofani, pietra miliare nella storia del Portogallo. A quasi mezzo secolo, è importante affermare che non fu una semplice transizione da un regime all’altro, ma una vera e propria rottura. Una rivoluzione liberatrice, che ha profondamente inciso sulla vita nazionale con progressi e conquiste indelebili che sono ancora oggi valori e riferimenti fondamentali per la partecipazione e la lotta dei lavoratori, degli strati antimonopolistici e delle forze democratiche e progressiste, nella costruzione di un Paese democratico, sviluppato e sovrano.
La Rivoluzione d’aprile del 1974 cambia profondamente le strutture sociali ed economiche e mette fine, nei suoi primi due anni, al capitalismo monopolistico di Stato, indirizzando addirittura il Portogallo sulla via del socialismo (via, questa, espressamente consacrata nella Costituzione della Repubblica Portoghese, approvata dal Parlamento il 2 aprile 1976).
Una Costituzione che definisce i principi dello Stato di diritto democratico e i principi dello Stato sociale, base per la costruzione del servizio sanitario nazionale, del sistema pubblico di sicurezza sociale e della scuola pubblica e che, anche se mutilata da revisioni approvate dalle forze politiche di destra di allora, rimane un riferimento essenziale nel quadro politico nazionale.
L’azione liberatrice del movimento militare democratico che rovesciò la dittatura il 25 aprile 1974, ebbe la sua origine nella lotta antifascista in Portogallo, specialmente la lotta eroica di migliaia di antifascisti portoghesi, nella quale si distinse la lotta del Partito comunista portoghese e, negli ultimi anni della dittatura, l’intervento e la lotta della centrale sindacale che è oggi la Cgtp-In. Una lotta fatta di coraggio, audacia e sacrifici, una lotta che ha portato al carcere, alla tortura, alla morte e all’esilio di migliaia di portoghesi.
Il 25 aprile e i giorni seguenti (in modo particolare una settimana dopo) videro un forte intervento popolare nelle strade e nei luoghi di lavoro del Portogallo, incarnato in un 1° maggio in cui milioni di portoghesi manifestarono, per la prima volta in libertà, chiedendo una trasformazione sociale ed economica per i diritti del lavoro, sociali e civili, l’istituzione di una democrazia partecipativa e la fine dello sfruttamento dell’uomo sull’uomo.
Furono rilasciati i prigionieri politici, legalizzati i partiti politici, istituita la libertà sindacale, democratizzate le strutture municipali, avviata una riforma agraria su un terzo del territorio del Paese con la creazione di centinaia di cooperative e unità di produzione agricola che generarono più di 50.000 nuovi posti di lavoro e portarono a un significativo aumento della produzione, la nazionalizzazione dei principali settori industriali, bancari e assicurativi con la creazione di un salario minimo per la prima volta e il controllo dei lavoratori sulla gestione in molte aziende.
Una rivoluzione profonda che, attraverso la potente azione delle masse popolari e con la lotta di liberazione nazionale, ha portato alla fine delle guerre coloniali e all’indipendenza delle ex colonie portoghesi in Africa.
Poiché la rivoluzione ha scosso tutti i vecchi poteri e privilegi di una minoranza sfruttatrice, le forze sconfitte nel 1974, il fascismo e i suoi eredi insieme alle forze politiche che conducono politiche di destra, neoliberali e antisociali, hanno cercato fin dall’inizio di soffocare la rivoluzione e le sue trasformazioni liberatrici.
Le conseguenze di questa controffensiva, che continua 48 anni dopo la gloriosa rivoluzione del 1974, sono oggi ben note. Da allora, i governi successivi subordinati al grande capitale nazionale, europeo e internazionale non hanno rinunciato a provare a rovesciare le conquiste di allora, aggravando i problemi strutturali del Paese, distruggendo gran parte del tessuto produttivo, imponendo bassi salari, precarietà e disoccupazione, approfondendo l’ingiustizia sociale, la disuguaglianza e la povertà: in breve, opponendosi e cercando di cancellare tutti i nobili obiettivi e ideali di aprile.
Ma nonostante questa violenta offensiva del capitale, ciò che la realtà del Portogallo di oggi continua a mostrare è l’impronta indelebile della Rivoluzione dei garofani e delle sue conquiste.
I lavoratori e il popolo portoghese sono impegnati in una lotta potente per difendere e affermare i valori del 25 aprile, proiettandoli nel futuro del Portogallo.
Commemorare il mese di aprile è quindi sempre un momento per ricordare la lotta per la libertà e la democrazia contro la dittatura fascista, ma contemporaneamente per esigere una politica e un percorso che risponda ai problemi del Paese e alle aspirazioni, ai diritti e agli interessi dei lavoratori e del nostro popolo, per un Portogallo che sia finalmente libero dallo sfruttamento, sviluppato e sovrano, con progresso, giustizia sociale e pace.
Siamo certi che è con questo stesso spirito e con la stessa determinazione che i lavoratori e il popolo italiano celebreranno il 25 aprile e la liberazione dal fascismo, affermando i valori della democrazia e della giustizia sociale. Da qui estendiamo la nostra fraterna solidarietà in questo stesso giorno di partecipazione e di lotta.
Fernando Maurício – Dipartimento Internazionale di CGTP-IN, membro del gruppo dei lavoratori del CESE
Pubblicato mercoledì 20 Aprile 2022
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