Il presidente Usa, Donald Trump (Imagoeconomica, via Casa Bianca)

“Il populismo radicale è ormai la norma a destra. L’autoritarismo di Trump potrebbe distruggere il primato economico degli Stati Uniti. Giorgia Meloni è percepita dagli americani come una buona leader moderata”. Bhaskar Sunkara, è fondatore ed editor della rivista Jacobin (che esce anche in Italia), lanciata nel 2010 quando era studente alla George Washington University. A margine di un convegno organizzato dalla Scuola Normale Superiore di Pisa e Cosmos a Palazzo Strozzi a Firenze, ha dialogato con Patria Indipendente sui temi della radicalizzazione delle destre, il peso del suo Paese nell’attuale scenario mondiale, il fenomeno Trump, i profondi cambiamenti nella società americana.

Il giornalista e attivista politico Bhaskar Sunkara

Trentacinque anni, presidente di The Nation, firma sul The New York Times, Le Monde, VICE e The Guardian, Sunkara, esponente e profondo conoscitore del pensiero progressista, immagina il futuro della sinistra anche a livello globale. Le idee ci sono e sono più vive che mai, ma manca una strategia: basta con la vecchia retorica progressista, serve un linguaggio in grado di connettersi con la vita quotidiana delle persone, concretizzando il progetto (e il sogno) di “cambiamento”.

6 gennaio 2021, assalto a Capitol Hill

Perché le destre sono sempre più radicali?

Abbiamo un’idea della politica nella quale il “normale” è una politica moderata. E la società politica, quando emergono forze di destra e anche di sinistra, le vedrà come fenomeni peculiari estremisti, e dirà che la normalità è il centro. La destra è la forza che difende le gerarchie esistenti, che se anche si trasforma e cambia, fondamentalmente punta alla difesa delle gerarchie e il privilegio. E le strutture della società divisa in classi sono qualcosa che non scompariranno mai finché vivremo in questo tipo di società. Ma ciò che è unico e nuovo è che il populismo radicale di destra ora è la norma. Questo populismo, quello di figure come Trump, Meloni e altri, rappresenta la gerarchia e l’élite e usa il linguaggio della rivolta, solo che la dirigono contro i media, gli immigrati, qualsiasi avversario. E spiegare perché sono in grado di farlo ha molto a che fare con il ritiro della sinistra moderata dalla sua base, nella classe operaia, e dalle sue radici popolari, cosa che ha fattori diversi, come la de-industrializzazione e la neoliberalizzazione.

Silvio Berlusconi (Imagoeconomica, Carlo Lannutti)

Il movimento MAGA è qualcosa di peculiare rispetto a questo scenario di radicalizzazione delle destre?

È certamente peculiare avere un presidente che incarna un autoritarismo così diretto e personalista. La continuità ideologica con le destre è nella sua politica: i tagli alle tasse per i ricchi, gli attacchi ai sindacati, ecc. Ma direi che la “forma” è diversa. Molti vogliono confrontare Trump e Meloni, ma il paragone migliore è Trump e Berlusconi. Ciò che interessa a Trump è il personalismo, il potere e l’autorità, il che è piuttosto insolito nel contesto americano, in cui tra l’altro sia repubblicani che democratici sono sempre stati molto rispettosi delle istituzioni, mentre lui ci gioca, le sta forzando.

Il presidente Trump mostra il progetto della sala da ballo della Casa Bianca (Imagoeconomica via Casa Bianca)

Negli Stati Uniti durerà a lungo l’era Trump?

Trump è unico come talento politico. Ha avuto la capacità di scatenare e poi imbrigliare e guidare queste forze di estrema destra che chiaramente rimarranno in circolazione per molto tempo, ma credo che ci siano poche persone che potrebbero trasformarle in una coalizione al 50%, quindi potrebbe presto finire quest’era, almeno nella sua forma attuale.

Washington 1963. Marcia per i diritti politici

Molte minoranze hanno votato Trump. È stata la consapevolezza che il sogno americano” fosse finito o in pericolo?

Il voto, in particolare dei maschi latini, è stato influenzato da una varietà di fattori, sia da questioni sociali e culturali che dalla capacità comunicativa personale di Trump, dalla sua figura di uomo di successo. Ma è stato un voto debole e di protesta, e ora questi elettori hanno già in gran parte abbandonato la coalizione repubblicana. Bisogna anche ricordare che i democratici danno per scontati i voti delle minoranze, si comportano come se fosse una “questione di sangue”: chiunque sia nero, ad esempio, dovrebbe sempre votare democratico, quando in realtà ci sono stati molti gruppi outsider negli Stati Uniti che col tempo si sono integrati e votano repubblicano, i latino-americani ne sono un ottimo esempio. Un altro dato centrale è che le comunità immigrate se la cavano molto meglio della maggior parte dei nativi, salgono rapidamente sul piano economico e sociale. Non è come in Europa, dove sono spesso emarginate, fuori dal sistema economico e soggette a generazioni di povertà. Latini, asiatici e altri gruppi finiscono per cavarsela meglio sia dei bianchi nativi della classe operaia che dei neri nativi, che sono rimasti immobili in questa fase economia e storica negli Stati Uniti. I voti non puoi darli per scontati.

Il Muro di Tijuana con le bare che ricordano i migranti morti per attraversare il confine tra Messico e Usa

Le sinistre hanno fallito, le idee progressiste non sono più attrattive?

Rispetto a quel che succede in Europa, da noi la classe operaia, inclusa la classe operaia bianca, sul piano delle idee, si è spostata a sinistra in modo piuttosto drastico negli ultimi 15 anni. Anche su questioni più delicate come l’immigrazione, l’opinione pubblica della working class ha continuato a spostarsi a sinistra, non a destra. Anche la working class bianca dice di volere un confine più rigido, un confine più sicuro, ma non vuole la fine dell’immigrazione, vogliono mantenere gli attuali livelli di immigrazione, la quale non è un problema in sé.

(Imagoecomomica, Saverio De Giglio)

Da noi quegli elettori quasi non votano più.

Penso che questo abbia a che fare con la tendenza generale dei partiti di sinistra e di centrosinistra a perdere la loro base della working class, nel corso dei decenni. La politica non è solo la somma di venti idee con cui cercare di migliorare la condizione delle persone, le quali è certo che dicono: “Si, vogliamo l’assistenza sanitaria pubblica, tassare i ricchi, vogliamo il lavoro, siamo progressisti sull’immigrazione…”. La politica non è l’aggregazione di singoli punti di programma condivisi, è senso di appartenenza, connessione e fiducia in una persona o in un partito, è appartenenza a una comunità, qualcosa che la sinistra non sta dando.

Le prime elezioni primarie del Pd nel 2007

Allora non sono le idee a mancare, ma dei leader.

Il partito democratico, il vostro e il nostro, ha perso gran parte della sua base, e ricostruirla è una cosa a lungo termine, e credo che serviranno una grande svolta “populista” e parlino in modo chiaro e con un linguaggio morale: non solo con un linguaggio progressista, perché il progressismo così sembra spaventoso per le persone che vogliono davvero stabilità, sicurezza, dignità, valori morali. Tutto questo lo possiamo collegare al progressismo, ma in modo molto diverso. Io sono marxista, sono socialista, ma penso che siamo in un momento storico in cui per combattere la destra, dobbiamo scoprire man mano che emergono e far crescere figure con un linguaggio “populista” di sinistra, come tattica, non come idee politiche.

Giorgia Meloni (Imagoeconomica, Sara Minelli)

Com’è percepita la premier Giorgia Meloni negli Stati Uniti?

Mi dispiace dirlo ma è vista come una brava statista rispetto a Trump. Il suo profilo mediatico negli Stati Uniti è quello di una leader di centro-destra non di destra radicale, in parte perché Trump agisce sempre in modo imprevedibile e non istituzionale e in parte perché Meloni compare nei media americani soprattutto quando partecipa ai vertici internazionali e attraverso i discorsi ufficiali. Poi, io sono di sinistra e seguo anche la politica europea, quindi conosco la sua natura non moderata.

(Imagoeonomica, Saverio De Giglio)

L’obiettivo di Trump nei confronti dell’Europa è creare divisioni, colpire il “progetto europeo”? Sta funzionando?

Non credo che Trump abbia un disegno chiaro riguardo a ciò che fa o dice sulla scena internazionale. Credo che giustifichi ciò che fa solo a posteriori, come se fosse davvero un piano. È invece ovvio che Trump ha colpito l’autosufficienza europea in modo negativo. Un esempio è la scelta forzata della rimilitarizzazione e della sicurezza. Lo dico come persona che sostiene il diritto dell’Ucraina di resistere all’invasione russa, ma penso che la rimilitarizzazione della Germania, a esempio, sia una cosa negativa.

New York, la statua della libertà

L’Italia e l’Europa hanno storicamente legami molti forti con gli Usa. Questi legami oggi sono cambiati, sono irrimediabilmente stravolti? Nell’era Trump, cosa ne è dell’immagine della “più grande democrazia del mondo”?

Gli Stati Uniti hanno perso in parte il loro ruolo speciale di attore mondiale, perché la maggior parte dei Paesi capitalisti avanzati sono democrazie. Ci sono tendenze negative negli Stati Uniti, ma siamo molto stabili sul piano della democrazia consolidata. Il ruolo degli Stati Uniti è però ancora principalmente economico. Dal 2008 in poi, le crisi sono state affrontate con un forte intervento pubblico, in divergenza con la reazione dell’Europa. Questo approccio più aggressivo ha reso gli Stati Uniti un Paese internamente molto diseguale ma nel complesso molto più ricco e con un’economia più dinamica. Le politiche di Trump potrebbero indebolire l’economia statunitense, cioè la posizione privilegiata del dollaro nel sistema globale. Vedrete sempre più spesso il prezzo dell’oro salire vertiginosamente: questo è un segno che la gente avrà meno fiducia nel dollaro. Le politiche tariffarie di Trump sono del tutto controproducenti. Anche se l’obiettivo finale è solo quello di proteggere i posti di lavoro nel settore manifatturiero, sta perdendo proprio quei posti di lavoro. A lungo termine, se gli Stati Uniti perdono la loro posizione economica e il loro potere, cosa succederà? Il tenore di vita degli americani è buono solo perché l’economia è ricca e in crescita. Se gli Stati Uniti crescessero più lentamente, vivrebbero una crisi sociale enormemente più forte rispetto a come accadrebbe in Europa.

Sara Lucaroni, giornalista e scrittrice, suo ultimo libro  “La destra e le donne. Da Mussolini a Giorgia Meloni”