Sulla Rai un racconto delle donne tedesche nei giorni successivi la fine della guerra. Oltre l’umana, doverosa, pietas, anche verso i vinti, non ricordare le responsabilità collettive del nazismo stravolge la storia
Nella fame e nel lutto, nel dolore e nel pianto, ora, esse si asciugano gli occhi, si levano in piedi e prendono a spalare le macerie per ricostruire il focolare, la casa, la patria. Sono le donne del Reich. Anno “zero”, 1945.
Le immagini femminili scorrono sullo schermo, nella trasmissione di Paolo Mieli, proposta in Rai qualche settimana fa.
Solo un cuore di ghiaccio potrebbe rimanere indifferente davanti alle facce smunte e ai fragili polsi di donna tremanti nella fatica.
D’improvviso, mentre il servizio televisivo continua, noi ricordiamo quello che esso non mostra: dolci facce di donna osannanti tra le svastiche in immensa sfilata, nivei corpi armoniosi che orgogliosamente mostrano se stessi quale paradigma di purezza ariana, tonde pance gravide amorosamente vegliate nelle cliniche del progetto Lebesborn, dita sottili e inanellate di donne e ragazze che, in volontaria ottemperanza alla Circolare “fidanzamento e matrimonio” di Himmler (31-12-1931), seguirono le estenuanti trafile della burocrazia razziale, per farsi fidanzate, spose, o compagne di letto in regime di legittimata bigamia, per uomini delle SS; consapevolmente costruttrici di una nuova comunità di stirpe, autoinsignitasi come superiore, e perciò votata alla purificazione del mondo dagli scarafaggi di sangue debole e infetto. Quasi ponendo una salvifica aureola sui capelli degli “angeli delle macerie”, lo schermo rigetta da sé le immagini di guance levigate delle donne che, abitando a pochi chilometri dai lager o al loro interno, nelle ville naziste poste a corona di un teatro di orrore, come accadde a Dachau, qui ogni sera accolsero i propri uomini, sostenendoli con amore e pazienza nel loro ingrato compito di sterminatori, qui allevarono i propri figli, in qualche caso nutrendosi dei frutti succosi concimati di ceneri umane, come freddamente racconta Savyon Liebrecht nel suo “La bambina delle fragole”, o come testimonia la signora Stangel che, serenamente accanto al marito, comandante a Sobibor e poi a Treblinka, imperturbabilmente rimase al suo fianco anche nella fuga del “pacificato dopoguerra” prima in Siria e poi in Brasile (cit. Gudrun Schwarz – Una donna al suo fianco).
Donne SS “in servizio” nei campi di sterminio
Il Reich, così come ogni luogo del pianeta, era abitato da entrambi i sessi: ma non c’è traccia o memoria di ripulsa da parte di comuni cittadine del Reich che, pure in grande quantità, ricevettero dai propri padri, fratelli o mariti in missione sul fronte orientale, le fotografie che li ritraevano eroicamente posizionati sul limitare delle fosse comuni, come ampiamente documenta Daniel Goldhagen nel suo “I volonterosi carnefici di Hitler”.
Nel campo di Bergen-Belsen le ex guardie SS rimuovono i cadaveri delle loro vittime
Mentre il servizio televisivo si avvia alla sua conclusione, ci domandiamo se la mistica post bellica degli “angeli delle macerie”, pur toccando le sensibili corde della umana pietà, non rappresenti una subdola operazione ideologica che, mandando assolte le donne solo in virtù della differenza di genere, sapientemente andò riducendo il nazismo alla responsabilità di un piccolo gruppo di demoni scesi in terra, permettendo anche a ciascuno di noi, qui ed ora, di assumere come proprio costume quello della de-responsabilizzazione di sé da ogni evento che si produca oltre la porta di casa.
Incerte origini della scelta del fiore per la festa della donna. Forse Teresa Mattei, o Luigi Longo, o le donne dell’UDI. Da Di Vittorio la mimosa alle dipendenti del Comune di Roma. Fermate le attiviste dalla polizia di Scelba. Poi l’universale riconoscimento. Oggi l’8 Marzo colonizzato dal mercato
Staffetta partigiana, dirigente dell’UDI e poi dell’ANPI, intellettuale rigorosa, si è dimessa dalla Segreteria nazionale per motivi di stanchezza legata all’età; ma rimane in Vicepresidenza e nel Comitato nazionale
Agosto 2015. Due ragazzi decidono di percorrere a piedi la lunga strada da Massa Carrara a Ravenna, per “trovare la storia che stavamo cercando”. Diciotto giorni di cammino con i fazzoletti e le bandiere dell’ANPI. Ed alla fine tornano a casa “pieni di meraviglia”. Ecco la loro splendida testimonianza
Henry Kissinger, ex segretario di Stato degli Usa, è morto all’età di cento anni. Fu fautore del dialogo con la Cina e del ritiro dal Vietnam, ultimamente anche sostenitore di un accordo tra Russia e Ucraina. Difficile però dimenticare che con le amministrazioni Nixon e Ford rappresentò il paradigma di una concezione della politica in cui la lotta al comunismo giustificava ogni tipo di intervento, compreso l’appoggio al Cile di Pinochet e alle dittature militari in Argentina e Brasile
Dedicato a studenti e associazioni giovanili della Regione, che potranno scegliere di realizzare un elaborato tra prose, poesie, grafici, disegni, pitture, corti cinematografici, spot, canzoni. C’è tempo fino al 24 febbraio 2024. L’iniziativa è promossa da Cgil Campania, Anpi, Libera, Istituto Campano per la Storia della Resistenza, Arci, Legambiente, la rivista Infinitimondi e il Centro di Promozione Culturale Insieme. La premiazione il 25 aprile. Nell’articolo il bando
Il testo del 1948 è un antidoto contro ogni tentazione dittatoriale, autoritaria e patriarcale, garantendo bilanciamento dei poteri, pluralismo delle forme associative, libertà di espressione (anche di chi è critico nei confronti della democrazia), solidarietà sociale, parità e uguaglianza dei cittadini. Per essere governati da leggi eque e non da capi. Il progetto di premierato del governo Meloni sembra invece assomigliare a quello dell’ex saloino Giorgio Almirante, che più volte tuonò contro la “Repubblica bastarda” retta da una Carta da cambiare. Non sorprende che gli eredi di fiamme e fiammelle oggi scalpitino per realizzare l’obiettivo
Non di sola recensione vive il critico. Per ragionare di fascismo e patriarcato, guerra, immigrazione e consenso con i film “C’è ancora domani” di Paola Cortellesi e “Comandante” di Edoardo De Angelis (tratto dal libro di Sandro Veronesi)
Calvino ha scritto: “l’inferno dei viventi non è qualcosa che sarà; se ce n’è uno, è quello che è già qui”. Si chiama Gaza, credo. È il luogo del dolore
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