Dante Di Nanni. Sullo sfondo Torino

Di anni ne sono passati ottantuno dal giorno in cui, il 18 maggio 1944, il giovane comunista appartenente ai GAP nato il 27 marzo 1925 nel capoluogo piemontese, di Dante Di Nanni quest’anno ricorre il centenario della nascita, subiva l’assalto di un nutrito gruppo di nazifascisti, giunti nell’edificio di via San Bernardino dove aveva sede la base gappista di borgo San Paolo a Torino. Figlio di immigrati pugliesi, operaio, si era arruolato a 17 anni in Aeronautica. A partire dall’8 settembre 1943, con l’amico Francesco Valentino, poi impiccato dai fascisti in corso Vinzaglio a Torino, si era aggregato a una piccola banda nelle vicinanze di Boves e successivamente ai GAP torinesi. In quel periodo Dante Di Nanni aveva partecipato alle principali azioni del gruppo comandato da Giovanni Pesce. L’ultima, prima di morire, estremamente ambiziosa, consisteva nel far saltare una stazione radio EIAR che, per conto del ministero delle Comunicazioni della RSI, effettuava operazioni di disturbo contro le trasmissioni radio clandestine.

La notte del 17 maggio 1944 Di Nanni si era recato con Pesce, Bravin, Valentino nei pressi della Stura dove era collocata la stazione e, secondo la testimonianza di Giovanni Pesce, tre dei nove militi che la presidiavano, disarmati dal gruppo di partigiani, erano riusciti a fuggire e a diramare l’allarme. I gappisti, di conseguenza, si erano trovati poco dopo circondati da un gruppo di fascisti. Ne era seguito uno scontro a fuoco. Pesce e Di Nanni, sebbene feriti, erano riusciti a portarsi in salvo e a rifugiarsi nella casa di via San Bernardino. Di Nanni, in condizioni più serie, veniva visitato da un medico antifascista che ne consigliava il ricovero in ospedale. Il giorno successivo, il 18 maggio, i fascisti e i tedeschi, venuti a conoscenza del luogo dove aveva trovato riparo una parte del gruppo, circondavano l’edificio. Dante Di Nanni si trovava da solo perché, secondo alcune ricostruzioni, Giovanni Pesce si era allontanato per cercare aiuto e organizzare il trasporto del compagno ferito. Sebbene ferito resisteva agli attacchi contrattaccando tenacemente. Dopo un’estenuante e impari lotta cedeva ai nemici, fino al momento finale che lo avrebbe consegnato al mito.

Giovanni Pesce “Visone” nel secondo dopoguerra, decorato da Umberto Terracini (archivio fotografico Anpi nazionale)

“E mentre attorno continuano a sparare, si rovescia di nuovo sul ventre, punta il mitra al campanile e attende, al riparo dei colpi – scriveva Giovanni Pesce nel libro Senza tregua. La guerra dei GAP del 1967. – Quando viene il momento mira con cura, come fosse a una gara di tiro. L’ultimo fascista cade fulminato col colpo. Adesso non c’è più niente da fare: allora Di Nanni afferra le sbarre della ringhiera e con uno sforzo disperato si leva in piedi aspettando la raffica. Gli spari invece cessano sul tetto, nella strada, dalle finestre delle case, si vedono apparire uno alla volta fascisti e tedeschi. Guardano il gappista che li aveva decimati e messi in fuga. Incerti e sconcertati, guardano il ragazzo coperto di sangue che li ha battuti. E non sparano. È in quell’attimo che Di Nanni si appoggia in avanti, premendo il ventre alla ringhiera e saluta col pugno alzato. Poi si getta di schianto con le braccia aperte nella strada stretta, piena di silenzio”.

Gli studi condotti dallo storico Nicola Adduci pubblicati nel 2012 sulla rivista Studi storici dell’Istituto Gramsci, frutto di una decennale ricerca fondata su testimonianze e relazioni autoptiche, hanno fatto emergere un epilogo differente da quello descritto da Giovanni Pesce (si veda a tale proposito l’articolo de La Stampa del 27 ottobre 2013 “Più uomo, meno eroe – La rivista dell’Istituto Gramsci riscrive la fine del partigiano di Borgo San Paolo” di Giorgio Ballario e Paolo Coccorese). Una versione però che, come aveva avuto modo di affermare l’ex sindaco comunista di Torino Diego Novelli quando era stato pubblicato il lavoro “nulla toglie alla fulgida figura di Dante”. E non deve, come aveva dichiarato la figlia di Giovanni Pesce “intorpidire la Resistenza e offuscare la storia di ieri per impedire che, traendo da essa esempio, si sviluppi – innovata – quella di domani”. Va segnalato che l’immagine esemplare di giovane resistente che si era costruita attorno alla sua figura nel periodo successivo all’evento era stata peraltro importante per infondere coraggio nei partigiani dei GAP che agivano in città e per spostare il consenso dell’opinione pubblica in favore della lotta resistenziale. Da segnalare inoltre che nello stesso anno, il 1944, si era costituita nelle Langhe la 48ª Brigata Garibaldi “Dante Di Nanni” in omaggio al partigiano caduto, brigata che aveva contribuito alla Liberazione di Alba del 10 ottobre del 1944.

La città di Alba è libera (archivio fotografico Anpi nazionale)

Un’immagine “eroica” quella di Di Nanni che si è consolidata nel tempo e che con lo studio di Nicola Adduci ci consegna una figura “umanizzata” mantenendo comunque intatta la sua breve ma intensa storia di combattente per la libertà. Come sottolineato nella rivista online Machina del 3 marzo 2022 in “Gira per la città, Dante Di Nanni!” a cura della palestra popolare intitolata al partigiano “il mito di Dante Di Nanni è arrivato a noi come fuoco da custodire e non come cenere da adorare, resistendo alla istituzionalizzazione della Resistenza /…/.  Diverse comunità politiche autonome hanno continuato a narrare la sua storia per raccontare la propria lotta di trasformazione del mondo /…/ La sua storia è la storia di chi ancora oggi attraversa il quartiere, battendosi per uno spazio libero da fascismi, razzismi, deportazioni nei CPR, discriminazioni sessiste e classiste. La sua storia è la nostra, perché è la storia di tuttə quellə che lottano per trasformare lo stato di cose presenti”.

Anche in campo musicale l’impatto della sua figura nell’immaginario collettivo ha attirato l’attenzione di diversi musicisti. Nell’arco di sessant’anni, a partire dal 1965, cantautori e gruppi con diverse sensibilità e svariati stili hanno rappresentato gli ultimi momenti della sua esperienza di resistente e messo in risalto la dimensione simbolica della sua figura.

La prima canzone dedicata a Dante Di Nanni è appunto del 1965 ed è scritta dal cantante e ricercatore di musica popolare piemontese Roberto Balocco. Si intitola Bruta vigliaca ed è contenuta nell’album Le cansson dla piola, una ballata che darebbe credito alla versione popolare secondo la quale sarebbe stata la sua compagna (la “Bruta vigliaca”) a tradirlo ai nemici, rivelando dove si fosse rifugiato. Nella canzone è Di Nanni che parla e descrive le diverse fasi dell’assedio. Si inizia con l’irruzione in casa dei nazifascisti: «Su, aprite o sfondiamo la porta» a crijava un fassiston, peui  «ja woll» ij tedesch ëd la scòrta, mi i sentìa, a cariavo già ‘l tron» (“«Su, aprite o sfondiamo la porta» gridava un fascistone ed i tedeschi della scorta, io li sentivo, intenti a caricare le armi”) e prosegue con l’immediata  reazione di Di Nanni: «Boja fauss» – i  son dime – cò’ faso? ël mè tron i l’hai ambrancà ‘n sël buffet. I son panà, sì, ma prima ch’am masso, sinch ò ses bastardon i veuj scursé!”  («Accidenti – mi sono detto – cosa faccio? Ho afferrato il mio mitra dalla credenza. Sono fregato ma intanto, prima che mi uccidano, cinque o sei bastardoni voglio stenderli»).

La caa di Dante Di Nanni in via S. Bernardino (elaborazione grafica di una foto del Polo 900)

Il racconto si fa sempre più animato, accompagnato dallo sgomento nello scorgere nel gruppo che lo assedia anche la sua compagna: “I l’hai guardà fòra dla seradura, i l’hai viste là ‘n mes a lor con la tua facia dura. Bruta vigliaca, it l’has tradime come Giuda a l’ha fait  con Nòst Signor, a sti sassìn it l’has vëndume për gelosìa, vendetta d’amor(“Ho guardato fuori dalla serratura e in mezzo a loro ti ho vista con quella tua espressione arrabbiata, brutta vigliacca, mi hai tradito come Giuda ha fatto con Nostro Signore, mi hai venduta per gelosia, per una vendetta d’amore”). Dopo tre ore concitate di combattimento, Dante Di Nanni si rende conto che è prossima la fine: A l’é mes bòt, a son tre ore ch’i tiro giù dle scale a fé fòra ij tognin, ògni tant un as fa sota e i lo stiro, sta balada a va mai a la fin. «Sei finito, orsù cessa il fuoco – a crijava ‘l fassiston – puoi resistere ancora per poco», «Ciapa sì, parla ‘ncora s’it ses bon!». A-i é pì gnente da fé për salveme, i l’hai vint’ani e i son già mes sotrà. «Sù avanti, monté sù, vnì a pijeme, mi i sai meuire për la libertà!».” (“È la mezza e sono tre ore che lungo le scale sparo e mi difendo ed ogni tanto qualche tedesco avanza e lo faccio secco, questa storia non finisce più. «Sei finito, cessa il fuoco – grida un fascistone – non puoi resistere per molto» ed io rispondo «Pendi questa, vediamo se sei ancora in grado di parlare!». Comunque, non c’è più niente da fare, sono finito, ho vent’anni ma sono già mezzo sotterrato. «Su avanti, venite a prendermi, io sono capace di morire per la libertà»”).

È stata realizzata una suggestiva versione di Bruta Vigliaca dal Coro La Rupe, un coro polifonico e popolare fondato nel 1952 cresciuto, come cita la pagina Instagram del gruppo “nella cornice di un paese ricco di suggestioni musicali e di una antica tradizione vocale come Quincinetto”. La versione è tratta dall’album Canti popolari del mondo del 2017. È presente sul web l’interpretazione eseguita dal Coro al Concorso Nazionale Corale Città di Vittorio Veneto del maggio 2011.

Il Coro La Rupe

Dieci anni dopo Bruta vigliaca, nel 1975, il gruppo milanese degli Stormy Six pubblica un album fondamentale Un biglietto del tram, realizzato in un’epoca in cui si stava verificando “un mutamento di fase, con l’irruzione nell’immaginario collettivo di una Resistenza mitizzata”. Nell’album si trovano, tra le altre, la canzone che dà il titolo al disco Un biglietto del tram sull’eccidio dei 15 partigiani fucilati il 10 agosto 1944 a Piazzale Loreto e Nuvole a Vinca sulla strage nazista avvenuta il 24 e il 27 agosto 1944 nel borgo delle alpi apuane. La seconda canzone del lato B è Dante Di Nanni che presenta una narrazione coerente con la dimensione eroica assegnata al partigiano in quegli anni, dove viene messa in evidenza soprattutto la capacità attrattiva della sua figura: Nel traffico del centro pedala sopra il suo triciclo e fischia forte alla garibaldina, il carico che piega le sue gambe è l’ingiustizia, la vita è dura per Dante Di Nanni […] Trent’anni son passati da quel giorno che i fascisti ci si son messi in cento ad ammazzarlo e cento volte l’hanno ucciso, ma tu lo puoi vedere, gira per la città, Dante Di Nanni. Trent’anni son passati da quel giorno che i fascisti ci si son messi in cento ad ammazzarlo e ancora non si sentono tranquilli, perché sanno che gira per la città, Dante Di Nanni”.

Il brano Dante Di Nanni degli Stormy Six ha conosciuto numerose riedizioni: dalla versione del gruppo marchigiano The Gang contenuta nell’album La rossa primavera del 2011 a quella del gruppo torinese Mirafiori Kids contenuta in un EP del 1995 dove si trova, oltre a una versione rock del brano, la canzone Torneremo sulla Langa. Tra Dogliani e Roddino c’è una targa che dice ‘i Partigiani qui hanno combattuto’. /…/ Contro tutti i soprusi, contro tutti gli abusi ci fu chi un giorno si ribellò”. È presente sul web la versione dal vivo di Dante Di Nanni, eseguito nel locale torinese Hiroshima mon amour il primo maggio 2015. Nel periodo del lockdown, in occasione del 25 aprile 2020, il collettivo musicale torinese La stanza di Greta realizza il brano in streaming, esecuzione anch’essa presente sul web. L’ultima riproposizione di Dante Di Nanni è della cantautrice e storica fiorentina Letizia Fuochi, contenuta nell’album La scelta del 2025.

Porta lo stesso titolo della celebre canzone degli Stormy Six una canzone del gruppo punk romano Airesis che inserisce il brano nell’album Traccia una rotta del 2010. Il testo ripercorre le ultime ore del partigiano.Dante è sdraiato sul letto e respira veloce con sei pallottole in corpo e i minuti contati, Di Nanni è in casa da solo e immobile aspetta, con una mano si aggrappa alla vita e con l’altra allo Sten […] C’è qualcuno che ha fatto la spia e in questura si sparge la voce che il gappista si è chiuso lì dentro e i fascisti stanno arrivando. Dante capisce e lo sa che il tempo è quasi scaduto e ognuno ha fatto una scelta e il tempo la giudicherà […] Onore a chi ha fatto una scelta che è quella di prendere parte, non guardare dalla finestra ma giocarsi la vita e la morte. Oggi si scrive la storia e sopra i muri di ogni città quattro parole nel sangue: lottare per la libertà”.

Dante di Nanni è evocato in una canzone del 1996 del gruppo hip hop romano Assalti Frontali nel brano Fascisti in doppiopetto contenuto nell’album Conflitto. “Anni difficili davanti per tutti i figli di Di Nanni, sono un partigiano e sarò chiaro perché ci si abitua a tutto, anche ai fascisti, assassini sullo sfondo, doppiopetto in primo piano”.

Negli anni a Torino sono state dedicate a Dante Di Nanni alcune iniziative musicali. Il cielo a via Di Nanni è stato il titolo di una due giorni di musica il 25 e il 26 giugno 2016 nella via omonima, nel cuore di Borgo San Paolo. Il titolo della manifestazione si ispirava al brano Via Margutta di Luca Barbarossa, uno degli ospiti dell’evento insieme ad altri musicisti come, tra gli altri, Riccardo Sinigallia, Lalli e Ricky Avataneo. Come dichiarato dall’allora vicepresidente del Consiglio Regionale piemontese di quegli anni, Nino Boeti (oggi presidente provinciale ANPI Torino), l’evento era rivolto in special modo ai ragazzi: “Vogliamo che sappiano che settant’anni fa altri ragazzi della loro stessa età hanno sacrificato la vita per consentire loro di ascoltare musica, divertirsi, stare insieme in un luogo libero e democratico”.

Un evento più recente è stato quello promosso nell’ambito del programma del Torino Jazz Festival del 2024: l’esibizione della cantautrice e attrice maliana Fatoumata Diawara al Teatro Regio di Torino la sera del 25 aprile. “Il 2024 è un anno importante. È l’anno in cui commemoriamo gli 80 anni dell’uccisione del partigiano Dante di Nanni. A lui, e idealmente a tutti i giovani partigiani, dedichiamo il concerto” come dichiarato dal vicepresidente del Consiglio Regionale e Presidente del Comitato Resistenza e Costituzione della Regione Piemonte Daniele Valle.

Dante Di Nanni, come evocato nella canzone degli Stormy Six, è ancora presente nella sua città. Nelle strade, nelle piazze, nei parchi, ma anche nei luoghi di lavoro, nelle scuole e in contesti di ritrovo e socialità. “Gli adesivi raffiguranti il suo volto costellano semafori, cartelli stradali, tavoli e banconi dei bar. La sua effigie tappezza tutta Torino” come ricordato nel citato “Gira per la città, Dante Di Nanni!” pubblicato da Machina.

A Torino e provincia sono intitolate a Dante Di Nanni diverse strade. La via in Borgo San Paolo a lui intitolata parte dalla piazza Sabotino e finisce alla chiesa di San Bernardino da Siena. È diventata pedonale nel 2006 e negli ultimi anni è stata oggetto di animate discussioni legate alla sicurezza per i residenti nelle ore serali e alla crisi degli esercizi attività commerciali e del mercato locale. Problemi che hanno fatto emergere la necessità di ridefinirne gli spazi. Sono state anche avanzate recentemente proposte di riapertura al traffico, contrastate da chi intende salvaguardare l’importante ruolo di aggregazione sociale assunto dalla via in questi anni (si veda tra i tanti eventi la citata manifestazione Il cielo a via Di Nanni e la recente rassegna cinematografica “Mappa Mundi”).

Via Dante Di Nanni, a Torino. In fondo, la chiesa di San Bernardino

La via incrocia la via San Bernardino, dove al numero 14 è situata la casa a due piani dove aveva trovato la morte Dante Di Nanni. Sopra il portoncino d’ingresso dell’edificio è collocata la lapide in suo onore realizzata dall’ANPI. “Ogni anno – e non solo il 25 aprile – la popolazione del borgo si ritrova sotto quel balcone a ricordarne la storia e a portare fiori” come ricordato a pagina 80 del capitolo Dante Di Nanni: la storia e la leggenda contenuto nel volume del 2025 Guida resistente attraverso Cenisia, Cit Turin, Borgata Lesna, Borgo San Paolo, Pozzo Strada di ANPI a cura di Stefano Garzaro e Laura Meli, Torino, Impremix Edizioni.

Molti Comuni piemontesi gli hanno intitolato una strada (a esempio Grugliasco, Nichelino, Orbassano, Rivoli) così come alcuni Comuni in Lombardia (nel Mantovano), in Emilia Romagna (nelle provincie di Reggio Emilia e di Rimini) e in Puglia (ad Andria). Anche alcuni plessi scolastici in provincia di Torino portano il suo nome: un istituto comprensivo a Grugliasco e una scuola elementare a Beinasco.

Un’altra importante testimonianza in città è presente in zona Vanchiglia, tra le vie Guastalla e Balbo, dietro al centro sociale Askatasuna. Qui si trova il murale dedicato a Dante Di Nanni. A fianco del partigiano torinese sono stati raffigurati negli anni successivi altri volti. Da Vittorio Arrigoni, giornalista e scrittore lombardo attivista a Gaza dal 2008 in difesa dei diritti della popolazione palestinese, ucciso il 15 aprile 2011 a 36 anni da un presunto gruppo di estremisti salafiti a Lorenzo Orsetti (Orso Tekoşer) militante antifascista toscano morto a 33 anni in Siria il 18 marzo del 2019 combattendo contro l’Isis a fianco della popolazione curda. Da Carla Capponi partigiana romana, parlamentare comunista, medaglia d’Oro al valore militare a Leila Khaled politica e attivista palestinese ex militante del Fronte popolare per la liberazione della Palestina. La scelta di rappresentare nel murale anche Leila Khaled è stata recentemente oggetto di un’interpellanza da parte di un esponente della minoranza di centro destra in Comune, volta a richiedere la rimozione del murale in quanto ritenuto “omaggio a una terrorista”. L’Opera è stata invece difesa dall’assessora alle Periferie e ai Progetti di rigenerazione urbana che ne ha sottolineato il valore artistico e culturale, peraltro suffragato dal parere della Soprintendenza Archeologia Belle Arti e Paesaggio per la Città Metropolitana di Torino.

Torino, come detto, è presente una sezione Anpi intitolata a Di Nanni, così come a Barletta in Puglia, la regione dalla quale provenivano i genitori del partigiano. La sezione ANPI torinese ha recentemente promosso la pubblicazione della citata Guida Resistente, “un viaggio nel tempo attraverso i borghi della Circoscrizione 3 di Torino sulle tracce dei protagonisti della vita sociale di più di mezzo secolo: dalla Prima guerra mondiale e gli scioperi per il pane, fino alla Liberazione del 1945 e oltre”.

Nel Borgo San Paolo è presente, inoltre, una realtà molto importante per il quartiere, il centro sociale Gabrio, nato tra il 17 e il 18 settembre 1994 negli spazi dell’ex scuola elementare Gabrio Casati di via via Revello 2 e successivamente trasferitosi, a causa della presenza di amianto nello stabile, nei locali della scuola Pezzani di via Millio. Dal sito si legge: “Il CSOA Gabrio è un’idea di libertà, di lotta. di socialità,  di confronto e di crescita collettiva /…/ un luogo fisico che esiste dal 1994 senza sottostare a ricatti dei padroni /…/ un luogo aperto, un complesso all’interno del quale coesistono varie strutture a disposizione di tutte e tutti. Uno spazio di crescita, di opportunità per il quartiere e per la città, al di fuori delle logiche dell’omologazione e della commercialità”.

Un mese dopo la celebrazione dei 31 anni di (R)esistenza del Centro, in un tardo pomeriggio di una giornata che preannunciava l’inverno, ho incontrato alcune compagne e compagni del Gabrio e della palestra popolare nei locali di via Millio. Un incontro estremamente interessante nel corso del quale ho avuto l’opportunità di attraversare insieme a loro un viaggio attraverso i percorsi partecipati e solidaristici intrapresi dalle persone che da tempo animano il Centro.

All’interno dei locali dell’ex scuola Pezzani ho avuto modo di visitare, oltre agli spazi destinati alle attività sportive trattate in seguito, i locali a servizio degli abitanti del quartiere, degli stranieri, dei disoccupati, degli sfrattati, delle donne e di tutte le persone di qualunque etnia e sesso. Al primo e secondo piano dell’ex plesso scolastico l’ambulatorio popolare autogestito di prima accoglienza, uno spazio nato nel 2009 “dall’impegno di medici, infermieri ed educatori, con l’obiettivo di lottare per il riconoscimento del diritto di tutti alle cure sanitarie”, la consultoria transfemminista “immaginata da e rivolta a corpi imprevisti” uno spazio autogestito “che grazie al connubio di conoscenze professionali ed esperienze personali” offre visite mediche, ascolto, conforto e confronto, il laboratorio di Arti Grafiche, di creatività e condivisione dove si produce il materiale (zine, poster, grafiche e testi) che narra “esperienze dal basso, contesti di lotta, ribellione, resistenza e attivismo, con un’attenzione particolare all’intersezionalità e alla partecipazione attiva”, lo sportello legale antirazzista che offre consulenza, supporto ed orientamento ai migranti per questioni legate alle tutele nei rapporti di lavoro e ai requisiti connessi alle richieste di permesso di soggiorno e poi ancora la biblioteca, il birrificio artigianale, la ciclofficina ed il laboratorio di sperimentazione e critica tecnologica “spazio digitale libero di studio e condivisione, sperimentazione e uso consapevole ma anche non convenzionale degli strumenti”. Negli spazi esterni dell’ex scuola inoltre l’orto, un’area un tempo abbandonata, coperta da rovi e piante infestanti “tornata in mano alla comunità per diventare un vero e proprio modello di riappropriazione dello spazio in un contesto urbano” uno spazio rivolto all’orticultura, alla cultura alimentare e all’autoproduzione di cibo.

Da sottolineare che il centro sociale è entrato spesso in relazione con gli abitanti del quartiere. Lo dimostra ad esempio, come illustratomi nel corso della visita, il progetto di riqualificazione condivisa del giardino Oreste Leonardi situato a ridosso del centro Gabrio. Grazie ad un patto di collaborazione stipulato con le istituzioni e al contributo di residenti, insegnanti, bambini della scuola primaria e delle ragazze e dei ragazzi del Centro il giardino ha così cambiato completamente volto diventando “un luogo verde a misura di bambini e degli abitanti del Borgo”.

E poi, negli spazi più grandi del Gabrio, talvolta usati per eventi (concerti, dj set, incontri, ecc.) e in una sala al secondo piano sono ospitate le attività sportive della palestra popolare autogestita antifascista, antirazzista e antisessista intitolata a Dante Di Nanni nata “con l’idea di rendere lo sport accessibile a tutt*, estraniandosi dalla logica del denaro che invade l’anima di tutte le palestre del nuovo millennio e far tornare lo sport a quel che era un tempo”.

Innanzitutto la scelta del nome. “Essendo la palestra in Zona San Paolo, dedicarla a Dante Di Nanni ci è parso quasi una scelta obbligata per chi come molti di noi vive in questo quartiere e si riconosce nei valori dell’antifascismo”. E poi la caratterizzazione popolare assegnata alla pratica sportiva che non può essere separata dal concetto di gioco. “Il gioco, da sempre, è sinonimo di aggregazione e socialità e non vi trova spazio il concetto di agonismo. Crediamo che lo sport popolare si basi sulla condivisione dei saperi e sulla continua autoformazione collettiva. Cerchiamo di tagliare i fili che legano lo sport all’idea di ‘corpi docili’ che vengono plasmati quando si mette al primo posto la gerarchia, la disciplina e l’autorità”. Ed ancora: “In un periodo storico in cui assistiamo all’acuirsi di sentimenti razzisti nello sport a qualsiasi livello, alla strumentalizzazione e rivisitazione in chiave fascista del concetto di sport popolare, alle continue discriminazioni ed esclusioni di persone che non si identificano negli stereotipi di genere dati e in un mondo in cui l’autorità detiene ogni potere decisionale, pretendiamo uno spazio diverso.

Lo sport popolare come lo pratichiamo è antifascista, antirazzista, antisessista e autogestito”. Antifascista come pratica quotidiana di resistenza contro ogni forma di autoritarismo e di prevaricazione. Antirazzista come intreccio delle storie di tutti e tutte coloro che la attraversano, Antisessista come pratica sportiva fatta esclusivamente in base a statura, peso, massa muscolare e abilità tecnica, nel superamento degli “schemi legati a sesso e genere imposti dall’alto”. Autogestita come percorso di crescita attraverso il quale si impara a prendersi cura di se stessi e degli spazi “riappropriandosi di quelle pratiche volte alla costruzione di una realtà capace di auto organizzarsi che esca dalla logica verticistica della delega”. Concetti espressi nel documentario uscito quest’anno Fuori i secondi di Paolo Bonfanti, “un viaggio alla scoperta delle palestre popolari in Italia /…/ luoghi di aggregazione, di militanza e di resistenza, in un mondo dove la pratica sportiva diventa sempre meno accessibile a una grande parte della popolazione”.

L’assemblea della palestra “fondamentale per smarcarsi dalle dinamiche gerarchiche e di privilegio” si riunisce una volta al mese e le problematiche connesse alle attività sportive vengono discusse collettivamente. “Socialità e Aggregazione rendono diversa la nostra palestra popolare da una normale palestra. Questi due concetti però non si esauriscono nella pratica sportiva ma creano dei legami in grado di andare fuori dal mero allenamento, uscendo dalle mura della palestra, del centro sociale per confluire insieme nelle strade”.

Borgo San Paolo, Torino

Strade di un quartiere che, come emerso nel corso della conversazione, è cambiato nel tempo. E la palestra, attiva ormai da 15 anni, si è adattata, nella composizione dei partecipanti, ai cambiamenti sociali connessi alla trasformazione del quartiere. Borgo San Paolo, infatti, ha subito quel processo di cambiamento che il nuovo lessico urbano impone di chiamare “rigenerazione” ma che invece è estremamente legato alle logiche del mercato immobiliare, indifferente, come la politica che le asseconda, al mutamento sociale che ne consegue. Pratica assai diffusa a Torino quella della “riqualificazione urbana” (si veda a tale proposito l’articolo Chi si compra Torino? pubblicato il 22 ottobre 2025) e quartieri un tempo operai come Borgo San Paolo si sono progressivamente trasformati in aree costellate da edifici residenziali di pregio a ridosso o in sostituzione delle semplici e dignitose case originarie del quartiere. Circostanza questa che ha determinato una trasformazione della composizione sociale e una lievitazione dei prezzi delle abitazioni. Emblematica la definizione attribuita alla palestra (e di conseguenza al centro sociale) nel corso della conversazione. Un luogo diventato una “spugna”, capace di assorbire i bisogni di una collettività mutata. Lo dimostra il numero di studenti fuori sede del vicino Politecnico che risiedono in quartiere nei campus universitari o negli appartamenti ammobiliati e che accedono alle attività sportive del Centro.

Le attività sportive praticate nella palestra sono tre: la boxe, l’arrampicata libera e la pole dance. Chi le frequenta offre un piccolo contributo mensile volontario destinato alla gestione ed al mantenimento dei costi della palestra. Da sottolineare che nell’arco di 15 anni son stati instaurati rapporti con altre realtà sportive italiane e straniere con le quali sono state organizzate giornate di sport, spesso associate a raccolta fondi a favore di popolazioni sotto assedio come quella di Gaza: le Neruda, la Iris Versari e l’Antifaboxe del Centro Askatasuna di Torino, la Rabel di Chianocco in Val di Susa, Le Sberle e la Torricelli di Milano, la Vincenzo Leone di Napoli e la Trebesto di Lucca. Con la Roter Stern di Berlino il 29 marzo del 2019 si è svolta una grande serata di boxe popolare. Con la partecipazione delle palestre popolari torinesi, il 19 e il 20 maggio 2022, ha avuto luogo una manifestazione di sport popolare finalizzata alla raccolta fondi per la costruzione di un nuovo spazio per la palestra popolare “Barrio bravo” a San Cristobal. Inoltre, a tre mesi dallo sgombero del centro sociale Leoncavallo di Milano e alle minacce portate dalla politica di destra agli ultimi residuali spazi sociali dove in Italia si costruisce il dissenso e si coltivano pratiche di solidarietà e aggregazione, sono state promosse campagne a sostegno dei centri sociali sotto assedio come la Palestra Popolare San Pietrino del Centro Sociale fiorentino Next-Emerson e la palestra Popolare Liabeuf dello Spazio occupato e autogestito monzese FOA Boccaccio minacciate di sgombero.

Si legge sulla pagina Instagram della Palestra: “Essere una palestra popolare significa riuscire a creare punti di contatto e intersezione tra le lotte. Ricordarci che il nostro impegno nella costruzione di spazi e momenti liberi da gerarchie, sessismo e capitalismo non è isolato ma è condiviso da una più ampia rete sociale /che/ arricchisce il nostro percorso politico e ci fa sentire parte di una collettività”.

Un percorso politico che si è snodato in questi anni attraverso importanti iniziative. Come le campagne intraprese come risposta al genocidio in atto sulla striscia di Gaza. Ad esempio il sostegno nella giornata dell’8 novembre 2023 alla campagna “Climbing the wall!” lanciata da Laylac, un’associazione palestinese nata nel 2005 nel campo profughi di Dheisheh vicino a Betlemme per “permettere la pratica sportiva in una ‘città’ criticamente priva di spazi di aggregazione e socializzazione, diffondere’ l’arrampicata anche in carenza di infrastrutture, sviluppare l’inclusività di genere anche nel campo sportivo ed infine estendere e rinforzare il presidio degli spazi sotto occupazione”, l’adesione nella giornata del 22 dicembre 2023 al progetto di “Boxe contro l’assedio” promosso dalla Palestra Popolare del Quarticciolo di Roma e finalizzato alla ricostruzione della palestra di Gaza bombardata e distrutta durante gli assedi. O i più recenti eventi “Waiting for Nazra” del 7 settembre 2024 preparatorio all’edizione del 2024 della rassegna cinematografica dedicata ai cortometraggi sulla Palestina “Nazra Palestine Short Film Festiva” e ancora la “Cena Contro Natalizia” del 21 dicembre 2024 per supportare la raccolta fondi di “Women With Gaza” finalizzata a migliorare le condizioni di vita a cui sono costrette migliaia di donne e ragazze dall’inizio del genocidio perpetrato da Israele contro la popolazione palestinese, cena riproposta quest’anno per sostenere il centro sportivo del campo profughi di Shatila a sud di Beirut “Shatila Youth Center”.

A sostegno delle lotte contro la violenza di genere la palestra ha interrotto le attività sportive aderendo alla manifestazione indetta a Torino dal movimento femminista e transfemminista “Non Una Di Meno” del 1° luglio 2021 e alle camminate rumorose dell’8 novembre 2022 e in particolare del 21 aprile 2024, quest’ultima a pochi giorni da un episodio di stupro ai danni di una donna in uno dei corsi del quartiere.

Tra le iniziative a difesa dell’ambiente da segnalare la giornata di arrampicata libera “Boulder against Tav” del 23 maggio 2021 a difesa dei territori interessati dai cantieri della TAV nelle aree della val Susa o l’adesione alla “Marcia contro la devastazione” a Foce di Pianza (MS) del 16 luglio 2022 sull’impatto enorme e irreversibile dello sfruttamento minerario delle Alpi Apuane.

Massiccia è stata l’adesione del Centro e della palestra popolare alle manifestazioni atte a contrastare le politiche migratorie in atto, sempre più concentrate sulla riduzione del diritto di asilo e sul contrasto alla mobilità delle persone richiedenti protezione internazionale. Significativa è stata a questo proposito la presentazione del 1° marzo 2024 del libro Flamingo Loophole, il racconto di una palestra di arrampicata che mira ad essere un punto di inclusione e incontro a Bihac in Bosnia Erzegovina, all’interno del progetto più ampio denominato “Balkan Rope” di Mediterranean Hope, il programma Rifugiati e Migranti della Federazione delle Chiese Evangeliche in Italia, dedicato alle migliaia di migranti in fuga da guerre, povertà, dittatura che percorrono la rotta balcanica in un luogo segnato dal ricordo di una guerra mai dimenticata.

A conclusione del viaggio intrapreso nella realtà della Palestra Popolare mi sembra giusto riprendere una frase estratta dal citato “Gira per la città, Dante Di Nanni!” pubblicato nella rivista online Machina. A indicare la direzione per tentare di costruire collettivamente una nuova società fraterna, libera e socialmente più giusta anche attraverso esperienze come quella raccontata, vale la pena riprendere le parole di chi ha scelto di associare il proprio impegno alla figura del partigiano torinese. “Per noi Dante Di Nanni è il volto sulla bandiera della palestra, che ci accompagna in corteo. È il simbolo su un adesivo bianco e arancione, incollato ovunque a ricordarci che l’antifascismo percorre ancora le vie del mondo. È il nome che risuona in canzoni militanti, da cantare tuttə insieme a squarciagola”.

Renato Paganotto

 

 


NOTE

Sulla figura di Dante Di Nanni, oltre ai citati lavori di Giovanni Pesce, Senza tregua. La guerra dei GAP, Milano, Feltrinelli, 2005, prima edizione nel 1967 e di Nicola Adduci, Il mito e la storia: Dante Di Nanni, in Studi Storici, Rivista trimestrale dell’Istituto Gramsci  n. 4, Roma, Carocci editore, ottobre-dicembre 2012, pp. 957-999 si segnalano in particolare i riferimenti bibliografici ed archivistici contenuti nel citato Gira per la città, Dante Di Nanni! contenuto nella rivista online Machina del 3 marzo 2022 a cura della palestra popolare Dante Di Nanni.

Sui musicisti autori e/o esecutori di brani legati a Dante Di Nanni, oltre la produzione discografica reperibile sul web, si segnala:

  • di Roberto Balocco i lavori realizzati con il fratello Piergiorgio: le due edizioni di Le canson dla piòla, l’una del 1975, Torino, Hibla e l’altra del 2006 Torino, Graphot ed il più recente Tranta quaranta tut ël mond a canta, Torino, Graphot, 2017.
  • del Coro La Rupe il portale dei cori italiani.
  •  del gruppo Stormy Six di Alberto Gagliardo Come l’acciaio resiste la città. Viaggio nella Liberazione con gli Stormy Six, Bologna, DeriveApprodi, 2025
  • del gruppo The Gang due libri, l’uno scritto dai fondatori del gruppo Marino e Sandro Severini Banditi senza tempo, Milano, Selene Edizioni, 2003, l’altro da Marino Severini Quel giorno Dio era malato, Milano, Milieu Edizioni, 2023.
  • del gruppo Mirafiori Kids il numero 272 di Rivista Anarchica del 2001 su
  • del collettivo musicale La stanza di Greta.
  • della cantautrice e storica Letizia Fuochi di Chiara Ferrari Letizia Fuochi Quando la storia diventa musica, su Patria Indipendente, 2025.
  • del gruppo Airesis il volume Note bandite a cura dell’ ASFAI Archivio Storico della Federazione Anarchica Italiana, Circolo Arci Cucine del Popolo, Castel Bolognese, Edizioni Bruno Alpini, 2021.
  •  del gruppo Assalti Frontali il documentario del 2024 Una vita all’assalto, diretto da Paolo Fazzini e Francesco Principini.