L’idea che un robot possa identificare degli uomini come nemici ed ucciderli autonomamente, senza cioè alcun controllo da parte di un operatore umano, fa pensare a film di fantascienza, come “Terminator”.

Eppure questi strumenti di morte, i “lethal autonomous robots”, esistono già e anzi sono operativi, essendo dispiegati dalla Corea del Sud per il controllo della zona smilitarizzata.

La Super aEgis 2 prodotta dalla ditta sudcoreana DoDAMM (da http://www.pandorasfridge.com/wp-content/uploads/2013/05/robot-aegis-0_px600.jpg)
La Super aEgis 2 prodotta dalla ditta sudcoreana DoDAMM (da http://www.pandorasfridge.com/wp-content/uploads/2013/05/robot-aegis-0_px600.jpg)

A vederla, la Super aEgis 2 prodotta dalla ditta sudcoreana DoDAMM non assomiglia ai robot assassini di “Terminator”, ma sembra una normale mitragliatrice da 12,7 mm montata su torretta. Tuttavia, grazie ai suoi sofisticati sensori, è in grado di identificare un bersaglio umano a più di due chilometri, puntarlo e fare fuoco da sola. I suoi costruttori garantiscono che è in grado di riconoscere un uomo disarmato o con atteggiamento di resa, come le mani alzate, e l’esercito sudcoreano garantisce che, per ora, apre il fuoco solo se autorizzata in remoto da un operatore umano, ma non nega che in futuro possa sparare autonomamente.

Un’altra arma autonoma che è molto vicina ad essere operativa è la “nave fantasma” statunitense Sea Hunter, un vascello senza uomini a bordo, capace di navigare da solo evitando collisioni e rispettando i codici internazionali della navigazione, ma che è progettato per dare autonomamente la caccia ai nuovi sottomarini diesel “silenziosi”, già in dotazione alle marine dell’Iran e della Corea del Nord.

La Sea Hunter, il trimarano da guerra che si guida senza equipaggio (da http://www.telegraph.co.uk/content/dam/video_previews/v/w/vwahm5mze62sidwq20tvswzu2bkde-gr-large.jpg)
La Sea Hunter, il trimarano da guerra che si guida senza equipaggio (da http://www.telegraph.co.uk/content/dam/video_previews/v/w/vwahm5mze62sidwq20tvswzu2bkde-gr-large.jpg)

 

 

Inoltre, molti altri modelli di armi autonome, cioè capaci di identificare e colpire un nemico senza l’intervento umano, terrestri (fisse o semoventi), navali ed aeree, sono in studio avanzato in molte nazioni, come in USA, Giappone, Regno Unito, Corea e Russia.

Il proliferare degli studi sulle armi autonome è dovuto a diverse ragioni: la prima è il costo degli eserciti umani.

Ad esempio, nel quadro della riduzione delle spese militari a “soli” 496 miliardi di dollari all’anno, il Pentagono prevede di ridurre di 80.000 unità le sue truppe di terra. Anche la US Navy ritiene più conveniente affidare parte delle operazioni militari a “navi fantasma” (ognuna delle quali dovrebbe costare “solo” 20 milioni di dollari), piuttosto che affrontare le spese di una sorveglianza delle ormai numerosissime aree calde con vascelli convenzionali.

Una seconda ragione è l’opinione pubblica: nel mondo economicamente più sviluppato, sono poche le persone che accettano come un glorioso destino il fatto di vedere tornare i propri figli in una bara avvolta dalla bandiera. Meglio quindi mandare al fronte dei robot, la eventuale distruzione dei quali non farà piangere o andare in piazza nessuno.

Infine, un ultimo importante punto è che gli stessi soldati, nati e cresciuti nella cultura occidentale moderna, stanno diventando inaffidabili perché psicologicamente inadatti a vivere situazioni di guerra: nel 2011 a oltre 100.000 militari americani sono stati prescritti antidepressivi, antipsicotici e farmaci contro l’ansietà, con un aumento di otto volte rispetto al 2005, ed è anche aumentato il numero dei suicidi, che nel 2012 ha raggiunto il numero di 350 fra i militari in servizio, più dei 300 militari morti in combattimento nello stesso anno.

Da http://www.repubblica.it/images/2010/08/31/201745207-54a3b763-ba37-4562-998d-ff0bdc410807.jpg
Da http://www.repubblica.it/images/2010/08/31/201745207-54a3b763-ba37-4562-998d-ff0bdc410807.jpg

Tuttavia, molte autorevoli voci si sono levate contro lo sviluppo e il dispiegamento delle armi autonome.

Lo Human Right Watch, una delle più influenti organizzazioni internazionali per i diritti umani, ha lanciato un appello per la messa al bando delle armi autonome e molti scienziati attivi nel campo della ricerca sull’intelligenza artificiale lo hanno sottoscritto. Le stesse Nazioni Unite stanno organizzando colloqui internazionali per discutere l’opportunità di una regolamentazione o anche delle messa al bando di queste armi.

I problemi sollevati dagli oppositori all’uso dei robot killer sono di diversa natura.

A monte c’è un problema etico: è lecito dare ad una macchina il potere di vita e di morte su esseri umani?

In secondo luogo, per avanzata che sia la sua intelligenza artificiale, come si può garantire che una macchina sia effettivamente in grado di distinguere tra un atteggiamento offensivo e uno che non lo è? Come si può evitare che il robot uccida civili innocenti, solo perché sembra che siano armati e pericolosi? Come si può garantire che riconosca, anche in un nemico, l’intenzione di arrendersi? Questo problema, secondo chi si oppone a queste armi, le rende simili alle mine anti-uomo, ormai dichiarate illegali perché non sufficientemente selettive.

Inoltre, a differenza delle armi di distruzione di massa, le armi autonome sono relativamente economiche: se ne può quindi facilmente sviluppare un mercato nero, che le metta nelle mani di dittatori che non si fidano neppure dei propri militari, per reprimere ogni tentativo di opposizione. Oppure possono cadere in mano di terroristi, interessati solo a fare stragi.

Coloro che stanno sviluppando queste armi oppongono che comunque già ora la maggioranza delle vittime dei conflitti è costituita da civili e che anzi l’intelligenza artificiale è tanto sviluppata da permettere di ridurre questi “danni collaterali”, perché il robot non potrà uccidere degli innocenti solo perché preso dal panico o per sadismo o perché mosso da un odio viscerale per il popolo nemico.

A mio parere però c’è una soluzione più semplice, più sicura e anche molto più economica per risolvere questi problemi, come anche quello del crescente costo degli armamenti, dell’opinione pubblica avversa a vedere i propri giovani morire in guerra e a quello del disagio psicologico dei soldati: ripudiare la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali, come recita l’Articolo 11 della nostra Costituzione.

 Per saperne di più:

Vito Francesco Polcaro, scienziato dell’Istituto di Astrofisica e Planetologia spaziale (Istituto Nazionale di Astrofisica), e membro del Centro per l’astronomia e l’eredità culturale dell’Università di Ferrara