Nel 1978, anno del rapimento Moro da parte delle Brigate rosse, accompagnai il maestro Alberto Manzi, quello della trasmissione Rai Non è mai troppo tardi – Corso per adulti analfabeti, a un incontro di formazione con gli insegnanti di una scuola elementare e media di una cittadina nel Modenese. In una classe di quinta notammo un cartellone su cui erano disegnati i volti di Garibaldi, Cavour e Vittorio Emanuele II, sovrastati dalla scritta “La storia la fanno i grandi uomini”.

Al tempo ero già sicuro – e tuttora ne resto convinto – che quella frase non dicesse il vero o, almeno, lo dicesse solo in parte: la storia è il racconto dell’azione di molte persone, nonostante spesso nei resoconti non si parli di queste persone altre, quasi non fossero mai esistite.

ACS, Ministero dell’interno. Direzione generale di pubblica sicurezza. Divisione affari generali e riservati. Ufficio internati. Internati stranieri e spionaggio

Certo, ci vuole sempre qualcuno che “esca dal mucchio”, guidi e organizzi, ma i veri cambiamenti sociali e politici sono, per me, il prodotto della forza organizzata di molti e non di pochi. Dunque, tornando a quel cartellone e a quella frase, affermo, con convinzione, che la Storia la fanno – anche e soprattutto – le tante storie minime degli uomini e delle donne che si organizzano intorno a un’idea e la rendono viva nella pratica.

Volontari della Colonna italiana, i primi a combattere in difesa della Repubblica spagnola. La Colonna era stata fondata dall’anarchico Berneri, Carlo Rosselli e Mario Angeloni, repubblicano

Sebbene all’inizio sia stata una scelta di pochi, come nel caso degli 11 antifascisti che il 12 settembre 1943 in Piemonte salirono con Duccio Galiberti, prima alla Madonna del Colletto e poi al Paraloup, la lotta di Liberazione dal nazifascismo è stata vera lotta popolare, che ha via via coinvolto un numero sempre maggiore di resistenti – armati e non – di entrambi i sessi, di tutte le idee politiche democratiche, le fedi religiose e le provenienze.

Carlo Rosselli, il 3° da sinistra

A sostegno di questa visione, anche il libro di Igino Colonnelli Chi ha ucciso Zigomar?, e pubblicato nel luglio scorso dal Centro studi Don Enrico Pocognoni per la storia della Resistenza e la cultura del territorio di Braccano di Matelica, in provincia di Macerata.

In realtà, si tratta di un romanzo perché Colonnelli – insegnante di Lettere negli istituti superiori e direttore del Centro studi e del Museo della Resistenza di Matelica – pur non essendo uno storico di professione, ha spesso pubblicato volumi incentrati su eventi o personaggi del Novecento, dando sempre un ruolo di rilievo alla scrittura.

l repubblicano Mario Angeloni, comandante durante la guerra di Spagna, caduto in battaglia contro i franchisti nel 1936; e il filosofo anarchico Camillo Berneri

Per questo la storia (vera) che racconta nel suo lavoro più recente, con un taglio anche documentaristico, si iscrive a pieno titolo tra i romanzi storici.

Chi era Zigomar? In realtà si chiamava Fulgo “Fosco” Teofani (detto appunto Zigomar) era un combattente partigiano che nel settembre 1943 promuove a Matelica la formazione di un primo gruppo di partigiani.

Enrico Mattei

E c’è di più. Zigomar era anche guardia del corpo del comandante Enrico Mattei; lo stesso Enrico Mattei che, alla fine della guerra, fonderà l’Eni, ne diverrà presidente e morirà il 27 ottobre 1962 in un incidente aereo. Una vicenda che ancora oggi, a distanza di quasi sessant’anni, resta uno dei grandi misteri italiani. Forse è stato un attentato nel cielo sopra Bascapè (Pavia) come racconta anche il film del 1972  “Il caso Mattei” di Francesco Rosi.

Il romanzo di Colonnelli nelle sue oltre 800 pagine rievoca la storia di Zigomar, dalla sua infanzia fino alla scelta partigiana nelle Marche e alla sua fine tragica, passando per l’emigrazione giovanile, l’esperienza bellica nella Prima guerra mondiale e le peripezie personali derivanti dal suo antifascismo. Non si tratta però di una biografia, bensì di un vero e proprio racconto storico che fa luce su una realtà poco conosciuta da chi abita fuori dal territorio.

I campi di concentramento in Francia dove vennero reclusi i reduci della Guerra di Spagna

Emigrante a 16 anni nella Lorena francese, Teofani due anni dopo rientra in Italia per andare volontario in guerra, lo inquadrano nel 121° Reggimento di Fanteria che, con il 122°, forma la Brigata Macerata, decorata con una Medaglia d’Argento al Valor Militare addirittura dal re. Teofani, però, insofferente alla disciplina militare e alle vessazioni a cui molti soldati erano sottoposti, tenta di disertare. Catturato, viene condannato nel maggio del 1918 per rifiuto d’obbedienza e tentata diserzione a 22 anni di carcere dal Tribunale militare del XX Corpo d’Armata. Sarà così uno dei molti militari condannati per diserzione durante la Grande guerra, periodo nel quale sono stati celebrati 350mila processi per diserzione e pronunciate 170mila sentenze di condanna, di cui oltre 4mila a morte.

Confinati politici tradotti a Ventotene dai carabinieri

Teofani viene incarcerato nella fortezza militare di Priamar di Savona dalla quale però evade. Con la nascita e la successiva presa del potere del fascismo, Zigomar, schedato come comunista nel 1925, conoscerà i rigori del confino fascista di polizia, prima alle Isole Tremiti, poi a Ustica, dal 1926 al 1933, poi ancora a Bosco Salice di Pisticci e infine a Ventotene, per un totale di 17 anni.

Di fede anarchica, una volta liberato (nell’agosto del 1943) abbraccia gli ideali della Resistenza e si unisce al gruppo partigiano di Enrico Mattei, il rappresentante delle formazioni partigiane cattoliche presso il Comando Generale del Corpo Volontari della Libertà (CVL) divenendone la guardia del corpo. La vita avventurosa di Zigomar ha una fine tragica il 7 aprile del 1944, giorno in cui verrà ucciso, in località Santa Teresa di Matelica, di ritorno da una missione a Milano in cui aveva incontrato proprio Mattei.

Feltre Bartocci, 2° a sinistra, Renato Riccioni, il 1° da destra; a fianco la moglie Venanzina Gagliardi

Per la sua scelta partigiana e per la sua coerenza antifascista di cui dette prove ripetute, Teofani è da sempre un punto di riferimento ideale per la gente di Matelica e del territorio circostante, soprattutto per i giovani. Come lui, lo è un’altra figura della Resistenza del territorio, Don Enrico Pocognoni, il prete partigiano assassinato a Braccano, località di cui era il parroco, il 24 marzo del 1944, dopo essere stato torturato. Con lui vengono assassinati altri cinque uomini, di cui tre partigiani. La strage avviene durante una rappresaglia nazifascista condotta da un reparto militare tedesco, il Brandeburg, e dai fascisti del battaglione M “IX settembre” insieme a quelli della Gnr di Macerata. A uccidere Don Pocognomi e gli altri sono proprio i fascisti del “IX settembre”, al comando del tenente Giulio Grassano, che guiderà anche la rappresaglia e l’eccidio di Montalto di Cessapalombo, in provincia di Macerata, avvenuto sempre nel marzo 1944 e costato la vita a 31 vittime civili.

Don Enrico Pogognoni e i capi della Resistenza a Matelica (anpcnazionale.com)

Nella storia  raccontata da Colonnelli spiccano i due nomi dei protagonisti: Teofani e Mattei. Ma la loro storia non ci sarebbe stata se intorno a loro e con loro non avessero agito centinaia di altri personaggi, ognuno con la propria storia minima, persone umili che spesso restano sconosciute, ma senza l’azione delle quali la Storia – quella che si scrive con la S maiuscola – non si compirebbe, e la lotta di Liberazione dal nazifascismo non fa eccezione. Dunque, per tornare all’inizio di queste righe, la Storia non la fanno solo i cosiddetti “grandi uomini”, ma tutte quelle persone che decidono di non subire passivamente gli eventi e di mutarne il corso grazie alla loro azione organizzata. Anche questo ci racconta Igino Colonnelli nel romanzo sul partigiano Zigomar, lettura appassionante e utile. Dunque, vivamente consigliata.

Ugo Fanti, presidente Anpi sezione “Galliano Tabarini”, Aurelio Cavalleggeri, Roma

(tutte le immagini, ad eccezione di quella di don Pogognoni, sono tratte dal libro di Igino Colonnelli Chi ha ucciso Zigomar?)