Orlando Orlandi Posti fu uno dei tanti e (spesso) anonimi protagonisti della Resistenza, un “ragazzo nella Roma occupata dai nazisti”, lo definisce lo storico Camillo Brezzi, un giovane che lottò contro il regime che aveva fatto proprio della “giovinezza” il suo inno e la sua bandiera, scrive Alessandro Portelli, nell’introduzione al Diario di Orlando, “Roma ’44, lettere dal carcere di via Tasso di un ragazzo martire delle Fosse Ardeatine”. Studente all’istituto magistrale, attivo nell’associazione rivoluzionaria studentesca romana, fu arrestato il 3 febbraio 1944 “da un agente tedesco e una spia italiana”, rinchiuso nel carcere di via Tasso e fucilato il 24 marzo alle Fosse Ardeatine.

Nei trentanove foglietti scritti durante la prigionia e inviati alla madre, nascosti dentro la biancheria, Orlando, senza pose eroiche, svela la propria interiorità, l’intimo intreccio tra la propria vicenda personale e l’attività politica, sebbene quest’ultima appaia più che altro come sfondo, affiorando solo saltuariamente. Vicenda soggettiva, dunque, e collettiva al tempo stesso, comuni probabilmente a tante giovani vite spezzate dalla ferocia della guerra.

Orlando è un ragazzo capace di sacrificarsi per un ideale, “l’ideale è qualcosa che cerco” (pag. 10). Questo ideale non ha una dimensione individualistica, è un “bene collettivo”, fine ultimo di una lotta combattuta insieme a compagni con cui condivide entusiasmo, pericolo, rischio, e infine, l’aberrante esperienza della prigionia. Una prigionia che descrive minuziosamente dal momento della cattura, “oggi alle 14,30 in P. Sempione al negozio B. mi hanno arrestato un agente tedesco e una spia italiana”, fino all’epilogo più tragico. Quaranta giorni in cui, come in una danza, si alternano abbattimento morale e flebili speranze, carcerazione fatta di fame “la fame è arrivata a tal punto tale da farmi venire l’affanno”, di “un continuo stato d’inedia e torpore”, di torture fisiche subite dagli altri detenuti, ma anche in prima persona “la sera mi hanno picchiato per la (parola illeggibile) interrogazione e solo ricordando questa frase ho potuto resistere al sanguinoso flagello inflittomi.

Nel carcere di via Tasso “tomba dei vivi”, fatto di spazi opprimenti, insalubri, in cui i detenuti sono vittime inermi di percosse fisiche e violenze psicologiche che si susseguono senza tregua “queste lampade rimangono accese giorno e notte in continuazione, cosa da far impazzire, Orlando passa giornate fatte di inedia, di torpore, di “brutti presentimenti” e abissi morali, alternati a brevi momenti di conforto e, persino, a ore “di improvvisa ilarità” con i compagni di cella. Cella di cui Orlando fornisce una descrizione tanto minuziosa, quanto aberrante, “Una camera di 3 x 3 m. circa tappezzata di carta chiara, con finestra murata completamente in modo che non entri nessuno spiraglio di aria, sulla porta vi è un foro coperto a mo’ di spioncino”, dove, solo dieci giorni prima di essere portato a morire, festeggerà il suo 18° compleanno “l’alba del mio 18 anno di vita la ho passata in carcere morendo di fame”.

Nonostante attimi di profondo sconforto, Orlando cercherà di non abbandonarsi mai del tutto alla disperazione, “oggi mi sembra di impazzire, non riesco a fermare il pensiero in nessuna cosa perché i miei nervi non resistono più”, tenterà di intravedere sempre una speranza, sorretto da una fede intima in cui cerca conforto non solo per se stesso, ma per l’intera collettività a cui si sente accumunato da un desiderio di semplice e rassicurante quotidianità: “Signore iddio fa’ che presto finiscono le sofferenze umane che tutto il mondo sta attraversando, fa’ che tutti tornino alle loro case, fa’ che il lavoro ritorni in ogni dove e così torni la pace in ogni famiglia e tutto torni allo stato normale”. La reiterazione del verbo “tornare” in questa struggente preghiera ci consente di comprendere quanto la guerra e la prigionia avessero proiettato in una dimensione quasi irraggiungibile una normalità, fatta di pace, lavoro, casa per tutti che Orlando Posti augura non solo a sé stesso, ma all’umanità intera.

Ma nel diario, nei 39 foglietti a cui questa dimensione collettiva fa da sfondo, emerge progressivamente e sempre più chiara anche l’individualità di questo ragazzo che svela, prima timidamente e poi in maniera sempre più urgente, attraverso un lessico talvolta ricercato, le proprie fragilità e incertezze. Una sfera emotiva fatta di un groviglio incerto di sentimenti ed emozioni, un turbamento sentimentale che ha il proprio fulcro nell’amore totalizzante verso Marcella “la protagonista di tutti i miei sogni”.

Un amore che il giovane sembra scoprire quasi improvvisamente “sono sei anni che ci conosciamo e mai mi sono accorto di volerti tanto bene, di invocare la tua compagnia come adesso, solo ora che credo di essere diventato un po’ più serio mi sono accorto che tu per me sei tutto”; un sentimento che non è stato nemmeno ancora in grado di svelare, di dichiarare, che nasce e cresce nell’intima timidezza della sua età. Il suo è ancora un “sogno”, un pensiero vago, verso il quale prova, a volte, timore, il timore di non essere corrisposto “sento in questo momento dentro di me una voce che mi dice- perché ti illudi tanto, essa non ti vuole bene…”. Allo stesso tempo, tuttavia, questo amore è qualcosa di reale: Orlando lo cala in una precisa progettualità di vita “per raggiungere la meta bisogna prima pensare agli ostacoli che si possono incontrare per poi misurarli con la nostra volontà forza fisica e potenza intellettuale e così poi sorpassarli”, in un disegno meditato e pensato durante la dura prigionia “mi dispiacerebbe non poter realizzare i progetti che ho studiato e meditato attentamente in questi giorni”.

È il pensiero del futuro che lo sorregge, un futuro che, pur nella disperazione e nel “tedio”, squarciati dalle violenze di via Tasso, appare concreto, meditato, soppesato con un realismo che ci sorprende e che oggi appare impossibile da immaginare. “Sarebbero sei anni di studio intenso e di lavoro, 6 anni di duro sacrificio”, sei anni di impegno finalizzati a superare le differenze sociali esistenti tra i due fidanzati e a costruire una propria famiglia, immaginata sempre come parte integrante di una più ampia dimensione “comunitaria”. La stessa idea maturata di fare il medico, non è presa solo perché affine alle proprie intime inclinazioni “io amo l’indipendenza assoluta e perciò questa professione me ne dà la possibilità e “soddisferebbe la maggior parte dei miei desideri”, ma anche perché “mi sento spinto da un intimo altruismo a fare del bene a tutti gli esseri umani”. Un ragazzo che appare ai nostri occhi così lontano dagli adolescenti di oggi, eppure, allo stesso tempo, così simile nel suo turbinio di emozioni e nel tenero e quasi infantile attaccamento verso un’altra figura femminile che ricorre: la mamma “la prima notte di prigionia l’ho passata pensando a te mamma e a Lella mia”, e ancora “…ciao mamma, la più grande mammina che possa esistere”. Due donne accompagnano i duri giorni di via Tasso, accumunate, anche simbolicamente dalla stessa iniziale, come lo stesso Orlando scrive riproducendo i due nomi dentro una grande M.

Ricerca di una vita felicemente “normale”, dunque, da perseguire prima con la scelta e l’impegno politico, con la sopportazione della prigione poi “Perciò aspettare la grazia del buon Dio, cioè aspettare con pazienza, perché un giorno finirà”, in un’altalena di sofferenze e speranze che si spezza nell’ultimo foglietto, il 39, quando Orlando, ormai consapevole dell’epilogo che gli impedirà di realizzare i propri desideri, trova ancora la forza di rivolgersi a Marcella con una ferma dolcezza “Cara Marcella quando leggerai questa… io sarò nel mondo dove almeno troverò un po’ di pace”.

Dobbiamo solo a Orlando e al sacrificio di tanti altri giovani della Resistenza per i quali “quella vita normale” non arriverà mai, se, come scrive Alessandro Portelli, quei loro sogni normali – la pace, il lavoro, la casa per tutti – sono diventati “idea realizzata” per le generazioni successive.
Andrea Mulas, storico, autore di numerosi libri, ultimo sugli scaffali è “L’oro introvabile. Saverio Tutino e le vie della rivoluzione” 
Pubblicato domenica 2 Novembre 2025
Stampato il 02/11/2025 da Patria indipendente alla url https://www.patriaindipendente.it/terza-pagina/librarsi/i-trentanove-foglietti-nascosti-di-orlando-orlandi-posti-ragazzo-a-via-tasso-la-tomba-dei-vivi/





