Beppe Fenoglio ha raccontato con grande maestria, semplicità e partecipazione, la storia di Milton, giovane studente intellettuale, cultore della poesia inglese e in particolare del poeta da cui ha preso il nome di battaglia.

È un racconto che dipana una storia nella quale si mescolano le vicende della Resistenza nelle Langhe e la storia d’amore probabilmente non corrisposto tra Milton e Fulvia.

I fratelli Taviani nel film omonimo “Una questione privata” raccontano questa bellissima storia e cercano, probabilmente in buona fede, di rappresentare l’essenza della vicenda narrata da Beppe Fenoglio.

Purtroppo il risultato, lo dico con dispiacere, non è dei migliori: da un lato per la scarsa capacità degli attori di calarsi nei personaggi, dall’altro perché nella storia viene prevalentemente esaltato l’aspetto dell’infatuazione di Milton per Fulvia e del suo desiderio di avere una spiegazione da parte di Giorgio e se quest’ultimo abbia avuto o meno una vicenda d’amore con la donna dei suoi desideri.

È proprio qui che il film perde di quota, nella descrizione nevrotica e poco lucida dell’ansia di Milton di avere notizie, appunto sulla sua “questione privata”.

Dimentica il film, completamente, il contenuto più profondo del racconto: non descrive né rappresenta l’affresco dello sfondo della guerra partigiana, dei rapporti tra le persone, della solidarietà della popolazione, del dramma personale umano che tanti giovani hanno vissuto combattendo contro il fascismo.

La storia d’amore non risolta è uno spunto per narrare le vicende di tanti che nella guerra di Liberazione hanno perso la vita, compiuto atti di eroismo, di vigliaccheria, che hanno perso affetti e la giovinezza spesso spesa sulle montagne in una lotta spietata senza quartiere e crudele.

La mano di Fenoglio è leggera ma ferma, traccia i confini con una realtà complessa, ne racconta i dettagli.

Il film è grossolano, troppo incentrato solo ed esclusivamente sulla vicenda personale che non viene contestualizzata nel quadro storico, politico, umano e sociale dell’epoca.

Ma una cosa va detta: in questo momento di oscuro orientamento dove per mancanza di cultura, di coscienza, alcuni si richiamano ai valori del fascismo, come momento di esaltazione di un regime che tanti danni ha provocato al nostro Paese, prima di tutto una guerra civile, una voce che si leva magari non chiara e limpida, ma certamente in buona fede è importante e come tale deve essere apprezzata e accolta con favore al di là di quelle che possono essere le critiche svolte sul film.

 Emilio Ricci, avvocato, del Comitato Nazionale Anpi