DOCUMENTO DEL COMITATO NAZIONALE ANPI

Cenni sulla situazione internazionale

Viviamo in una fase di rapidissimi e spesso traumatici cambiamenti, che, in un orizzonte storico, vedono il progressivo declino dell’egemonia statunitense, la crescita tendenziale di altre potenze mondiali e regionali, come l’India, la Turchia, l’Arabia Saudita e, assieme, in questa fase politica, l’alleanza della Cina con la Federazione russa e il tentativo dell’attuale presidente Usa di incrinarla, creando un sia pur contraddittorio rapporto con la Russia di Putin. La recente assemblea dell’Organizzazione per Cooperazione di Shangai ha raccolto un composito fronte di Paesi, prevalentemente di quello che un tempo chiamavamo Terzo Mondo, ponendo le basi di un rafforzamento della pacifica cooperazione economica e commerciale con modalità e mezzi tali da mettere in discussione la supremazia statunitense.

L’Unione Europea, nelle torsioni politiche di tante decisioni dei suoi gruppi dirigenti, si sta da tempo dimostrando non all’altezza della sfida di questi cambiamenti, da un lato svolgendo un ruolo subalterno nei confronti della potenza americana, al punto fra l’altro di accettare un gigantesco trasferimento di risorse dal vecchio continente agli Stati Uniti in particolare nel settore degli armamenti e dell’energia, dall’altro caratterizzandosi per un bellicismo irrefrenabile e pericolosissimo.

In questo scenario, dalla Palestina all’Ucraina a decine di altri Paesi, la guerra ha di fatto sostituito la politica, e paradossalmente la politica è diventata la continuazione della guerra. E la guerra, quanto più si sviluppano le tecnologie belliche o dual use, tanto più colpisce i civili, come è già avvenuto durante la Prima ma specialmente durante la Seconda guerra mondiale, e come confermato oggi, per esempio, dall’uso dell’Intelligenza Artificiale e dei droni.

A più di tre anni dall’invasione dell’Ucraina, quando già avevamo segnalato un profondo rivolgimento mondiale che si presentava nella forma di una complessità da esplorare, ci troviamo davanti a un ulteriore e rapido cambiamento che mette in discussione le apparenti certezze conquistate con la sconfitta del nazifascismo dopo la Seconda guerra mondiale e nega l’universalità dei diritti umani.

La Palestina, l’Ucraina e l’impegno per la pace dell’ANPI

Lo straordinario successo della marcia Perugia Assisi per la pace e la fratellanza deve spronare tutti a un crescente impegno unitario per la pace e il disarmo, per fermare tutte le guerre in corso e ridare voce alla diplomazia. La cessazione di due anni di inauditi massacri a Gaza da parte delle forze armate israeliane è una eccezionale novità: a Gaza per ora è stato raggiunto un cessate il fuoco — sia pur interrotto ripetutamente — nonostante sia avvenuto in base a un accordo che sostanzialmente ha escluso i palestinesi.

Ma l’accordo è fragile e può trasformarsi in una tregua solo temporanea. Si è giunti al cessate il fuoco per l’isolamento internazionale di Israele che ha coinvolto anche gli Stati Uniti, grazie al movimento di protesta contro l’eccidio di Gaza in tutto il mondo, Italia compresa, per il ruolo di mediazione di numerosi Paesi arabi e islamici come la Turchia, il Qatar, l’Egitto e l’Indonesia, e il Vaticano, per il bombardamento israeliano del Qatar, alleato degli USA. È da segnalare inoltre il silenzio di Russia, Cina, Iran.

Il ruolo determinante degli USA non può cancellare la vera e propria apologia della guerra e l’autocelebrazione nel discorso del presidente Trump alla Knesset in una situazione di incertezza sul futuro di Gaza e della sua amministrazione. L’obiettivo oggi è operare affinché nella fragile pace si creino le condizioni per la formazione di uno Stato palestinese autonomo ed indipendente. E ciò richiede che ci sia un ruolo determinante delle Nazioni Unite come garante e responsabile della necessaria presenza di una forza multinazionale, per il mantenimento della pace a Gaza e per la progressiva liberazione della Cisgiordania.

Per queste ragioni, pur ritenendo una grande conquista il rilascio degli ostaggi israeliani e dei prigionieri politici palestinesi, il Comitato Nazionale ritiene molto grave che le autorità israeliane non abbiano accettato di liberare Marwan Barghouti; è opinione assai diffusa che Barghouti possa essere il più popolare leader palestinese in grado di rappresentare il popolo palestinese e di far compiere una svolta nella formazione di una nuova direzione politica e istituzionale in Palestina.

Dopo quello che è successo a Gaza una vera e propria riconciliazione sarà molto difficile e richiederà un lungo tempo. Però in questa prospettiva è necessario per tutte le parti che si compiano atti visibili di intesa, a partire proprio dalla liberazione di Marwan Barghouti detenuto in disumane condizioni carcerarie e sottoposto a umilianti vessazioni; perciò, sosteniamo con forza questo specifico obiettivo, con una campagna finalizzata alla sua liberazione.

Per queste ragioni l’ANPI, parte attiva del movimento per la pace, è impegnata nel sostegno di tutte le attività umanitarie, per la presenza dell’ONU e delle organizzazioni non governative, garanti della giusta ed equa distribuzione degli aiuti sanitari e umanitari, anche come importante contributo alla tenuta del cessate il fuoco fino alla reale pacificazione tra le parti, nella prospettiva dell’autodeterminazione del popolo palestinese, in uno scenario auspicabile di due popoli in due Stati in reciproca sicurezza.

La tragedia di Gaza ha determinato una rivolta morale su scala mondiale; per questo la Palestina è diventata simbolo della sofferenza dell’umanità e di conseguenza dell’urgenza di un radicale cambiamento. Né, peraltro, il cessate il fuoco determina di per sé la soluzione del problema palestinese.

È bene che il movimento popolare e in particolare giovanile, allarghi il suo orizzonte dalla tragedia di Gaza e della Palestina, che pure deve rimanere al centro del suo impegno, al tema del disarmo e del contrasto a tutte le guerre in corso. Questo è anche l’insegnamento della marcia Perugia Assisi, ove fra l’altro si è manifestata una straordinaria presenza del mondo cattolico, a conferma dell’importanza della più ampia partecipazione al movimento stesso.

Tale movimento appare come una grande risorsa per la democrazia italiana e può contribuire a restituire una speranza di futuro nel tempo buio che stiamo vivendo. Nella nostra autonomia, portatori della nostra storia e con la continua riaffermazione dei principi costituzionali, siamo e continueremo a essere presenti in questo movimento, avendone cura e occupandocene attivamente e in positivo, lavorando per la sua unità e per il suo carattere pacifico e di massa, condannando esplicitamente qualsiasi ricorso alla violenza e argomentando la critica radicale alle parole d’ordine e alle azioni sbagliate.

Dobbiamo operare affinché questo movimento si espanda in ogni direzione. Valga l’esempio di tanti intellettuali e artisti di ogni parte del mondo che si sono messi in gioco in nome della pace. Ci proponiamo fra l’altro, su proposta dei compagni siciliani, di assumere l’iniziativa per un Mediterraneo mare di pace e per una Sicilia — e più in generale un Mezzogiorno — ponte d’Europa, rinnovando la grande tradizione di lotte pacifiste in quelle terre. Nelle prossime settimane metteremo la questione a tema con le nostre strutture regionali interessate.

La tragedia di Gaza ha rappresentato una enormità, uno spartiacque, un confine invalicabile di civiltà e di umanità, al punto che la Commissione internazionale indipendente d’inchiesta delle Nazioni Unite sul Territorio palestinese occupato ha testualmente concluso che le autorità israeliane hanno commesso e stanno continuando a commettere genocidio. Dunque non si può paragonare a nessun conflitto di questo secolo, né l’avvio di un processo di pace, che può segnare un importante cambiamento di fase, può cancellare l’orrore di ciò che è avvenuto. Ma non possiamo per questo non vedere la drammatica situazione del conflitto tra Russia e Ucraina. Apprendiamo con sconcerto l’altalenante andamento dei rapporti fra Trump e Putin in merito alle prospettive di pace in Ucraina.

Ci auguriamo che il cessate il fuoco a Gaza possa aiutare il negoziato fra Russia e Ucraina. Ma bisogna prendere atto che anche dopo l’incontro in Alaska tra Trump e Putin non è sostanzialmente cambiato nulla, anzi è aumentata la potenza di fuoco delle forze armate russe in un più generale atteggiamento di rimozione di qualsiasi possibilità di negoziato e di trattative. Questo avviene a tre anni dall’invasione russa in una continua escalation dei bombardamenti e dopo il gravissimo attacco a un convoglio di aiuti umanitari delle Nazioni Unite.

A questo atteggiamento ha corrisposto un simmetrico atteggiamento da parte dell’Unione Europea e in particolare della Nato, con un riarmo di dimensioni mai viste in passato, l’avvio di una vera e propria economia di guerra, una continua riproposizione della logica del doppio standard, in una situazione di crescente tensione. Viviamo un clima di parossismo bellicista che può portare per un qualsiasi incidente a un’espansione della guerra in Europa e forse nel mondo.

Proprio il cessate il fuoco stabilito in Palestina deve spingere le forze più responsabili e le diplomazie a voltare finalmente pagina ovunque, da Mosca a Bruxelles, e a impegnarsi in una trattativa che consideri le ragioni di tutti e porti all’avvio di un vero processo di pace. Per questo motivo è necessario che il mondo della società civile, dell’associazionismo, del movimento sindacale, degli enti locali e delle istituzioni, faccia sentire sempre di più la propria voce non solo per l’avvio di un serio negoziato, ma anche per porre le basi di un progressivo disarmo bilanciato e controllato e di una conferenza internazionale di pace che garantisca la reciproca sicurezza.

Anche per questo ci incontreremo a dicembre con diversi europarlamentari italiani e i rappresentanti dei comitati consultivi europei, mettendo a tema non solo il nodo della pace e della guerra, ma anche le prospettive economiche e sociali dell’UE.

La situazione del nostro Paese e l’allarme per l’astensionismo

Da tempo assistiamo nel nostro Paese a una progressiva messa in discussione dei diritti e delle libertà democratiche, con uno sfilacciamento quotidiano, in un contesto internazionale che vede sempre più sotto scacco il diritto internazionale, lo stato di diritto e lo stato sociale, cioè i fondamenti della democrazia.

Si richiede in modo pervasivo di aderire al pensiero e a un’economia di guerra che di conseguenza sarà fattore di un ulteriore ridimensionamento del welfare in una situazione sociale già pesantissima per il tasso di povertà assoluta e relativa, per la condizione dei salari e delle pensioni che hanno perso valore mai recuperato per i picchi di inflazione degli anni scorsi, con l’effetto boomerang prodotto dalle sanzioni UE alla Federazione russa in particolare sull’approvvigionamento energetico, in assenza di qualsiasi politica industriale, se non quella finalizzata al rilancio della produzione bellica.

Per di più la mancanza di una visione strategica nell’utilizzo del PNRR ha rappresentato una grande opportunità persa per il nostro Paese. Per questo proprio ora sarebbe invece necessario che il governo favorisse la ripresa dello specifico ruolo dell’Italia nella divisione internazionale ed europea del lavoro, con particolare riferimento alla ricerca e sviluppo e alle nuove tecnologie.

Le giovani generazioni — ma non solo — vedono davanti a loro un futuro sempre più vuoto, soffrono di un male di vivere causato da un’organizzazione sociale ed economica, quella liberista, oramai palesemente fallimentare, portatrice di ulteriori diseguaglianze e generatrice di una visione del mondo nichilista e individualista. E proprio la larghissima partecipazione giovanile alle manifestazioni di queste settimane dà l’idea di una scoperta di comunità, di un ritrovato orizzonte di senso, di una acquisizione di valori fondamentali a cominciare da quello della persona umana e della sua dignità. C’è obiettivamente una allarmante distanza fra le dinamiche dei partiti e il sentire di larga parte della popolazione — lavoratrici e lavoratori dipendenti, media e piccola borghesia declassata — determinante nelle forme crescenti di astensionismo elettorale.

Tale complesso fenomeno mette in discussione di fatto il pieno esercizio della sovranità popolare e si è manifestato maggiormente sia nelle elezioni europee che più recentemente in quelle regionali, dove la molteplicità di leggi elettorali contraddittorie e palesemente incongrue moltiplica la reale rappresentanza e favorisce forme indirette di presidenzialismi senza alcun bilanciamento. Ciò rivela un drammatico contrasto con l’ispirazione originaria delle Regioni, nate per avvicinare gli eletti agli elettori e per consentire un’espansione della partecipazione popolare.

Ed è anche un drammatico avvertimento nella prospettiva della riforma del premierato. In generale l’elevatissima percentuale di astensioni rivela la diffusa percezione che il voto non cambia la propria condizione di vita e di lavoro; si vive cioè una scissione fra politica e società, come se la prima sia prerogativa e monopolio di pochi, esterni o indifferenti alle reali condizioni sociali. Per queste ragioni daremo vita a un convegno tematico sull’astensionismo presumibilmente a gennaio del 2026.

A una prima impressione la manovra economica si presenta largamente inadeguata, con oboli insignificanti ai salariati e ai pensionati, e furbesca perché sembra alludere a evitare la procedura d’infrazione per la gigantesca spesa militare, che è una spada di Damocle per il bilancio reale del nostro Paese per i prossimi anni anche in ragione della futura restituzione della parte a debito del PNRR.

Peraltro si avvicina il tempo del referendum costituzionale sulla separazione delle carriere, su cui occorre attrezzare l’intera associazione per una campagna che sarà difficile e complessa per la specificità del tema in oggetto, che comunque rinvia alla più generale questione della subordinazione del potere giurisdizionale a quello dell’esecutivo. Il 14 novembre svolgeremo a Roma un convegno nazionale sulla giustizia in cui si affronterà sia il tema della separazione delle carriere che il tema della legge sulla sicurezza. Le preoccupazioni per l’approvazione da parte del governo e della sua maggioranza parlamentare di norme che prefigurano derive autoritarie richiedono una grande unità sui principi costituzionali di rispetto della dignità di ogni persona umana, di pace e di giustizia sociale…

Non dimentichiamo che in questa complessa e pesante situazione abbiamo celebrato e stiamo celebrando l’80° della Liberazione, nel 2026 celebreremo l’anniversario della nascita della Repubblica e del voto alle donne e nel 2027 ricorderemo degnamente gli ottant’anni della nostra Costituzione. Siamo nel pieno di un impegno tanto faticoso quando fondamentale per difendere i fondamenti costituzionali e per contrastare i demoni della guerra. Sappiamo che l’intera Associazione saprà essere all’altezza della sfida del tempo che viviamo. Su queste basi intendiamo operare nelle prossime settimane e nei prossimi mesi, e a tal fine abbiamo promosso assemblee regionali dei comitati provinciali, nella prospettiva — a partire da questo documento — di una riflessione comune, di un orientamento e di una guida per l’azione.

Comitato nazionale ANPI, 24 ottobre 2025