Sabato 25 novembre 1944 a Cornalba la giornata era grigia e fredda, con una leggera pioggerella, ma la vista era buona. Da qualche giorno al Comando della brigata 24 Maggio, che aveva la propria sede nel centro abitato di Cornalba (il resto della formazione era stanziato nelle baite sul monte Alben che si raggiunge con un paio di ore di cammino lungo i due principali sentieri che lo collegano al paese), erano giunte alcune segnalazioni di possibili rastrellamenti nella zona. A queste “voci”, però, non era stato dato molto credito tanto che quella mattina tre partigiani, Giuseppe Biava, Barnaba Chiesa e Antonio Ferrari decidono di scendere a valle, per una missione di collegamento con il Comando provinciale, utilizzando la corriera di linea che giornalmente collega i paesi della Valle con il capoluogo di Bergamo.

Contemporaneamente da Bergamo sta salendo, in direzione Valle Serina, un’autocolonna di militi fascisti composta da due camion e un’autoblinda. Sono circa 60 uomini equipaggiati anche con armi pesanti (mitragliatrici e mortai). Fanno parte della 612ª compagnia Ordine pubblico (Op) di Bergamo. Li comanda il capitano Aldo Resimi, il fascista più odiato nella provincia di Bergamo, tristemente noto per le torture, le sevizie e gli eccidi di partigiani e civili compiuti non solo nella bergamasca. Nelle sentenze della Corte d’assise straordinaria istituita dopo la Liberazione, la 612ª compagnia Op viene definita come la “famigerata, abominevole ‘banda Resmini’, l’obbrobrio e la vergogna della provincia di Bergamo”.

All’altezza di Rosolo, contrada che si trova a pochi chilometri da Serina (allora Cornalba era una frazione di Serina), l’autocolonna fascista incontra le due corriere che stanno scendendo verso Bergamo. Giuseppe Biava e Barnaba Chiesa vengono subito riconosciuti e immediatamente giustiziati sul posto. Il terzo partigiano, Antonio Ferrari, appena accortosi della presenza dei rastrellatori, tenta di fuggire ma viene colpito a morte dal fuoco dei militi fascisti.

Compiuta questa prima strage la colonna fascista riprende la marcia verso Cornalba dividendosi in due gruppi: il primo, con gli automezzi, prosegue per Serina per poi raggiungere Cornalba mentre l’altro, a piedi, sale lungo la mulattiera che porta a Passoni (oggi frazione di Cornalba). L’obiettivo dei fascisti è chiaro: chiudere tutte le vie di fuga dal paese di Cornalba con una manovra a tenaglia.

Il primo gruppo, giunto a Serina, effettua un breve rastrellamento durante il quale cattura un giovane del paese, Lorenzo Carrara, mentre cerca di fuggire. L’altro reparto che si muove a piedi lungo la mulattiera, dopo aver fermato e fatto prigioniero a Passoni un giovane del posto, Giovanni Bianchi, raggiunte le prime case dell’abitato di Cornalba piazza almeno due mortai e lancia un bengala. È il segnale convenuto per l’inizio dell’attacco.

Nel frattempo l’autocolonna che ha seguito la carrozzabile è arrivata a Cornalba e qui sistema una prima mitragliatrice nel prato antistante la chiesa ed una ancora più micidiale sul campanile. L’anziano parroco, don Michele Paganelli, cerca di opporsi all’ingresso dei fascisti nella chiesa ma viene malmenato e costretto a lasciare libero il passaggio agli aggressori.

Ha inizio a questo punto un fuoco intensissimo nella direzione dei due sentieri che sui lati destro e sinistro del paese portano sul monte Alben e che in quel momento rappresentano le uniche vie di salvezza per i partigiani che si trovano in paese e per i giovani del posto (molti dei quali sono renitenti alla leva) che stanno fuggendo precipitosamente e disordinatamente.

Il sentiero di destra è sotto il fuoco, oltre che di armi leggere, dei mortai e proprio uno di questi colpisce a morte il comandante della formazione Giacomo Tiragallo “Ratti” e ferisce gravemente un giovane di Cornalba di appena 17 anni, Gino Cornetti (che verrà finito poco dopo con due colpi di pistola). Sul lato sinistro del paese la situazione è altrettanto disperata. Il sentiero è investito da una pioggia di proiettili delle mitragliatrici che falciano mortalmente, nel loro disperato tentativo di fuga, Giovanni Battista Mancuso, Piero Cornetti (diciottenne fratello di Gino) e Giuseppe Maffi.

Interno del monumento ai Caduti della brigata GL 24 maggio

A metà mattinata il paese è nel terrore: ci sono stalle che stanno bruciando, si susseguono perquisizioni nelle case, si minacciano stragi e distruzioni, un abitante del posto viene ferito ad una gamba perché sospettato di essere amico dei partigiani, la cabina elettrica è fatta saltare e i fascisti si accaniscono pure sull’ “asino dei partigiani” (utilizzato per portare materiali e viveri alle baite del monte Alben) che viene ammazzato nel centro del paese. Non lontano dal centro abitato, gli assalitori catturano il tenente Franco Cortinovis. Portato nella piazza centrale viene sommariamente interrogato, selvaggiamente picchiato e ucciso sul posto dallo stesso Resmini.

Alle ore 10,00 viene dato il cessate il fuoco. Ha inizio il rastrellamento nei prati, nei boschi e nelle cascine. Due giovani cornalbesi, Egidio Bianchi e Luigi Carrara, sono fermati e fatti prigionieri. Poco dopo cade nelle mani dei fascisti il tenente Callisto Sguazzi, “Peter”, che era giunto a Cornalba solo il giorno precedente (inviato dalla brigata Camozzi di Giustizia e libertà che operava nella vicina Valle Seriana). Riconosciuto come partigiano è immediatamente giustiziato sul posto da un tenente della Op con due colpi di pistola.

Alle ore 12,00 termina il rastrellamento. Nella piazza del paese ha luogo l’adunata dei militi fascisti. Chiusi nelle case, terrorizzati e angosciati, si trovano solo bambini, donne e anziani mentre i giovani e gli adulti sono tutti fuggiti. La colonna fascista rientra a Bergamo, senza contare alcuna perdita, con i quattro prigionieri che saranno sottoposti a torture e sevizie nella caserma della Op. Verranno poi rinchiusi nelle carceri di S. Agata e uno di loro, Lorenzo Carrara di diciannove anni, morirà due anni dopo causa le torture subite.

Appena una settimana dopo, il 1° dicembre, purtroppo sulla Valle Serina si abbatte un nuovo rastrellamento. Questa volta ad opera della Guardia Forestale di stanza a San Pellegrino Terme (un paese che dista circa 10 chilometri da Cornalba). Anche in questo caso i militi fascisti giungono sul luogo provenienti da due diverse direzioni. Il primo gruppo incrocia alcuni partigiani in una zona non molto distante da Serina. Ne nasce un breve conflitto a fuoco durante il quale viene ferito un fascista ma la reazione della Forestale provoca la morte del partigiano Celestino Gervasoni (i suoi compagni riescono a salvarsi).

Il secondo gruppo che sale da Serina, grazie anche alle indicazioni fornite da una spia (pure nel primo rastrellamento i fascisti avevano ottenuto preziose informazioni da un traditore), si dirigono sul monte Alben. Giunti alla baita denominata del “Cascinetto” i militi fascisti circondano e colgono di sorpresa cinque partigiani di guardia al magazzino della formazione. Restano uccisi il diciassettenne Mario Ghirlandetti e tre russi, Angelo, Carlo e Michele (dei quali non si è mai riusciti a risalire alla vera identità). Un quarto partigiano russo, Scialico, ferito, viene fatto prigioniero e portato a Serina dove, grazie all’aiuto di alcune persone del posto, verrà sottratto ai carcerieri, curato e nascosto fino alla Liberazione.

Cornalba, 25 aprile 1945

La brigata 24 Maggio è dispersa e allo sbando e rischia seriamente di disgregarsi. Il Comando di Giustizia e libertà decide, nel frattempo, di inviare dalla brigata Camozzi come nuovo comandante Fortunato Fasana “Renato”, uno dei più validi ufficiali di quella formazione che si era distinto per il suo coraggio e le sue indubbie capacità militari ed organizzative. Il nuovo comandante porta in salvo i pochi uomini rimasti con lui sui monti in alta Valle Brembana. Qui svernano in una baracca in condizioni metereologiche proibitive: la neve arriva fino a sei metri di altezza e si raggiungono i 20 gradi sottozero (ormai tutti i loro compagni li credevano morti). Verso i primi di febbraio la formazione torna in Valle Serina ma questa volta si stanzia nelle baite sopra Zorzone (frazione di Oltre il Colle, paese che dista qualche chilometro da Cornalba). La preparazione militare e organizzativa, nonché il carisma di Renato, porteranno la 24 Maggio a diventare in breve tempo una delle più organizzate e combattive formazioni partigiane di tutta la bergamasca e ad avere un ruolo di primo piano nella liberazione di Bergamo.

Le date del 25 novembre e del 1° dicembre 1944 hanno segnato indelebilmente la memoria e la coscienza non solo della comunità di Cornalba ma anche di tutta la Resistenza bergamasca. In ricordo dei 15 caduti partigiani l’Associazione Giustizia e Libertà fece costruire un monumento, accanto alla chiesa parrocchiale di Cornalba, nello stesso luogo dove subito dopo la Liberazione era stata posta una stele. L’opera fu inaugurata durante la commemorazione del 1959 alla presenza del sottosegretario alla giustizia senatore Spallino e di Piero Caleffi, giornalista e dirigente politico (che era stato internato a Mauthausen per la sua attività antifascista).

La commemorazione di Cornalba, che si tiene ogni anno normalmente l’ultima domenica di novembre, è ormai considerata unanimemente la più antica e costante fra tutte le manifestazioni partigiane della bergamasca. Non a caso nel corso degli anni sono intervenuti a questa cerimonia alcuni fra i nomi più prestigiosi della Resistenza Italiana. Basti qui ricordare quelli di Ferruccio Parri, di Riccardo Bauer, di Giulio Alonzi, di Arialdo Banfi, di Enzo Enriques Agnoletti e di tanti altri ancora. Non vanno poi dimenticati, per la loro continua presenza e per il supporto fornito all’organizzazione della manifestazione, Salvo Parigi, storico presidente dell’Anpi provinciale di Bergamo e Mario Invernicci, Commissario politico e Comandante della Divisione Orobica Giustizia e Libertà, Medaglia d’Argento al Valor Militare per l’attività svolta durante la Resistenza, presidente dell’Associazione Giustizia e Libertà, fra i fondatori dell’Istituto bergamasco per la storia della Resistenza e dell’età contemporanea (di cui è stato presidente fino al 1998) nonché presidente dell’Istituto lombardo per la storia del Movimento di Liberazione in Italia dal 1974 al 1999.

Ferruccio Parri a Cornalba nel 1952

Molto bella e suggestiva è la lettera (inedita fino ad ora) che Ferruccio Parri invia il 27 novembre 1959 (in occasione della inaugurazione del monumento ai caduti partigiani di Cornalba) a Mario Invernicci per scusarsi dell’impossibilità di partecipare alla cerimonia.

“Caro Mario, ho sempre vivo e caro il ricordo della giornata passata con voi anni or sono a Cornalba.

È difficile immaginare un luogo più suggestivo e solenne: la pace serena degli orizzonti lontani chiusi dal coro severo dei monti rasserena e quasi purifica il ricordo della lunga lotta, dello spasimo dei due inverni, della angoscia delle madri, ed il sacrificio dei giovani si sente nella sua purezza angusta ed immortale. Hai sentito giusto e fatto bene tu, caro Mario, a volere che sorgesse a Cornalba il monumento ai volontari bergamaschi della libertà e della giustizia e gli amici e compagni ti devono grande riconoscenza per la tua fedeltà esemplare e fattiva. Per questo mi rincresce di non essere domenica con voi. Posso dire – questa volta non è una frase fatta – che sarò con voi in spirito, perché le parole che vi dirà Piero Caleffi sono le stesse che avrei detto io, con lo stesso cuore di fedele compagno.

Un affettuoso abbraccio a tutti i bravi GL e a tutti i compagni della resistenza bergamasca. Vostro Ferruccio Parri”. [1]

Quest’anno la commemorazione di Cornalba, che cade nel 75° anniversario dell’eccidio, si è svolta domenica 24 novembre e come sempre, pur in presenza di un tempo inclemente, ha visto la partecipazione di moltissime persone provenienti da tutta la provincia. Per l’occasione sono state organizzate due particolari iniziative che si sono aggiunte al tradizionale programma della cerimonia in ricordo di quei tragici avvenimenti.

La prima ha riguardato la pubblicazione del libro “La mitraglia sul campanile. Storia e memoria: Cornalba 1944” (autore Bruno Bianchi, con la collaborazione di Marco Sorelli e Nicoletta Tiraboschi, Il filo di Arianna, Bergamo 2019). Il lavoro ripercorre quelle tragiche vicende attraverso una rigorosa e puntuale ricostruzione storica dei fatti all’interno della quale trova ampio spazio la memoria dei testimoni [2]. La seconda iniziativa si è svolta al cimitero di Serina, domenica 24 novembre, con l’inaugurazione di una lapide in ricordo di Lorenzo Carrara (il giovane di Serina che il 25 novembre 1944 venne catturato e fatto prigioniero dai militi fascisti di Resmini e che morì dopo due anni di grandi sofferenze per le pesanti torture e sevizie cui fu sottoposto).

Oggi Cornalba può essere considerata un luogo di educazione permanente in particolare per le giovani generazioni che spesso sembrano aver perso il senso della storia e dell’appartenenza a una comunità. Nel corso del tempo in questo piccolo paese della Valle Serina si sono sedimentati diversi “segni della memoria”. Oltre al monumento ai caduti partigiani, sono presenti numerosi elementi materiali o puramente simbolici come, ad esempio, lapidi, targhe, cippi, croci, intestazioni di nomi di vie e di piazze (c’è pure il sentiero partigiano “Martiri di Cornalba” che porta, con un itinerario ad anello, sul monte Alben). Tutte tracce che possono idealmente indicare un percorso dove la memoria diventa elemento essenziale di comprensione non solo del nostro presente ma anche per immaginare e intravedere le vie di un possibile futuro. Tanto più oggi che, causa l’inesorabilità dell’anagrafe, non è rimasto quasi più nessuno di quei protagonisti a testimoniare quella stagione così breve, drammatica ed entusiasmante, quale è stata al Resistenza, così fondamentale per la costruzione della vita democratica che ne è seguita.

Bruno Bianchi


[1] La lettera è conservata nel Fondo Mario Invernicci, b. 6, fasc. 22, Archivio Isrec Bergamo.

[2] Sulla ricostruzione dell’eccidio di Cornalba, come pure sul significato e sull’importanza delle commemorazioni che annualmente si tengono a Cornalba, sono stati pubblicati, oltre al già citato La mitraglia sul campanile. Storia e memoria: Cornalba 1944 alcuni altri lavori ai quali si rimanda per gli opportuni approfondimenti. In questa sede ci limitiamo a segnalare, fra gli altri, di Angelo Bendotti, Banditen, Il filo di Arianna, Bergamo 2015, di Bruno Bianchi, Cinquant’anni di memoria. Cornalba 1944-1994, Il filo di Arianna, Bergamo 1995, di Tarcisio Bottani, Giuseppe Giupponi e Felice Riceputi, La Resistenza in Valle Brembana e nelle zone limitrofe (quarta edizione), Corponove, Bergamo 2015 e infine di Serena Pesenti Gritti Palazzi, Le montagne di Oltre il Colle teatro della Resistenza, Corponove, Bergamo 2011.