Arrigo Boldrini

Arrigo Boldrini, leggendario comandante partigiano Bulow, Medaglia d’Oro al Valor Militare, Presidente dell’Anpi dalla fondazione fino al 2006. Pubblichiamo un suo articolo del 1960 in occasione dell’anniversario della Liberazione.

È un testo di particolare interesse perché viene pubblicato il 17 aprile, quando da circa un mese è al governo Ferdinando Tambroni. Il 4 aprile il governo chiede la fiducia e riceve i voti del Msi. Si apre una crisi che viene superata. Ma l’autorizzazione allo svolgimento del congresso nazionale del Msi a Genova provoca una grande risposta antifascista a fine giugno e nel luglio. Da ciò la reazione violentissima del governo: incidenti, morti e feriti in tutta Italia. Poco dopo Tambroni si dimette.

Vi sono delle date nella vita dei popoli che assumono un particolare significato perché rappresentano delle pietre miliari della storia.

Senza gli avvenimenti che quelle date riassumono, il progresso umano, la libertà individuale e collettiva, la coscienza civile di ognuno e di tutti, non avrebbero raggiunto le conquiste e il valore attuale.

Nel quadro dei cent’anni della nostra vita nazionale, man mano che passa il tempo, il 25 aprile assume il valore storico decisivo e determinante, perché rappresenta la data che chiude un’era di guerre, di tristissime vicende interne e ne apre un’altra, caratterizzata dalla ricerca spasmodica di una via democratica e dalla lotta per dare vita e corpo a uno Stato moderno.

Attorno a questa data è sempre viva la polemica perché vi sono coloro che vogliono ricordarla e quelli che vorrebbero offuscarne il valore per rimettere in discussione gli stessi ideali di democrazia e di libertà.

Del resto, le vicende di ogni giorno, la cronaca politica, le lotte, hanno un loro filo conduttore proprio perché sono strettamente collegate al problema storico aperto dall’insurrezione del 25 aprile 1945. Anche quest’anno, come purtroppo è avvenuto molte volte nel corso di questi quindici anni, il popolo si trova di fronte ad una situazione particolarmente grave, ad una profonda crisi politica che suscita le più larghe apprensioni. Da anni la Costituzione italiana è dimenticata, la corruzione dilaga, i grandi problemi vengono accantonati suscitando apprensione, malcontento in larghi strati dell’opinione pubblica. Da anni i governi che hanno diretto le sorti della nazione si rifiutano di accettare pienamente il valore storico e politico della lotta antifascista. Proprio in queste settimane i contrasti più acuti sono esplosi in modo nuovo, sconvolgente, preoccupante.

Una manifestazione nell’estate 1960

Per queste ragioni noi auspichiamo che le celebrazioni del 25 aprile, assumano un particolare valore e cioè non solo quello di ricordare le vittoriose battaglie della guerra dei venti mesi, di rendere il dovuto omaggio ai patrioti caduti, ma per scuotere dall’apatia, dall’indifferenza i cittadini, perché sappiano ritrovare la loro coscienza civile, la volontà e la forza per difendere la democrazia e i suoi istituti.

Nella ritrovata unità che si sta da tempo ricostituendo per opera dei partigiani, degli antifascisti, dei perseguitati politici, dei giovani più coscienti, dando vita al Consiglio Federale della Resistenza, è necessario che uno slancio particolare impegni tutti perché in ogni parte del territorio nazionale larghe masse di cittadini siano chiamate a riunirsi per affermare che la coscienza degli italiani, nonostante questi anni grigi e tormentosi, è profondamente legata ai grandi ideali della Resistenza che trovano la loro espressione più alta e solenne nella Costituzione italiana.

Nel ricordo della guerra di Liberazione, nella ricorrenza del primo centenario dell’Unita d’Italia, del 1860, l’anno delle grandi svolte e dell’epoca garibaldina, ognuno è chiamato ancora una volta a fare la propria scelta per assicurare un avvenire migliore alla nostra Patria.

Siano soprattutto i giovani in queste giornate così ricche di ricordi, a prendere in mano le bandiere vittoriose delle formazioni partigiane. La gioventù italiana non si lascia traviare dalle false ideologie, non si fa giocare dagli appelli gesuitici, non accetta di essere cloroformizzata dal conformismo ufficiale, ma come i picciotti, i giovanissimi del 1943-1945, vuol essere oggi sulla breccia, decisa a lottare per battere coloro che vogliono ostacolare, frenare con il doppio gioco, i sotterfugi, le blandizie, le provocazioni, la partecipazione attiva del popolo alla vita della Stato.

L’Italia che nella turbinosa vita dei suoi cent’anni ha sempre ritrovato se stessa anche nei momenti più cruciali, non può essere assente dalla scena mondiale in un momento in cui l’umanità intera ha fatto propri i grandi ideali che spinsero i patrioti di ogni tempo e di ogni nazione alle più ardite imprese.

In ogni parte del mondo, anche nelle langhe più solitarie, gli uomini di ogni razza e colore sono impegnati in un’ardua battaglia per conquistare il diritto alla vita. II continente africano è scosso dalle fondamenta per distruggere le forze coloniali, il razzismo truculento ed assassino. L’Italia non può restare una nazione codina e deve trovare il suo posto all’avanguardia delle forze del progresso, se non vuole rinunciare alla sua missione e tradire coloro che combatterono e morirono lasciando il più alto e nobile messaggio di fede e di speranza nell’avvenire del mondo.*

*(da Patria Indipendente del 17 aprile 1960)