Un mostro si aggira per l’Europa: un mostro conosciuto perché puzza di nazionalismo. Un mostro che puzza di odio e violenza. Un mostro che usa la paura. Quel mostro è il fascismo. Né vecchio né nuovo. Quello che è sempre stato lì. Quello dell’intolleranza, quello che vede la diversità come una minaccia.
Se c’è una cosa che l’Unione Europea ha nelle sue fondamenta politiche è il progetto nato per attenuare i nazionalismi, per frenare le brame insaziabili che portarono in Europa due guerre mondiali e a una moltitudine di conflitti minori, anche recentemente.
Un altro elemento che ha configurato la UE è la coscienza antifascista: la necessità storica, e politica, di sradicare il fascismo dalla prassi politica democratica. I fascismi (italiano e tedesco, ma anche spagnolo, croato, ungherese, rumeno…) che hanno portato l’Europa alla Shoah, all’eliminazione fisica dei dissidenti politici, delle differenze sessuali, delle minoranze e delle comunità considerate inferiori…
Per l’elaborazione di questo testo parto da una premessa iniziale di base: essere antifascista è la condicio sine qua non dell’essere un democratico. Un esame del quadro politico in Europa negli ultimi anni porta a una conclusione pericolosa: i movimenti, partiti o gruppi con atteggiamenti, ideologie o posizioni fasciste sono cresciuti esponenzialmente in tutta Europa.
Anche se in alcuni Paesi la presenza dell’estrema destra esisteva da tempo – più o meno sotto mentite spoglie – è nell’immenso sconforto e nella rottura del patto democratico, conseguenza della crisi finanziaria del 2008, che questi gruppi sono emersi. Sono le classi popolari che hanno sofferto di questa crisi, nonostante sia nata dalle disfunzioni capitaliste dei mercati finanziari, e si sia trasformata in una crisi occupazionale che ha colpito i lavoratori e sta aggravando le già grandi disuguaglianze.
I partiti di estrema destra cominciano ad articolare discorsi semplicistici per fingere di “dare soluzioni” a questi problemi senza fornire ragioni o argomenti, ma facendo appello alle emozioni, tra cui quella della nazione, l’identità, la patria, “noi” contro “loro”… e denunciando le presunte élite politiche e sindacali che “non si preoccupano” delle fasce più deboli della popolazione.
Se il bersaglio classico dell’estrema destra europea del dopoguerra sono stati gli stranieri, con un linguaggio nazional xenofobo e razzista – chiaramente anti-immigrazione – che permetteva loro di agire politicamente senza rivelarsi come fascisti ma semplicemente come “patrioti”, negli ultimi anni il campo d’attacco si è diversificato in quella che viene chiamata la “lotta contro il globalismo e la guerra culturale”, entrando così in un conflitto diretto con le idee democratiche in generale e quelle di sinistra in particolare, cercando di confutare i principi comuni e basilari della convivenza democratica che si credeva fossero assunti nelle società attuali, come l’uguaglianza tra uomini e donne, il pluralismo, il ruolo della società civile, la non discriminazione, il rispetto della differenza, la diversità come valore, ecc.
Questo ha portato a un ampliamento della portata degli attacchi: oltre ai migranti e alle comunità “divise per razze” (neri, arabi, zingari), e alle comunità religiose (musulmani, ebrei), i gruppi Lgtbq, femministe, ambientalisti: era solo questione di tempo prima che il movimento sindacale fosse preso di mira. Un po’ di memoria dovrebbe farci vedere che è proprio il movimento sindacale – soprattutto in Italia negli anni 20 e successivamente in tutta Europa – che affronta il fascismo: si può dire che è il suo “nemico naturale”, poiché il sindacalismo di classe sensibilizza e organizza i lavoratori e smonta la concezione “nazionale” del conflitto capitale/lavoro, distruggendo l’alibi nazionalista e, per derivazione, l’alibi fascista.
Il sindacalismo è soprattutto internazionalista e non riconosce frontiere o bandiere nella lotta per i diritti della classe. Nella realtà, il movimento sindacale europeo non è stato molto reattivo al risorgere dell’estrema destra: forse c’è stata qualche ingenuità iniziale e certamente la necessità immediatamente dopo di un grande lavoro per la perdita di attenzione ai valori e ai principi che dovrebbero guidare la nostra attività sindacale, che – senza dubbio – è anche politica.
In seguito all’evoluzione dei governi autoritari nell’UE e alla crescita dei partiti di estrema destra, stiamo assistendo alla loro riorganizzazione su scala continentale con l’emergere di strutture internazionali di aggregazione e coordinamento: per esempio, due gruppi del PE includono partiti chiaramente di estrema destra, Ecr (Gruppo europeo riformisti e conservatori) con 63 deputati e Id (Identità e democrazia) con 70, senza dimenticare che anche molti dei non iscritti possono essere inquadrati nell’estrema destra.
Vale la pena citare, a livello nazionale, l’esempio in Spagna di Vox, un partito insignificante, erede ideologico della dittatura franchista che – senza alcuno scrupolo – attacca le idee di uguaglianza sociale e di genere, mette in discussione le politiche educative egualitarie, rifiuta categoricamente l’immigrazione identificandola espressamente con la criminalità e l’insicurezza, rifiuta la convivenza interculturale e interreligiosa, mette in discussione e attacca l’attività sindacale di classe e persino l’Agenda 2030.
Tuttavia, ha avuto una crescita elettorale spettacolare in soli tre anni, fondamentalmente con la sua demagogia sulla questione dell’indipendenza catalana, sollevando un rancido nazionalismo spagnolo per affrontare il nazionalismo catalano.
Vox sta anche cercando, con scarso successo, di creare un sindacalismo patriottico o nazionale, con la costituzione di uno pseudo-sindacato chiamato Solidaridad che, per il momento, non ha rappresentanza né presenza, ma è indicativo del tentativo dell’estrema destra di entrare nella sfera del mondo del lavoro.
Contro tutto questo, una prima reazione sindacale su due linee è essenziale: una, su scala nazionale dove, credo, debba prevalere un’azione unitaria, per trovare criteri unitari e favorire e promuovere una cultura antifascista. L’attacco alla Cgil in Italia è servito da detonatore per stabilire una coscienza che, a un secondo livello, deve diffondersi in tutta Europa.
A tal fine, la Confederazione europea dei sindacati (CES) ha lanciato nel giugno 2021 un processo organico con una tabella di marcia che definisce un piano d’azione per il periodo settembre 2021-settembre 2022. La tabella di marcia si basa su 15 azioni chiave da intraprendere da parte della CES e delle organizzazioni affiliate e include il supporto del dipartimento Educazione dell’Istituto Sindacale Europeo. La priorità di questo piano è sviluppare una piattaforma per costruire la capacità sindacale di combattere l’estrema destra, sostenendo i sindacati affiliati per resistere a tutti i tentativi di divisione dei lavoratori, sia sul posto di lavoro sia in politica.
José Antonio Moreno Díaz, Comisiones Obreras Spagna, consigliere comitato Economico e Sociale Europeo, gruppo di lavoro CES sull’estremismo di destra
Insieme, costruiamo la solidarietà e il potere dei lavoratori.
Piattaforma della Confederazione Europea dei sindacati contro l’estrema destra
Azione 1: Governance al più alto livello (dibattito del comitato esecutivo della CES nel giugno 2022) e gruppo di contatto di tutti i paesi dell’UE per il coordinamento durante il periodo della tabella di marcia.
Azione 2: integrare la lotta contro l’estrema destra in tutte le organizzazioni sindacali.
Azione 3: Messa in rete e scambio di pratiche di formazione , con un archivio online di materiale sindacale, riunioni di coordinamento dei formatori sindacali.
Azione 4: Formazione specifica sulla comunicazione come mezzo per aiutare i sindacati a costruire una narrazione forte basata sui valori democratici per combattere l’estrema destra.
Azione 5: Formazione politica per articolare il nostro punto di vista nel contrastare l’estrema destra
Azione 6: Rafforzare la capacità dei sindacati di contrasto ai messaggi dell’estrema destra.
Azione 7: preparare una ricerca sull’opinione pubblica e contattare le organizzazioni e le istituzioni che studiano e/o contrastano l’estremismo di estrema destra.
Azione 8: Celebrare la storia del movimento sindacale e i suoi valori fondamentali.
Azione 9: monitorare l’influenza dell’estremismo di destra sul posto di lavoro con un sondaggio annuale.
Azione 10: Sviluppare strategie industriali per affrontare la crescita di narrazioni divisive sul posto di lavoro
Azione 11: Modello di accordo tra le parti sociali – La CES propone nel suo mandato per il futuro programma di lavoro del dialogo sociale delle parti sociali europee per il 2022-2024 di includere un punto sulla “risposta delle parti sociali all’ascesa dell’estrema destra”.
Azione 12: Costruire alleanze – con particolare attenzione alla costruzione di alleanze per contrastare l’estremismo di destra e chiedere la regolamentazione dei social media; contro i discorsi di odio, il bullismo e le molestie sulle piattaforme online.
Azione 13: Combattere l’estrema destra nel Parlamento europeo.
Azione 14: Salvaguardare lo stato di diritto e subordinare tutti i fondi dell’UE al rispetto dello stato di diritto.
Azione 15: Tenere le idee di estrema destra ed estremiste fuori dal nostro movimento, sondando i nostri affiliati nazionali e settoriali per identificare le norme e le pratiche che hanno adottato.
Pubblicato lunedì 10 Gennaio 2022
Stampato il 05/12/2024 da Patria indipendente alla url https://www.patriaindipendente.it/cittadinanza-attiva/siamo-antifascisti-perche-siamo-sindacalisti/