Per la prima volta nella storia dell’Anpi di Genova, siamo stati invitati dalla Scuola Germanica a un incontro sulle vicende della guerra di Liberazione nella nostra provincia.
Un incontro davvero particolare, per l’attenzione e l’atmosfera che si respirava, in una sala gremita di ragazzi, molto attenti e pieni di curiosità. Hanno posto delle domande non scontate o superficiali, frutto di una discussione preventiva fatta tra di loro in un momento dedicato. Ho la convinzione che tutto ciò sia anche merito del metodo didattico che si pratica e delle capacità di coinvolgimento di cui è dotato il corpo insegnante, molto di lingua madre, che mi ha colpito positivamente.
Come, d’altronde, sono stato veramente colpito dall’arredamento del salone che ci ha ospitati, perché sulla nostra testa campeggiava la scritta “Uno spirito forte, un cuore tenero”, il motto dell’organizzazione antinazista “la Rosa Bianca”, composta in gran parte da giovani che hanno pagato con la vita la loro scelta di battersi contro Hitler e il nazismo.
Con me, in quella mattinata che difficilmente finirà nel dimenticatoio, c’era Ezio Valerio, presidente dell’Anpi di Sestri Levante, ma più che altro giovane resistente di quei mesi così speciali e fondamentali per la rinascita del nostro Paese.
Domande, curiosità, attenzione, guardarsi negli occhi e cercare risposte alle difficoltà del presente, partendo dall’esperienza di un giovane di allora, forti di ideali che anche secondo questi ragazzi, non sono passati di moda e sono più che mai attuali.
Al termine del nostro incontro, quasi a chiudere in bellezza quella mattinata, ci è stato fatto omaggio di una rosa bianca, in ricordo di quei giovani tedeschi uccisi tanti anni fa. Rosa che Valerio si è impegnato a donare alla moglie, con la quale vive da 50 anni (è tedesca) e che io ho portato sotto l’immagine di un partigiano che mi è stato molto caro.
Nel lasciare la scuola ho avuto un breve scambio di idee con il preside e il corpo insegnante a cui ho fatto i complimenti per il grado di maturità che avevo riscontrato nelle ragazze e nei ragazzi. Il dirigente scolastico mi ha colpito in particolare con una frase: «Noi crediamo che sia nostro dovere fare i conti con la storia, ma non tutti lo hanno fatto».
Con molta delicatezza affermava una grande verità e mi ha fatto venire in mente quei Presidenti della Germania che hanno chiesto scusa, anche in ginocchio di quanto commesso da quel popolo nel secondo conflitto mondiale. Mentre noi, invece, avevamo “l’Armadio della vergogna”.
Ecco perché mi sono sentito di rispondere, diplomaticamente, «noi, in Italia, non sempre quei conti li abbiamo fatti».
Ho quindi chiesto al preside e ai ragazzi di farmi avere delle loro riflessioni sull’incontro, eccole:
«In occasione del progetto “Sehen was war (guarda cosa è stato)”, il compagno Valerio è venuto da noi alla Scuola Germanica di Genova per renderci partecipi di come ha vissuto gli anni della Resistenza.
Siamo nel 1944, ed Ezio Valerio (nome di battaglia Enzo) all’età di soli 15 anni si unisce con la sua famiglia a una brigata Garibaldi della zona tra la provincia di Genova e La Spezia ricoprendo il ruolo di staffetta. Ha il compito di portare viveri (quando ce ne sono) e messaggi e di accompagnare prigionieri, sfuggiti ai nazifascisti, attraverso le montagne. Tutto comincia come una fuga, una fuga dal fascismo, una fuga che lo segnerà e lo accompagnerà per tutta la vita. Da un giorno all’altro il giovane uomo si trova a dover lasciare la propria casa senza nulla se non le cose che indossa; il fascismo gli ha tolto tutto. Quello che però a distanza di anni più di tutto non può dimenticare è che gli sono state rubate la gioventù e l’infanzia, un prezzo che, però, dice di aver pagato volentieri in cambio della liberazione della sua Patria dalla tirannia e del primo incontro con la “donna” più importante della sua vita: la democrazia.
La Resistenza per Ezio inizia ben prima dell’adesione al partigianato. Le varie domande e i vari perché che frullano nella testa del giovanissimo Ezio tra i banchi di scuola sono infatti il seme antifascista nell’aria che si respira in casa di Valerio e che cresce indisturbato e fecondo. Si può quasi dire che Ezio sia nato partigiano.
Parlare in modo aperto e neutrale del nazifascismo e dell’esperienza partigiana avendoli vissuti in prima persona non è da tutti, ma Ezio, nonostante debba convivere con i fantasmi del suo passato e con gli incubi che lo perseguitano dalla fine della guerra, ci ha dimostrato che è possibile. Oggi il partigiano legge il libro “M. Il Figlio del Secolo” di Scurati, ha una moglie tedesca, guarda fiducioso a noi giovani e, al contrario di altri suoi colleghi partigiani, è profondamente convinto di non avere lottato invano.
«Mi raccomando studiate ragazzi – ci ha esortato – e state molto attenti perché a me hanno rubato l’adolescenza, ma voi state attenti a non farvi portare via il futuro. L’avvenire del nostro pianeta è nelle vostre mani e io credo che voi possiate ancora rimettere a posto le cose, purché non si torni indietro a quando la libertà non si dava per scontata”.
Ezio ci ha salutato con questo messaggio che è tra l’augurio, l’ordine e l’avvertimento, come un nonno che affida qualcosa di immenso valore ai suoi nipoti. Vago e indefinito, eppure così cristallino, il messaggio di questo partigiano ricorda le parole di Montale; “Codesto solo oggi possiamo dirti, ciò che non siamo, ciò che non vogliamo” (poesia Ossi di seppia)».
Credo che le loro riflessioni siano davvero piene di significato e abbiano insegnato qualcosa anche a me.
Massimo Bisca, presidente Comitato provinciale Anpi Genova
Pubblicato giovedì 31 Ottobre 2019
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