Durante gli ultimi otto mesi varie categorie di lavoratori del Regno Unito si sono mobilitati in una serie di vertenze, prendendo in contropiede la politica e specialmente i Conservatori, al governo da dodici anni. La portata e la durata delle proteste hanno spinto alcune testate di informazione a effettuare un paragone con l’Inverno del Malcontento, la stagione di scioperi a cavallo tra il 1978 e il 1979.

La situazione attuale è il risultato di oltre un decennio di politiche che hanno contribuito a peggiorare le condizioni salariali e di lavoro a milioni di persone.

Margaret Thatcher vinse le elezioni generali del 1979 e divenne Primo ministro

Giunti al governo nel 2010, i Conservatori e gli alleati Liberal-Democratici hanno posto sulle spalle dei lavoratori il costo della crisi economico-finanziaria tramite la cosiddetta austerità. Da allora i dipendenti pubblici hanno visto il susseguirsi di anni in cui gli scatti della paga sono stati contenuti entro l’1%, mentre i leggermente più sostanziosi aumenti nel settore privato sono stati accompagnati da un più frequente ricorso al precariato e da contratti part-time forzati. In tutto ciò, se da un lato i lavoratori hanno goduto di un’inflazione che non ha superato il 2%, dall’altro hanno dovuto far fronte a incrementi ben più pesanti per i trasporti, per le utenze domestiche e per gli affitti.

La risposta dei lavoratori e delle organizzazioni sindacali c’era sempre stata in quegli anni, ma è stata meno impattante per estensione e durata di ciò cui abbiamo assistito negli ultimi otto mesi. Il deterioramento dell’economia causato dalla cosiddetta Brexit, la pandemia e l’impennata dell’inflazione che ha superato il 10% annuo nel corso del 2022, hanno messo in luce le storture del modello economico abbracciato con più o meno entusiasmo da tutti i governi del Regno Unito negli ultimi quarantaquattro anni.

Lo sciopero dei minatori britannici del 1984-1985 per impedire la chiusura di 20 giacimenti carboniferi nel Regno Unito e il licenziamento di circa 20.000 minatori. Durò un anno intero, si registrarono due minatori morti e un totale di oltre 11mila arresti per “turbamento dell’ordine pubblico” e “interruzione della mobilità veicolare”

I primi a decretare l’astensione del lavoro nel giugno dello scorso anno sono stati i lavoratori delle ferrovie aderenti al sindacato RMT e gli avvocati penalisti, cui nel corso dei mesi sono seguiti vertenze e scioperi nella sanità, nella scuola, nelle università, negli altri ambiti del trasporto merci e passeggeri, nelle poste ed in un’altra decina di settori. Vista la natura restrittiva delle leggi in materia sindacale, gli scioperi si limitano a questioni come gli aumenti salariali o la revisione dei termini contrattuali, solitamente a svantaggio dei lavoratori. Di conseguenza è altamente improbabile vedere il Regno Unito paralizzato da scioperi massicci come quelli registrati in Francia recentemente.

Le ragioni del malcontento sono condivise da ampie fette della popolazione che affronta le medesime difficoltà economiche dei lavoratori in sciopero, come registrato da alcuni sondaggi condotti negli scorsi mesi. Il bisogno di superare i paradigmi egemoni dal 1979 e di rivedere le politiche economiche del Paese è diffuso ed era latente da anni, come confermato dal supporto dato da quasi tredici milioni di elettori al programma elettorale laburista nel 2017.

I sindacati sono stati in grado di recepire e dar voce a questo bisogno, ma i principali partiti ancora no; quando la politica non recepisce le istanze dei cittadini si possono aprire scenari pericolosi per la democrazia, occorre che le organizzazioni democratiche e antifasciste come la nostra vigilino.

Simone Rossi, Anpi Londra