Adalberto Erani, autore di questo articolo, se ne è andato lo scorso settembre. Collaboratore di Patria, era un giornalista sensibile e attento anche alle nuove forme di comunicazione, preoccupandosi di coinvolgere soprattutto le giovani generazioni nel far conoscere la storia e la memoria democratica. Questo scritto del 2020 è parzialmente inedito: lo aveva riservato al giornale dell’Anpi nazionale, ampliando un testo pubblicato da una testata locale. Lo proponiamo ai lettori anche per ricordare la dolorosa scomparsa di una figura impegnata ad affermare, nell’esercizio del mestiere, i valori della Costituzione

 

Il 9 novembre 1944 Forlì è libera. Secondo la vulgata storica, i primi a entrare in città furono gli Alleati del battaglione scozzese della 4a Divisione britannica, e in tanti ricordano ancora l’immagine del loro ingresso da viale Roma (vicino alla statua di Icaro) mentre l’8ª Brigata Garibaldi, per ordine del comando britannico, era stata bloccata a Meldola, distante circa 13 chilometri.

Però vorrei raccontare una narrazione diversa, come la ricordano alcuni partigiani, fra i quali Giovanni Nanni (dell’8ª Brigata Garibaldi) o Giuseppe Zanetti, “Pasaròt” del 29° Gap “Gastone Sozzi” che nel libro Il percorso della mia vita sostiene che i gruppi di azione patriottica e altre formazioni furono convocati a Forlì. A supporto della testimonianza, ricordo che all’Istituto storico della Resistenza è conservata una mappa con i luoghi del centro abitato dove erano concentrati i partigiani: nel seminterrato dell’ospedale Morgagni, oggi Università; in via Regnoli; via Vittorio Veneto; via delle Torri.

I partigiani iniziano a prepararsi all’azione. Ma non sempre le situazioni sono semplici. Ad esempio, Sergio Flamigni, commissario politico del 29ª Gap, mentre si trova in casa di Gallio Rossi (in via Giorgio Regnoli) cerca di caricare le armi (poche, ecco uno dei problemi), e si accorge che le munizioni portate da Luigi Ravaioli (armiere dei garibaldini alla Cà Rossa) sono inadatte. Così, nella notte del primo novembre, in tre (con un sacco di munizioni, al momento poco meno che inutile) si avventurano in città. L’unico armato è Pino Maroni “Pirò”. In corso della Repubblica, all’altezza della ex Becchi, vengono intercettati da una pattuglia fascista: Pirò getta contro i militi repubblichini il sacco di munizioni, poi spara per mettere in salvo gli altri due, rimanendo ferito nel conflitto a fuoco. Verrà torturato e ucciso, come ricorda una lapide in sua memoria. Toccherà a Irma Vasumini “Liliana” andare a capire cosa sia successo.

La torre civica di Forlì distrutta (forlitoday.it)

La sera successiva, è il 2 del mese, una trentina di partigiani vanno a procurarsi le pallottole giuste dal gruppo in attesa vicino alla camera mortuaria dove c’era anche Umberto Fusaroli, comandante di distaccamento del 29ª Gap. Poi il 7 novembre, Giordano Ravaioli, recatosi a Meldola (dove era ferma la Brigata Garibaldi), riceve l’ordine di liberare Forlì direttamente da Ilario Tabarri “Pietro”, il comandante dell’8ª Brigata Garibaldi Romagna. Va sottolineato che fra la brigata e i gruppi partigiani che si trovavano all’interno della città il collegamento era tenuto da Luciano Lama che si rapportava con Giulio Garoia, il vicecomandante del 29ª Gap (Piròn) e con Flamigni.

La liberazione di Forlì: uno scatto a porta Schiavonia (forlitoday.it)

L’8 novembre 1944 iniziano le azioni per la Liberazione di Forlì, priorità è l’aeroporto. Secondo Nanni, c’era anche Bruno Vailati (Capo di Stato Maggiore della Brigata). E arriviamo al 9, ma ci sono alcuni “intoppi”: un il carro armato in piazza Morgagni, una sparatoria in via dei Mille e, il peggiore, una mitraglia tedesca in via Pelacano. Interessanti le testimonianze dei partigiani che ricordano come da piazza Saffi si mossero su corso Mazzini, suscitando l’entusiasmo degli abitanti. Ecco dunque il significato di una frase sulla bocca dei partigiani in quelle ore, divenuta poi famosa a Forlì e che mi è stata riferita più persone: “Vai a chiamare gli inglesi”.

Un’immagine della liberazione di Forlì (Facebook)

Gli alleati erano attestati al fiume Ronco, ma vollero entrare in città oltre che da viale Roma (come documentato le foto storiche) anche da corso Diaz. E quando arrivarono in piazza Saffi, trovarono già i partigiani e un sindaco, Franco Agosto, da loro nominato. Tabarri infatti, oltre a volere che la Liberazione di Forlì fosse compiuta dai partigiani, voleva evitare che a scegliere il primo cittadino fossero gli Alleati, perché l’esperienza di altre situazioni aveva dimostrato come a volte avessero indicato personalità poco gradite. Inoltre in piazza c’erano Romolo Landi (commissario politico) e il tenente Guido Gardini (comandante di piazza).

A ulteriore testimonianza di quanto affermato, ecco le parole lasciate da Iader Miserocchi nel libro Mi chiamo Iader (Il Ponte Vecchio, giugno 2019): “Gli alleati entrarono a Forlì il 9 novembre, trovando la città già in mano ai partigiani che avevano organizzato un’insurrezione guidata da Luciano Lama”. E Sergio Flamigni e Luciano Marzocchi nel volume Resistenza in Romagna, (La Pietra, 1969), scrivono: “Durante la notte (8 novembre 1944, ndr) i Gap attaccarono i tedeschi in ritirata: scontri si ebbero in via Diaz, Pelacano, Gorizia e viale Filippo Corridoni, dove venne bloccata una colonna di carriaggi, che i Gap attaccarono con bombe a mano e armi automatiche, infliggendo notevoli perdite. Il mattino del 9 novembre, i patrioti occuparono la questura di Forlì, dove trassero in arresto una trentina di agenti; il municipio, dove si insediò il Comando di piazza; il palazzo della prefettura e i più importanti edifici pubblici. Nel pomeriggio i carri armati alleati entrarono in città”.

Forlì, i funerali di 40 caduti (Archivio fotografico Anpi nazionale)

Concludo con Pasaròt: “La Brigata (l’8ª Garibaldi, n.d.r.) era arrivata al campo di aviazione, arrivò l’ordine di rientrare tutti a Meldola (….). Alla mattina del 9 di novembre, quando i tedeschi fecero saltare il ponte sul Montone, allora venne l’ordine di occupare Forlì e siamo usciti. Sembrava non ci fosse nessuno nel centro di Forlì, e invece quanta gente c’era che venne fuori a salutare alle finestre e ai balconi… E così, sono arrivati gli inglesi che Forlì era già occupata dai partigiani”.

Adalberto Erani

Vogliamo lasciarvi con una bellissima immagine: il primo a sinistra è il comandante Ilario Tabarri con il basco spagnolo che indossava sempre dopo essere andato a combattere in Spagna nel 1936