Rosario Bentivegna, “Paolo”
Rosario Bentivegna, “Paolo”

Il tema della storia e della memoria pubblica della vicenda dei Gruppi d’Azione Patriottica (GAP) durante i nove mesi di occupazione nazifascista di Roma ha, da sempre, rappresentato un perno della ricostruzione della storia della Resistenza nella capitale d’Italia.

Al termine di un progetto avviato nel 2008 con il versamento da parte di Rosario Bentivegna (comandante «Paolo» del GAP «Pisacane») delle sue carte personali, oggi presso l’Archivio Storico del Senato della Repubblica sono conservati, riordinati, digitalizzati e disponibili al pubblico tutti i materiali documentali appartenenti a Carla Capponi «Elena», Mario Fiorentini «Giovanni», Lucia Ottobrini «Maria», Maria Teresa Regard «Piera» e Franco Calamandrei «Cola».

Il volume autobiografico di Carla Capponi, “Elena”
Il volume autobiografico di Carla Capponi, “Elena”

I sei archivi personali dei componenti dei GAP di Roma ricompongono e portano a sintesi, dunque, l’identità memoriale e la misura documentale della ricostruzione storica ridisponendo, di fronte a chi consulti le carte, quel rapporto non sempre lineare e tuttavia organico tra il «vissuto individuale» e la dimensione complessa e collettiva della storia e dei suoi processi.

Proprio la misura coincidente tra le sfere della storia e della memoria rappresenta il tratto distintivo di questi peculiari archivi che rendono possibile l’individuazione e l’interpretazione di alcune chiavi di lettura centrali nella storia dei GAP romani: dall’estrazione sociale e culturale di diversi tra i suoi principali dirigenti ai processi formativi e politici che concorsero alla «scelta» della lotta armata contro il nazifascismo; dal ruolo centrale delle donne combattenti alla «atipica» dimensione popolare di una guerriglia urbana clandestina che, nonostante le regole della compartimentazione, trovò una misura di rapporto «popolare» in molti quartieri, specie della periferia, delle otto zone in cui venne divisa Roma dalla Giunta Militare del Comitato di Liberazione Nazionale composta da Giorgio Amendola (Pci), Sandro Pertini (Psiup), Riccardo Bauer (Pd’A), Giuseppe Spataro (Dc), Manlio Brosio (Pli).

Lucia Ottobrini «Maria» e Mario Fiorentini «Giovanni»
Lucia Ottobrini «Maria» e Mario Fiorentini «Giovanni»

Collocati all’interno del quadro storico di riferimento – ovvero la seconda guerra mondiale, il collasso dello Stato monarchico dell’8 settembre 1943 e l’occupazione nazista – i documenti rendono leggibile la natura materiale e la conformazione storica del gappismo romano individuandone le specificità, il portato valoriale, le contraddizioni, le carenze e le significanze politiche di rottura rispetto all’eredità del disimpegno pubblico, di matrice fascista, e all’istanza «attendista» presente in componenti non secondarie dello stesso fronte antifascista.

In questo modo attraverso carte processuali (ampiamente presenti nel fondo Bentivegna in relazione all’azione di guerra di Via Rasella); interviste rilasciate nel corso degli anni ed in diversi contesti storico-politici (durante la Guerra Fredda e poi dopo la caduta del muro di Berlino); memorie scritte e documenti personali (di particolare interesse le carte relative alle Missioni Alleate effettuate da Fiorentini con l’Office Strategic Service statunitense); fotografie, articoli, saggi, documentazioni ufficiali e di partito dell’immediato dopoguerra e carte relative al vissuto successivo all’esperienza resistenziale (in particolare nei fondi Calamandrei-Regard ed in quello Capponi a proposito della sua attività in Parlamento in due legislature ed in Consiglio comunale di Roma) si delineano profili complessi di figure della Resistenza che determinarono con la loro azione politico-militare anche una rottura storica tra il regime di Mussolini e quella generazione di ventenni che, nata e cresciuta sotto la dittatura fascista, fu pronta a battersi contro di essa.

gappisti roma con MARISA MUSU
Un gruppo di gappisti romani. Dall’alto e da sinistra: Alfredo Reichlin, Tullio Pietrocola, Giulio Cortini, Laura Garroni, Maria Teresa Regard, Franco Calamandrei, Valentino Gerratana, Duilio Grigioni, Marisa Musu. Sotto, accovacciati: Arminio Savioli, Francesco Curreli, Franco Albanese, Carla Capponi, Rosario Bentivegna, Carlo Salinari, Ernesto Borghesi, Raoul Falcioni. Seduti, davanti al gruppo: Fernando Vitagliano e Franco Ferri. Sdraiato a terra: Pasquale Balsamo

I compiti conferiti alle squadre GAP furono: a) indebolire il potenziale bellico tedesco attraverso attacchi militari diretti; b) impedire l’utilizzo di Roma come transito delle colonne naziste e dei rifornimenti verso il nord-Italia; c) minare il morale delle truppe d’occupazione attraverso attacchi militari; d) organizzare piccoli nuclei gappisti in grado di mettere fuori combattimento importanti reparti militari nazisti; e) attaccare militi e ufficiali fascisti; f) creare le condizioni potenziali per una possibile insurrezione della città in appoggio alle truppe Alleate.

Nelle carte degli archivi gappisti vengono ricostruite date, numero e modalità delle azioni di guerra realizzate durante i nove mesi di occupazione nonché le strutture operative e l’organigramma militare disposto nelle otto zone. Tuttavia ad emergere è anche il portato personale di un vissuto clandestino e durissimo, fatto di difficoltà materiali, crisi di coscienza rispetto alla necessità di uccidere il nemico e malgrado ciò di convinzione e responsabilità verso i destini di un Paese che si voleva libero, democratico e socialmente emancipato dopo il ventennio della dittatura.

I GAP a Roma, pur nell’esiguità del numero, nell’asprezza della clandestinità e nelle gravi difficoltà operative, riuscirono ad incarnare in maniera piena e organica l’espressione di questa dimensione complessiva. Combattere il nemico nazista senza tregua e senza esclusione di colpi significò delegittimarne il potere e l’ordine «pacificato» imposto alla città.

Una lapide alle Fosse Ardeatine
Una lapide alle Fosse Ardeatine

Un ordine pubblico che nei nove mesi di occupazione produsse, menzionando soltanto alcuni dei fatti più noti, il rastrellamento di 2.500 carabinieri il 7 ottobre 1943; quello di 1.022 ebrei il 16 ottobre 1943; le fucilazioni di Forte Bravetta; l’istituzione delle camere di tortura in via Tasso, alla pensione Jaccarino e alla pensione Oltremare; la strage delle Fosse Ardeatine il 24 marzo 1944; il rastrellamento del Quadraro il 17 aprile; la strage della Storta il 4 giugno.

Il rilievo pubblico che la costruzione di un archivio dei membri dei GAP assume risiede anche, in ultima istanza, nella possibilità di verificare da un lato l’infondatezza e l’inconsistenza storica e dialettica delle vulgate antipartigiane finalizzate alla contestazione di legittimità delle azioni di guerra della Resistenza e dall’altro la distanza esistente tra la lettura e la riflessione che i componenti dei GAP fecero della loro drammatica esperienza e la retorica celebrativa (l’altra faccia dell’uso politico della storia) della Lotta di Liberazione che spesso ha rappresentato un elemento fuorviante e finanche distorsivo di quel particolarissimo contesto storico entro cui si manifestò.

I fondi documentali conservati presso l’Archivio Storico del Senato della Repubblica costituiscono perciò (oltre che un pieno riconoscimento istituzionale alle figure delle partigiane e dei partigiani di Roma) un’occasione di conoscenza, consapevolezza e presa di coscienza di cosa fu la scelta antifascista e di cosa rappresentò, nel suo seno, la particolare e durissima esperienza dei Gruppi d’Azione Patriottica.

Da Sette mesi di guerriglia urbana – La Resistenza dei GAP a Roma, di Mario Fiorentini (a cura di Massimo Sestili), Odradek, pag. 122-123:

 

“Fare il gappista è stata un’esperienza dura. […] la descrizione che Lucia [Ottobrini] fa della vita dei GAP è unica. Quell’andare in giro tutto il giorno per studiare le azioni e cercare dove dormire la notte; dovevamo cambiare rifugio continuamente. […] e poi Rosario Bentivegna, Sasà, oltre ad essere stato un grande combattente nei sette mesi di guerriglia urbana nella vita è stato un grande uomo, come medico si è preso cura degli altri. Purtroppo ha dovuto sopportare tutto il peso di via Rasella anche se quel giorno eravamo circa venti gappisti e l’azione l’avevo ideata io. Ma le persone non ragionano, non pensano, non sanno. […]

Carla [Capponi] è stata la donna più coraggiosa che io abbia mai conosciuto. Era sempre pronta e disponibile ad attaccare. […] Sia Carla che Lucia hanno combattuto nell’inverno del ’43-’44 anche con la febbre alta. Uscivano con me e Sasà sotto la pioggia ed erano malate. E la sera si coricavano su una tavola.

Questa è stata la nostra storia di gappisti. Forse tra cinquanta anni ci condanneranno pure, perché magari verrà fuori l’idea che una guerra è sempre sbagliata, che uccidere una persona è sempre sbagliato. Però in quel momento siamo stati noi a decidere. Su questo non ci piove”.

Davide Conti, Curatore per l’Archivio Storico del Senato della Repubblica del riordino dei fondi «Rosario Bentivegna»; «Carla Capponi»; «Mario Fiorentini-Lucia Ottobrini»