Guido Rossa era un sindacalista e un operaio dell’Italsider di Genova. Inerme, fu assassinato a colpi di pistola il 24 gennaio 1979 da esponenti delle Brigate Rosse. Guido Rossa era uno di noi, non solo perché antifascista, ma anche perché contrastò in ogni modo in quegli anni la follia omicida della lotta armata. E, come si scrisse allora, “la condanna dell’Anpi è totale, ma totale è anche il suo impegno a dare il proprio contributo alla lotta al terrore”.

È giusto ricordare, in occasione dell’anniversario di quell’omicidio, la lunghissima scia di sangue delle bande terroristiche, la cui azione più clamorosa, il sequestro e l’assassinio di Aldo Moro, cambiò la storia d’Italia. In peggio.

Si sarebbe conclusa anni dopo una lunga stagione iniziata con una impressionante sequenza di stragi nere, da Piazza Fontana, il 12 dicembre 1969, in poi. Molta parte di quella storia è ancora oscura, avvolta nelle nebbie di depistaggi, servizi segreti di mezzo mondo (a cominciare dai servizi italiani), trame nere.

Rimane, inesorabile, il dato di fatto: la straordinaria stagione di conquiste sociali, civili e culturali avviatasi alla fine degli anni 60 fu contrastata in ogni modo e con ogni mezzo da chi osteggiava un’Italia libera, democratica, progressiva in cui davvero la Repubblica rimuovesse gli ostacoli che impediscono l’eguaglianza dei cittadini.