Il 3 novembre 2017 il Comitato Nazionale dell’Anpi eleggeva all’unanimità Carla Nespolo all’incarico più alto. Erano due prime volte. La prima volta di un non partigiano. La prima volta di una donna. Carla Nespolo succedeva a Carlo Smuraglia, eletto nella stessa circostanza Presidente Emerito e protagonista di una importantissima stagione dell’associazione, caratterizzata sia dall’apertura ai non partigiani, e perciò all’afflusso di nuove generazioni, sia dall’impegno referendario conclusosi il 4 dicembre 2016. Un anno di presidenza, dunque, nel pieno di profondissimi e rapidissimi cambiamenti dell’assetto politico e sociale del Paese.
Carla Nespolo, Presidente nazionale dell’Anpi esattamente da un anno…
Naturalmente la vita dell’Anpi non è stata per me una completa novità, poiché dal 2006 sono membro del Comitato Nazionale ed ho comunque partecipato da molti anni alla vita dell’associazione, sia a livello provinciale che nazionale. Certo, lo sguardo del Presidente è più ravvicinato per quanto riguarda la situazione in tutto il Paese e devo dire che la nostra associazione è solida, ben presente su tutto il territorio nazionale e ricca d’idee e di iniziative, sia per quanto riguarda la conservazione e trasmissione della memoria, che per quanto riguarda il rispetto e l’attuazione della Costituzione.
Tutto questo va a merito della tante persone, donne e uomini, che ogni giorno, con totale disinteresse e passione, s’impegnano a vivere e a far vivere i nostri valori antifascisti. Le volontarie e i volontari dell’Anpi: un patrimonio prezioso di moralità, conoscenza e passione civile, che fa bene non solo all’Anpi, ma alla stessa la democrazia del nostro Paese. Essere la loro Presidente per me è un onore.
Mi guida, nel mio quotidiano impegno, l’insegnamento dei precedenti, straordinari presidenti partigiani: Boldrini, Casali, Ricci e Smuraglia. Con quest’ultimo, attuale Presidente Emerito dell’Anpi, ho un dialogo ed un confronto quasi quotidiano. Egli è, per tutti noi, una presenza sicura e costante. Il mio ufficio è quello che era un tempo del tanto rimpianto vice presidente vicario Luciano Guerzoni. Non dimentico mai che, se oggi l’Anpi può vantare una presenza in tutte le province italiane, molto è merito suo e anche a lui va il mio pensiero grato.
Forse può sembrare rituale ciò che dico, ma chi mi conosce sa che dico la verità. Non mi sarei mai sentita di accettare questo importante incarico di prima presidente non partigiana, se non avessi saputo di poter contare su di un gruppo dirigente nazionale capace, unito e di alta moralità. A loro tutti va la mia personale gratitudine. Alle donne ed agli uomini del nostro piccolo ma efficientissimo staff tecnico, un “grazie” quotidiano, per la pazienza con cui mi supportano.
Un altro momento di vero orgoglio e gioia è la presenza, nei nostri gruppi dirigenti, di tante donne. Lo riconosco, a volte esagero, ma quando le incontro, nei miei numerosi viaggi in Italia, sono le prime che incontro e che abbraccio. Per solidarietà di genere, certamente, ma anche perché sono spesso le figlie e le nipoti di quelle partigiane che tanto hanno dato alla causa della Resistenza e tanto poco hanno ricevuto.
Hai trovato nell’Anpi criticità? E quali?
Fai bene a pormi questa domanda. Non saremmo umani, se non avessimo problemi, generali e specifici.
La nostra prima preoccupazione è quella di far capire a tutti che l’Anpi non è e mai diventerà un partito politico. Lo dico con molto rispetto per la forma partito, ma il nostro compito è un altro. È quello che ci hanno insegnato i partigiani: costruire la più ampia unità tra tutti coloro che credono nei valori dell’antifascismo e della Costituzione; ed essere un pungolo ed una sentinella nei confronti di tutti coloro che vogliono stravolgere o annullare il ruolo delle istituzioni democratiche nel nostro Paese. E oggi sono tanti.
A volte le criticità sono anche di natura locale. Ma siamo saggi abbastanza per risolverle con il dialogo ed il rispetto reciproco. In alcuni rarissimi casi esse si sono trasformate anche in polemiche pubbliche. Su questo punto mi sento di essere inflessibile. E non per l’antico detto che “i panni si lavano in famiglia” ma perché le polemiche sono sterili, mentre il dialogo e il confronto sono sempre proficui. E le nostre porte sono sempre aperte all’ascolto, come dirò.
Ti trovi al timone in un momento di tempesta. Che fare?
Sì, davvero una tempesta. Da un lato ha preso piede nel nostro Paese una forte adesione alla politica di estrema destra, mentre si moltiplicano le iniziative esplicitamente neofasciste. Analoghi fenomeni stanno avvenendo su scala europea, per cui, a ragione, qualcuno ha parlato di una vera e propria “tempesta culturale” che sta cambiando il punto di vista di milioni di persone nell’intero occidente ed anche oltre, basti pensare al recente voto che ha consegnato la presidenza del Brasile ad una persona francamente impresentabile. Dall’altro assistiamo in Italia alla tumultuosa crescita di un movimento unitario ampio, diffuso ed eterogeneo, di contrasto contro ogni fascismo e razzismo e per la difesa e l’attuazione della Costituzione. Siamo perciò davanti ad una situazione davvero nuova, perché il consenso ai populismi – in particolare a quello di estrema destra – non è mai stato così forte nella storia del Paese. Ma è nuova anche perché, per la prima volta dal dopoguerra, il grande movimento democratico che è in pieno sviluppo non ha un chiaro riferimento, una sponda, nella politica.
Da ciò derivano molte conseguenze: la prima è mantenere alto il profilo unitario della nostra azione; la seconda è, ove possibile, rafforzare le iniziative di protesta ma dar vita anche ad iniziative di proposta, nel limiti delle competenze e delle possibilità di un’associazione o di una rete di associazioni; la terza è quella di svolgere una funzione di stimolo alla forma più efficace e più larga di unità, e cioè l’unità popolare. Penso all’emigrazione; l’attuale governo sta operando perché cresca il contrasto fra i poveri (gli italiani in miseria o emarginati) e i più poveri (tanti migranti). Io mi chiedo e chiedo cosa possiamo fare invece per unire, per creare solidarietà, comunanza di interessi, comune sentire. Penso per esempio alla sicurezza: col decreto Salvini aumenteranno i clandestini e vi sarà perciò meno sicurezza, e cioè esattamente il contrario di ciò che promette il ministro; la via dell’integrazione è la vera e unica via per rendere più sicura la vita quotidiana nel nostro Paese. Possiamo, per esempio, provare a unire su questo terreno? Ma poi penso anche ai temi del lavoro, ancora per esempio, o del welfare, o dei diritti e delle conquiste delle donne. Questi sono temi su cui siamo impegnati a costruire nel Paese una grande mobilitazione unitaria.
Se in astratto tu avessi la possibilità di parlare a quattr’occhi con ciascuna e ciascuno degli iscritti oggi, cosa diresti?
Francamente in primo luogo lo ascolterei, come ho già detto. Credo che l’ascolto debba essere la più importante dote ed anche il primo dovere di un gruppo dirigente. Non si tratta solo di una questione di rispetto; si tratta di capire la realtà nel suo farsi vita quotidiana. E chi me lo può dire meglio se non un giovane, una donna, un disoccupato, un pensionato iscritto all’Anpi? Poi penso che gli direi cos’è a mio avviso l’Anpi oggi. Non è solo una comunità numerosissima per numero di iscritti e presenza sul territorio. È anche una straordinaria e particolare comunità nata dai partigiani, che si ispira ai loro valori – i valori della Resistenza – che mai come oggi, dalla nascita dell’Anpi, sono messi in discussione, violati e traditi: penso all’eguaglianza, alla solidarietà, all’eguale dignità, ai diritti, alla libertà reale. Quando proponiamo il nostro felicissimo slogan “l’umanità al potere” intendiamo proprio questo: un modello di società che non prefiguriamo ideologicamente, perché non è il nostro compito, ma che esigiamo si fondi su quei valori e che perciò ponga al centro la vita delle persone di oggi e di domani, a partire dalle storie delle vite di ieri, e cioè dalla memoria. Ecco perché l’Anpi non è solo una comunità grande. È anche una grande comunità.
Possiamo dire francamente: l’Anpi è bellissima?
Sì, diciamolo insieme, e incarniamo queste parole in una grande e ricca campagna di tesseramento 2019. In questi tempi di iper personalizzazione della politica, la nostra pratica di lavoro collettivo – lo dico con orgoglio ma senza presunzione – l’Anpi può essere un esempio per tanti. Nei primi anni di scuola tutti abbiamo studiato i pronomi personali. Ricordi? Singolare: io, tu, egli-ella; plurale: noi, voi, essi-esse. Ecco, l’Anpi è bellissima anche perché di questi pronomi ne declina uno solo: noi.
Pubblicato venerdì 16 Novembre 2018
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