L’ombra di una persona. È quanto restò sulle scale della filiale della Sumitomo Bank Company di Hiroshima nel 1945

Hiroshima 1945, bombe 1, morti 120.000. Qualche giorno dopo, Nagasaki, 1 bomba, morti 80.000. E feriti, nel corpo e soprattutto nell’anima. Non solo in Giappone ma ovunque ci fossero “tutti quelli che senton coscienza”, come diceva una tristissima canzone contro la guerra. E decenni di esperimenti, di esplosioni di prova sotto terra, sott’acqua, nei deserti, in atmosfera, tonnellate di radionuclidi che si sono depositati nella terra, nelle piante, nel mare, nei nostri corpi. E condanne, manifestazioni, per far crescere il tabù della guerra nucleare. Un meraviglioso film di Kubrick, Il dottor Stranamore, che dovrebbe essere obbligatorio nei programmi scolastici: proponiamolo noi, con la autonomia scolastica, mentre Valditara si gingilla con il voto di condotta e Giuli con le guerre puniche.

Un fotogramma dal film di Stanley Kubrick “Il dottor Stranamore – Ovvero: come ho imparato a non preoccuparmi e ad amare la bomba”

Oggi. 80 anni dopo, le bombe sono diventate 12.000, in mano a Usa, Russia, Cina, Francia, Regno Unito, Corea del nord, India, Pakistan. Di Israele si sa, ma non lo dice né lo dicono i suoi garanti e protettori che l’hanno aiutato a realizzarla. E non pochi altri che ci stanno lavorando o la preparano o almeno la desiderano anche perché hanno le risorse per realizzarle.

Oggi. Se ne parla tutti i giorni, il tabù è rotto e superato nelle parole e anche in tanti atti: aggressione a Stati sovrani, guerre quasi secolari condotte in modo criminale, schieramento di armamenti. Tutta la discussione e le decisioni in materia di politica internazionale e di difesa (difesa?) ruotano intorno alla bomba: chi ce l’ha, chi la vuole, chi farebbe di tutto – compreso indebitare il proprio Paese oltre ogni limite – pur di avere “l’ombrello atomico”. Ma avete mai sentito parlare della pioggia nucleare? E sapete che non esiste ombrello? E che nell’arma nucleare è insito il carattere di arma offensiva e non difensiva, perché nessuno mai farebbe diventare radioattivo il proprio Paese e dunque l’unico uso possibile è contro l’avversario, in via preventiva? E che teoria di difesa sarebbe quella della “difesa avanzata” o della “difesa preventiva”?

Un ombrello atomico protettivo non esiste (Imagoeconomica, Marco Cremonesi)

Invece: pagine dei giornali, servizi televisivi di rievocazione, meste riflessioni sull’Ottantesimo, deprecazioni… e tonnellate di immancabile retorica.

Cambiare passo e cambiare strada.

In blu le zone libere da armi nucleari, in rosso gli Stati con armi nucleari (Russia, USA, Francia, Cina, Regno Unito, Israele, Pakistan, India, Corea del Nord), in arancio i Paesi della Nato che aderiscono alla Condivisione nucleare (Belgio, Germania, Italia, Paesi Bassi, Turchia e Bielorussia), in giallo gli aderenti al Trattato di Non Proliferazione

È matura la necessità di affermare un punto di vista radicalmente diverso, rompere gli schemi nei quali siamo tutti adagiati e attardati. Tutti, sì, tutti, chi vuole il riarmo e parla di ombrello, chi condanna l’imperialismo e chi riduce tutto ad amici e nemici – i propri, di solito, pressoché sempre innocenti i primi e mai degni di considerazione i secondi, come se la sicurezza non sia una dimensione collettiva in cui tutti devono potersi riconoscere. E la pace – nobile aspirazione, indispensabile condizione – discende da un sistema di sicurezza collettiva e non il contrario, che è il modo certo e sostanziale di ripudiare la guerra.

(Imagoeconomica, Carlo Carino by Ai Mid)

È maturo il momento che venga lanciata una grande campagna – italiana e non poniamoci limiti – per il rifiuto dell’uso delle armi nucleari, per la riduzione e lo smantellamento bilanciato e concordato su scala globale, sulla ripresa e il rafforzamento delle istituzioni di controllo.

(Imagoeconomica, Andrea Panegrossi)

E poi ci vogliono atti che segnino la discontinuità, atti di reazione e di disobbedienza verso questa atmosfera pesante, che non trova risorse per la povertà o per l’istruzione ma le trova per le armi, che è terrorizzata dall’allontanarsi degli Usa dall’Europa e vede l’ombrello svanire ma non pensa che sta cambiando lo schema che ha retto (bene per 45 anni, sempre peggio nei successivi 35) l’equilibrio del mondo e che quindi è questo che va cambiato. Ogni Paese trovi, se lo vuole, una sua forma di discontinuità.

Vogliamo una distruzione totale come a Hiroshima e Nagasaki di tutto il pianeta?

L’Italia potrebbe opporsi all’uso delle basi e dei depositi nucleari posizionati (terra, aria, mare) nel nostro spazio fisico e istituzionale. Alla campagna per l’obiettivo generale si può affiancare un obiettivo specifico, forti della nostra Costituzione e del suo art. 11, per affermare un mezzo pacifico di risoluzione delle controversie internazionali, un ordinamento che assicuri la pace e la giustizia fra le nazioni e le organizzazioni internazionali rivolte a tale scopo.

Presenza atomica in Italia

E dato che siamo figli del nostro tempo, abbiamo anche testimonial e inno. L’immagine di Reagan e Gorbaciov a Reykjavik che mettono le basi al processo di disarmo e le parole di Francesco Guccini: la prima per dire che si può fare, la seconda per conoscere il rischio se non ce la si fa.

Il vertice di Reykjavík fu un bilaterale tenutosi nella capitale islandese nell’ottobre del 1986 tra il Presidente degli Stati Uniti Ronald Reagan e il Segretario generale del PCUS Michail Gorbačëv nel 1986

Vedremo soltanto una sfera di fuoco
Più grande del sole, più vasta del mondo
Nemmeno un grido risuonerà
E catene di monti coperte di neve
Saranno confine a foreste di abeti
Mai mano d’uomo le toccherà

E solo il silenzio come un sudario si stenderà
Fra il cielo e la terra per mille secoli almeno
Ma noi non ci saremo, noi non ci saremo

E il vento d’estate che viene dal mare
Intonerà un canto fra mille rovine
Fra le macerie delle città

Fra case e palazzi, che lento il tempo sgretolerà
Fra macchine e strade risorgerà il mondo nuovo
Ma noi non ci saremo, noi non ci saremo

E dai boschi e dal mare ritorna la vita
E ancora la terra sarà popolata
Fra notti e giorni, il sole farà le mille stagioni
E ancora il mondo percorrerà
Gli spazi di sempre
Per mille secoli almeno

Ma noi non ci saremo
Noi non ci saremo
Noi non ci saremo
Noi non ci saremo.

Alessandro Pollio Salimbeni, vicepresidente nazionale Anpi