È partita in tutta Italia la raccolta di firme a sostegno dell’appello dal titolo “Mai più fascismi” rivolto a tutte le istituzioni democratiche. L’iniziativa è promossa dall’Anpi nazionale assieme a tante altre organizzazioni partigiane, politiche, sociali e del tempo libero. Si tratta di un impegno grande che si concluderà ragionevolmente verso la fine di maggio. Per questa campagna l’intera struttura dell’Anpi, come peraltro quelle di tutti i promotori dell’appello, si mobilita e si impegnerà in ogni forma tradizionale o “nuova”, dal territorio al mondo del web. Tale impegno è stato “consacrato” nella recentissima riunione nazionale unitaria che si è dimostrata bella ed utile, perché ricca di condivisioni, suggerimenti e suggestioni.

Ma andiamo per ordine, a cominciare dalla ragione dell’appello, con cui si prende atto che oggi le organizzazioni neofasciste e neonaziste non sono più – ammesso che lo siano mai state in passato – un fenomeno residuale, nostalgico, ma rappresentano un pericolo, una minaccia reale per la democrazia. A conferma di questa verità si parla nell’appello del quadro europeo, nel quale in diverse situazioni forze oscurantiste, nazifasciste, nazionaliste o xenofobe sono in alcuni casi addirittura al governo del Paese, o elette nei parlamenti nazionali, con significative e molteplici ripercussioni sull’Unione Europea e con rischi pesanti sul cambiamento della sua stessa natura.

Nell’appello si invoca in primo luogo “una risposta umana a tali idee disumane”. Ma cosa si intende per “umano”? Che è proprio dell’uomo, in quanto – dice il vocabolario Treccani – “membro dell’intera umanità”. L’aggettivo “umano”, in questa accezione, contiene un’idea di vicinanza, prossimità, meglio ancora fratellanza, che deriva dall’essere individui della stessa specie, accomunati dalle stesse uniche caratteristiche: l’intelligenza, e quindi il fare creativo, e la coscienza del limite di ciascuno. Ed infine proprio nella Costituzione, all’articolo 2, dopo aver affermato che “La Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell’uomo”, si parla esplicitamente dell’“adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà”. E il disumano? La storia e la vita ci insegnano che ad esso corrispondono le organizzazioni naziste e fasciste il cui “pensiero” si ispira sempre all’ostilità verso l’altro (per questo la violenza fa parte del loro dna), alla negazione del suo diritto e persino della sua legittimità. Se si vede in controluce, è la caratteristica di ogni razzismo e la misura della sua radicale disumanità.

Ma l’appello non si ferma qui, perché propone di promuovere “una nuova stagione di giustizia sociale”. E questo non solo perché un Paese senza giustizia sociale è un Paese infelice, ma anche perché è nell’ingiustizia, nel degrado e nel rancore da ciò derivato che oggi prolifica il batterio del fascismo.

Ecco l’invito affinché lo Stato manifesti appieno la sua natura antifascista impegnandosi sul terreno della formazione, della memoria, della conoscenza e dell’attuazione della Costituzione e, assieme, il richiamo alle proprie responsabilità di “tutti i livelli delle istituzioni”, affinché si attui (finalmente) la XII disposizione costituzionale che vieta la riorganizzazione del partito fascista e si mettano in pratica le due leggi di attuazione, la legge Scelba e la legge Mancino. Non solo: si esortano le autorità ad escludere dalle competizioni elettorali le liste che si richiamano al nazifascismo e di sciogliere le organizzazioni di questa natura.

Perché un appello unitario e perché una raccolta di firme? Non nascondiamoci che l’appello unitario in quanto tale è un evento in controtendenza rispetto alle divisioni che oramai da decenni caratterizzano l’intera scena politica e sociale del Paese ed alla crisi della politica come dimensione lontana dalla vita. La controprova di questa perenne disaggregazione, di questo costante disagio per tale lontananza è data dalla disaffezione al voto. Dunque l’unità antifascista può essere l’avvio (solo l’avvio) di una grande riforma che (ri)metta al centro dell’interesse pubblico la persona e l’impegno civile.

Va notato infatti che i promotori dell’appello sono, assieme a tante associazioni partigiane, formazioni politiche, sindacali e sociali. L’appello dev’essere sostenuto da una grande – grandissima – raccolta di firme. Chiamiamola col suo nome: una raccolta popolare. L’obiettivo è di far sì che si ricostituisca un rapporto virtuoso fra popolo e organizzazioni di vario genere, e cioè che si spezzi, o quanto meno si metta in discussione, quella solitudine sociale che caratterizza in negativo il nostro tempo. A questo fine nella riunione del 18 gennaio si è posto con grande forza il tema di territorializzare l’unità, cioè di far sì che ovunque sorgano comitati a promozione e sottoscrizione dell’appello, formati da tutte le forze che in esso si riconoscono. È lusinghiero il fatto che tutti abbiano sostenuto l’opportunità che l’Anpi – in questo caso prevalentemente le strutture provinciali e di zona – sia garante e capofila di tale unità.

Il che vuol dire che l’Anpi deve guardare oltre, se vogliamo fare di questa battaglia una grande e importantissima sfida nazionale e popolare. Che vuol dire guardare oltre? Vuol dire far sì che a Roma o sui territori si aggiungano agli attuali firmatari altri firmatari, senza alcuna preclusione, perché l’antifascismo è un valore trasversale alle specifiche convinzioni politiche. Va perciò ricercata la firme delle singole persone, di migliaia, centinaia di migliaia di singole persone che possano ritrovare nei contenuto dell’appello una scintilla che dia vigore al fuoco democratico e repubblicano, un germe che valorizzi l’antifascismo come senso di una mai smarrita comunità, civile sociale e nazionale. È ovvio che l’unità antifascista non va confusa nemmeno per un momento con l’unità politica, o programmatica, o elettorale; queste forme di unità, infatti, investono la sfera del rapporto fra i partiti nella eventuale prospettiva di alleanze relative alla politica. Nel caso dell’unità antifascista, invece, il tema è la difesa della Repubblica democratica, argomento che sormonta qualsiasi opzione settoriale ed unisce – o dovrebbe unire – tutti coloro che tengono al futuro e al presente della democrazia italiana. Ed è altrettanto ovvio che la proposta di unità antifascista non sminuisce di un milligrammo l’autonomia di ciascun promotore, a cominciare ovviamente dall’Anpi nazionale.

Dunque la raccolta di firme attorno all’appello unitario antifascista è in primo luogo una battaglia per la difesa e il rafforzamento della democrazia. Questo nuovo, grande impegno è iniziato bene. Sta a tutti noi, alle compagne e ai compagni dell’Anpi, a tutti gli antifascisti, che prosegua sempre meglio.

Carla Nespolo, Presidente nazionale dell’Anpi