Abbiamo di cuore apprezzato le parole del Presidente della Repubblica che, presente in Grecia, il 28 ottobre ha ricordato la Resistenza della divisione Acqui che, di stanza a Corfù, nei giorni dell’otto settembre, non consegnò le armi, non si arrese ai tedeschi e, unanimemente d’intesa soldati e ufficiali, scelse di resistere fino al sacrificio della vita, rifiutando di combattere al fianco delle forze dell’Asse.

Sulla scia di questa memoria che segna uno degli episodi i più alti e significativi della Resistenza europea, non possiamo non tornare indietro di un passo, e ricordare al nostro Paese di tanto labile ed autoassolutoria memoria, che proprio il 28 ottobre (oggi festa nazionale greca) del 1940, sotto una pioggia diluviante, l’Italia fascista iniziava l’offensiva contro la Grecia, contando su una facile vittoria, e galvanizzata dal verbo del duce “spezzeremo le reni alla Grecia”.

Non solo non fu affatto così, ma la rimozione delle colpe belliche dell’Italia, potentemente costruita nel dopoguerra ed improntata a riversare ogni responsabilità sull’alleato dell’Asse, costruendo il mito del “buon italiano e del cattivo tedesco”, vincente e ben radicata nella narrazione pubblica egemonica, portò anche – anno 1953 – all’arresto e alla detenzione nella fortezza militare di Peschiera di Guido Aristarco, direttore della rivista “Cinema Nuovo” e del redattore Renzo Renzi.

Entrambi saranno processati e condannati dal tribunale militare per vilipendio alle forze armate. Nella rubrica “Proposte per un film, L’armata S’Agapò” Renzo Renzi aveva infatti osato raccontare la verità del tutt’altro che onorevole comportamento degli italiani in Grecia, con episodi che andavano dalla fucilazione di ostaggi alla decisione di mandare la cavalleria al massacro, dal colossale giro di prostituzione, alla requisizione prepotente di beni alimentari.

L’indulgenza malsana della memoria collettiva, e l’assenza di una “Norimberga italiana” certo non hanno aiutato né aiutano la costruzione di una democrazia salda e rigorosa, ma anzi riverberano oggi dei propri frutti malsani nel razzismo e nella xenofobia che abitano al nostro fianco.