Questo scritto, più che citare gli eventi relativi alla realizzazione del piano «Overlord» per lo sbarco sulle coste della Normandia attuato il 6 giugno 1944, eventi assai noti per essere stati oggetto di numerose pubblicazioni, vorrebbe porre in evidenza le condizioni e i non pochi contrasti politici e militari che determinarono la scelta della zona e le modalità per l’apertura del «secondo fronte» in Europa; operazione da tempo pressantemente richiesta dai sovietici e sulla quale gli Alleati non si accordavano nemmeno sul «dove» e sul «quando» avrebbe dovuto aver luogo. Sembra inoltre opportuno citare le circostanze che determinarono il dispositivo della difesa tedesca.

La questione del secondo fronte fu motivo di contrasti e recriminazioni nei rapporti fra anglo-americani e sovietici fino alla Conferenza di Teheran (nome convenzionale Eureka, 28 novembre-1° dicembre 1943) allorché Stalin lasciò intendere agli alleati occidentali la possibilità di una sua pace separata con una Germania ormai battuta, costringendoli a rispettare l’impegno preso, sia pure con due anni di ritardo. Tuttavia, il Primo Ministro inglese Churchill fece di tutto per non lasciarsi coinvolgere in una operazione di tale mole quale uno sbarco in Francia, caldeggiata dagli americani, in quanto non interessava la strategia imperiale della Gran Bretagna, volta a mantenere la sua influenza nel Mediterraneo, nei Balcani e in Estremo Oriente, ed era risoluto a scaricare sulle spalle dei sovietici il maggior peso della guerra per il tempo più lungo possibile.

Sarà opportuno ricordare che il discorso avviato a Teheran sul destino della Germania, sulle future frontiere dell’Europa e sull’assetto dell’Estremo Oriente sarà ripreso l’anno dopo al Cremlino, poi a Yalta e a Potsdam, e che dalle sue conclusioni nascerà il mondo di oggi.

I comandanti delle forze combinate, già all’epoca della Conferenza di Casablanca (gennaio 1943), ritenevano che fosse giunto il momento di passare almeno alla fase di sviluppo del piano logistico-strategico per lo svolgimento di operazioni nella Francia settentrionale. Essi decisero di procedere a preparativi concreti, in vista di un rapido sbarco al di là della Manica, nel caso in cui la Germania accusasse un indebolimento tale da apporre scarsa resistenza ad uno sbarco alleato. Comunque, come ovvio, se non era da trascurare una ipotesi del genere il problema principale restava quello di concepire, preparare e, soprattutto, attuare un attacco in forze per un’azione in profondità sul continente nei primi mesi del 1944. Venne anche esaminata la possibilità di anticipare l’operazione di qualche mese onde reagire positivamente alle esigenze sovietiche e alle aspettative dell’opinione pubblica americana indignata dalle atrocità naziste; ma un controllo delle forze USA presenti in Inghilterra dimostrò che questo non era possibile e che nulla in proposito avrebbe potuto realizzarsi prima del 1944 con serie probabilità di successo. Ciò fu motivo di forte scontento da parte dei sovietici che, non avendo mai dovuto porre allo studio operazioni anfibie ad alto livello, stentavano a rendersi conto delle difficoltà degli alleati e del concetto di economia di vite umane. Inoltre, secondo loro, più gli angloamericani ritardavano e più i tedeschi sarebbero stati pronti a riceverli ed a respingere un’invasione giudicata già in ritardo nella primavera del 1943.

In realtà i sovietici erano nel giusto: avevano sopportato e stavano sopportando il peso maggiore di una guerra che, alla fine, sarebbe costata loro 20 milioni di morti e l’apertura di un secondo fronte, capace di impegnare seriamente il comune nemico, era obiettivamente tanto necessaria quanto urgente.

L’organismo incaricato dello studio del piano Overlord fu uno Stato Maggiore combinato (COSSAC), alle dipendenze dei generali Morgan e Barker, la cui direttiva principale, semplice quanto perentoria, fu la seguente: «sbarcare sul continente europeo e, con l’appoggio dei Paesi alleati, mirare al cuore della Germania avendo come obiettivo la distruzione totale delle sue forze armate».

II piano venne approvato durante la Conferenza di Quebec (11-24 agosto 1943) ed il comando supremo fu affidato al generale Eisenhower. La complessità dell’operazione era tale che fu necessario predisporne l’attuazione attraverso numerose «sotto-operazioni».

Operazione «Neptune», per la prima fase comprendente: la formazione dei convogli (4.149 unità fra mezzi anfibi e da sbarco protetti da 753 navi da guerra); il lancio delle aviotruppe (82ª e 101ª Divisione Paracadutisti americana e la 6ª britannica; lo sbarco della 1ª Armata USA del generale Bradley e della 2ª Armata britannica del generale Dempsey che costituivano il 21° Gruppo di Armate al comando del maresciallo B.L. Montgomery nei cinque punti della costa normanna compresi fra la foce del fiume Orne e la penisola del Cotentin indicati con i nomi convenzionali di Utah (la spiaggia di Varreville, 7° Corpo USA, generale Collins), Omaha (la spiaggia di St. Laurent, 5° Corpo USA, generale Gerow), Gold (la spiaggia di Asnelles-Arromanches, 3° Corpo britannico, generale Bucknall), Juno (la spiaggia di Courselles, 1° Corpo britannico, generale Croker), Sword (la spiaggia di Ouistreham, 1° Corpo britannico, generale Croker); costituzione delle teste di sbarco.

«Perch», «Goodwood», «Cobra», «Bluecoat» e «Totalize» per rinforzare ed ampliare le teste di sbarco in tutta la zona, neutralizzare le fortificazioni del Vallo Atlantico più pericolose per l’attaccante, conquistare i centri nevralgici dell’immediato entroterra, sfondare il fronte tedesco costituito dalla VII Armata del generale Dollmann, facente parte del Gruppo di Armate B al comando del feldmaresciallo Rommel, schierata tra l’Orne e il Cotentin. Successivamente le forze alleate avrebbero puntato da un lato verso il centro della Francia e dall’altro verso «il cuore della Germania».

In particolare il maresciallo Montgomery, quale comandante del 21° Gruppo di Armate, mise a punto il piano generale di attacco delle forze di terra in collaborazione con l’ammiraglio Ramsey, comandante della flotta allestita per lo sbarco, e col maresciallo dell’Aria Leigh-Mallory da cui dipendeva l’aviazione di appoggio. Le forze destinate alla conquista delle teste di sbarco erano costituite da cinque Divisioni più due di riserva e, come già detto, da tre Divisioni di aviotruppe. Il settore scelto per l’operazione si stendeva fra Varreville, a sud-est del Cotentin, e Ouistreham alla foce dell’Orne. Si rese necessario: assegnare i rispettivi settori alla 1ª Armata USA ed alla 2ª Armata britannica; stabilire il numero delle zone di sbarco ed il limite territoriale di ciascuna di esse all’interno di ogni settore; dividere tali zone in sotto-settori attribuendo a ciascuno di questi una o più Unità; prevedere possibili modifiche al piano di attacco per motivi contingenti; assegnare ad ogni Unità un obiettivo principale ed uno eventuale per il giorno D e per i giorni immediatamente successivi; fissare gli allineamenti da stabilire per la fase consolidamento; prevedere lo svolgimento ulteriore dell’invasione. Tutto ciò discendeva direttamente dal piano Overlord ed a questo faceva capo.

Per la parte navale (Operazione Nettuno), l’ammiraglio Ramsey doveva riferirsi, punto per punto, al piano steso da Montgomery per quanto riguardava le operazioni navali mentre il maresciallo dell’Aria Leigh-Mallory doveva, d’intesa con Montgomery, Ramsey ed i comandanti dello Strategic Air Command e del Bomber Command, determinare gli obiettivi da battere nel corso dei bombardamenti preliminari, assicurare l’appoggio alle truppe sbarcate mantenendo forze aeree di riserva costantemente in grado di intervenire contro concentramenti di truppe tedesche.

Le zone prese in considerazione per lo sbarco furono tre: il Passo di Calais per la sua vicinanza con l’Inghilterra; la penisola del Cotentin per la possibilità di raggiungere rapidamente il porto di Cherbourg ed il settore di Caen cui venne data la preferenza per l’andamento delle spiagge, la minore consistenza delle difese nemiche e la possibilità di allestire rapidamente aeroporti oltre quello notevole già esistente a Carpiquet nei pressi di Caen.

Il piano relativo all’impiego dell’aviazione nella fase di preparazione dello sbarco incontra molte opposizioni per motivi politici. Distruggere i ponti più importanti, gli scali dotati di vasti piani caricatori ed interrompere le principali vie di comunicazione stradali e ferroviarie significava provocare inevitabili gravi perdite alla popolazione francese stimate ad almeno 80.000 vite umane. Ciò avrebbe certamente inasprito la Francia e soprattutto la Resistenza del Paese che stava svolgendo una preziosa e intensa attività fornendo allo SHAEF (Supreme Headquarter of Allied Expeditionary Force) dettagliate e precise informazioni sulla dislocazione delle opere difensive del Vallo Atlantico, sulla loro consistenza e, cosa importantissima, sulle ostruzioni fatte approntare da Rommel nelle acque prospicenti le zone idonee allo sbarco, sui campi minati e sugli ostacoli predisposti nell’entroterra per impedire l’atterraggio degli alianti e di truppe paracadutate.

Per di più era stata concordata con gli Alleati l’operazione «Piano Verde» rivolta ad impedire l’afflusso delle 4 Divisioni Corazzate, costituenti la massa di manovra tedesca, tenute in posizione arretrata su preciso ordine di Hitler che fu, come noto, un errore determinante. Quindi fu necessario evitare le località più popolate e ricorrere ad ogni mezzo per invitare la popolazione civile ad allontanarsi dalle zone pericolose prima delle incursioni aeree spesso a discapito dell’efficacia delle medesime.

La locandina del famoso film del 1962 che ricostruisce lo sbarco

Mette conto ricordare che i partigiani francesi realizzarono più di tremila sabotaggi provocando 834 deragliamenti, danneggiando le officine di riparazione e con lo sciopero dei ferrovieri bloccarono l’intero sistema ferroviario rallentando anche il movimento di altre 10 Divisioni tedesche dislocate nel sud del Paese che impiegarono 15 giorni per raggiungere la Normandia. I partigiani francesi pagarono a caro prezzo questi importantissimi risultati; infatti 300 di essi vennero fucilati e oltre 3.000 deportati.

La cooperazione aero-terrestre fu il filo conduttore del piano Overlord che fu caratterizzato da tale interdipendenza sicché l’appoggio dei caccia-bombardieri alle forze di terra divenne un fatto abituale tanto che l’arma aerea, nella fase critica dello sbarco, effettuò più di 10.000 sortite al giorno.

Alla Conferenza dei capi alleati a Teheran gli anglo-americani avevano prospettato a Stalin anche un attacco complementare nella Francia meridionale come integrante e necessario, ma la decisione di effettuare lo sbarco principale in Normandia con l’impiego di 5 Divisioni rese impossibile la contemporaneità dell’operazione Dragoon in Provenza a causa dell’insufficienza dei mezzi da sbarco per un attacco simultaneo e venne rimandata al 15 agosto 1944.

Come già detto la direttiva dei Capi di Stato Maggiore Collegati (COSSAC) era quella di mirare al cuore della Germania e di distruggere le sue Armate; effettuato lo sbarco occorreva quindi puntare sulla Ruhr, centro principale dell’industria bellica e al bacino della Saar zona industriale ugualmente importante della Germania occidentale. Chiaro che la distruzione delle ultime capacità di resistenza della Germania non poteva essere raggiunta solamente dedicando le risorse anglo-americane all’organizzazione di un solo attacco lungo una stretta direttrice seguendo la costa settentrionale. Effettuato lo sbarco, era necessario attaccare in profondità onde distruggere le forze germaniche in campo e contro di queste occorreva che gli alleati portassero la loro potenza «tutta mobile e tutta rivolta direttamente al completo annientamento delle Armate nemiche».

Il tipo di difesa tedesca non consentiva una rapida conquista dei porti ed era necessario provvedere per i rifornimenti sulla spiaggia malgrado le prevedibili burrasche. Venne quindi deciso di allestire due tipi di porti artificiali, smontabili e rimorchiabili, sulle coste della Normandia utilizzando una linea di navi affondate (gooseberry = uva spina) oppure di grossi cassoni di cemento (mulberry = mora). L’esperienza della guerra nel Mediterraneo aveva dimostrato che le Divisioni anglo-americane in azione necessitavano di rifornimenti giornalieri pari a 600-700 tonnellate ciascuna. L’organizzazione logistica doveva quindi provvedere a tale necessità oltre a costituire nelle teste di sbarco le riserve di personale, armi, munizioni e materiali che permettessero l’inizio di azioni in profondità con la certezza di poterle alimentare. Altro aspetto importantissimo del piano logistico fu l’organizzazione del servizio sanitario per lo sgombero dei feriti sugli ospedali dislocati in Inghilterra e l’allestimento di quelli da campo a consolidamento avvenuto.

Uomini della Resistenza francese discutono con alcuni paracadutisti alleati nei giorni seguenti agli sbarchi (da https://it.wikipedia.org/wiki/ Sbarco_in_Normandia#/media/ File:FTP-p012904.jpg)

A questo punto sembra necessario prender conoscenza di ciò che stava avvenendo al di là della Manica circa l’organizzazione difensiva e, per rendersi conto della situazione, esaminare brevemente la «dottrina» tedesca in materia di sbarchi nonché l’organizzazione del Comando Supremo nazista.

II Vallo Atlantico (un gigantesco sistema di difese costiere, ndr) che, secondo Hitler, avrebbe dovuto coprire le coste del continente da Kirkenes alla frontiera finnico-norvegese, ai Pirenei, si stendeva per 4.500 km. Esso ebbe inizio il 14 dicembre 1941 con priorità assegnate alla Bretagna e alla Normandia ma, dopo tre anni, risultava prossimo al completamento solo nel settore Le Havre-Anversa e lo stesso comandante in capo del fronte occidentale, feldmaresciallo von Rundstedt, non poneva molta fiducia nella sua validità. Egli inoltre riteneva rischioso tenere la parte preponderante delle sue Divisioni asserragliate nel Vallo e poche di queste Unità come massa di manovra. Lo aveva dimostrato egli stesso nel 1940 aggirando la Maginot e, pertanto, inviò in proposito un adeguato rapporto a Hitler che mandò subito il feldmaresciallo Rommel a rendersi conto della situazione (novembre 1943).

Ad ispezione conclusa, dalla Danimarca alla Spagna, Rommel è convinto che il Vallo Atlantico non è affatto «impenetrabile»; le batterie costiere sono mal piazzate, poco protette e con angolo di tiro limitato, le artiglierie di 28 calibri diversi sono di preda bellica, il personale è anziano, gli ausiliari sono inesperti. La VII Armata che dovrà sopportare tutto il peso dell’attacco anglo-americano è dotata di armi di 92 modelli diversi e utilizza 252 tipi di munizioni. Le truppe sono «multinazionali» comprendendo numerosi ex prigionieri di guerra. Inoltre i concetti di impiego di Rommel sono in netto contrasto con quelli di von Rundstedt, comandante del fronte occidentale: il primo sostiene la necessità di concentrare le forze in zone assai più vicine alla costa e portare avanti le riserve onde lanciarle immediatamente al contrattacco perché se l’avversario riuscisse a realizzare alcune teste di sbarco sarebbe impossibile ributtarlo in mare e in proposito egli tiene conto che l’aviazione alleata ha il dominio dello spazio aereo ed è quindi in grado d’impedire qualsiasi rilevante concentrazione di truppe; il secondo intende disporre di una forte riserva mobile corazzata con cui attaccare l’invasore dopo uno sbarco ritenuto inevitabile. Entrambi reputano indispensabile rendere i porti imprendibili e costituire nelle zone intermedie solide fortificazioni. Per di più la direttiva n. 40 di Hitler non definisce nettamente né responsabilità dei comandanti né le dipendenze delle Unità.

Il rapporto sul Vallo Atlantico convince talmente il Führer che affida a Rommel, la «volpe del deserto» un Gruppo di Armate, sicché dal gennaio 1944 le forze tedesche ebbero questo ordinamento: Gruppo di Armate B al comando di Rommel – VII Armata dalla Loira a Coburgo, XV Armata da Coburgo a Walcheren, e 88° Corpo d’Armata in Olanda; Gruppo di Armate C al comando di Blaskowitz – I Armata dislocata sulle coste del Golfo di Biscaglia, XIX Armata sulle coste del Mediterraneo. Von Rundstedt rimaneva il comandante in capo per l’ovest ma chi comandava di fatto era Rommel non solo per il sostegno di Hitler ma, soprattutto, perché la sua fantasia, la sua attività ed il suo ascendente erano prevalenti.

Assunto il comando egli realizzò subito che il nemico avrebbe attaccato tra Dunkerque e Cherbourg e che l’aviazione anglo-americana sarebbe riuscita a paralizzare in gran parte la manovra della riserva strategica di von Rundstedt.

Era quindi necessario bloccare il nemico sulla spiaggia nel momento di crisi dello sbarco ed inibirgli i rifornimenti. Pertanto, dal febbraio 1944, egli rivoluzionò tutto il sistema di difesa del Vallo dotandolo di una cintura avanzata «in acqua» (ricci seghettati, denti di drago, mine sotto il livello della bassa marea) e tentando di inibire sbarchi aerei nella fascia immediatamente retrostante le spiagge mediante estesi campi minati ed i cosiddetti «asparagi di Rommel» (ragnatela di pali dotati di grappoli di ordigni esplosivi).

Erwin Rommel (da https://it.wikipedia.org/wiki/ Erwin_Rommel#/media/ File:Bundesarchiv_Bild _146-1985-013-07, _Erwin_Rommel.jpg)

A metà del marzo 1944 le Divisioni dislocate in Francia vennero portate a 57 ma l’offensiva sovietica costrinse i tedeschi a trasferire all’est 4 Divisioni e, alla fine di aprile, dopo il disgelo, ne tornò in Occidente solo una, più i resti di 4 Divisioni Panzer decimate dai sovietici che contribuirono così al successo dell’operazione Overlord avendo sensibilmente indebolito il potenziale di combattività delle truppe di von Rundstedt che venne a disporre di un totale di 60 Grandi Unità.

Eisenhower disponeva per lo sbarco di 37 Divisioni rinforzate, di capacità operative superiori a quelle del suo avversario, ma era comunque per lui necessario far sì che l’incremento delle sue truppe sulle spiagge fosse superiore all’afflusso delle riserve avversarie. I tedeschi, dopo quanto realizzato col lavoro frenetico imposto da Rommel, erano ottimisti ed inoltre, ai primi del giugno 1944, il maltempo li aveva convinti che gli anglo-americani avrebbero rimandato ogni tentativo tanto più che il 4 le condizioni meteorologiche erano decisamente peggiorate. Pertanto le truppe avevano allentato la sorveglianza, i comandanti di grado elevato erano impegnati in manovre coi quadri a Rennes, Rommel era addirittura in licenza e nessun volo di ricognizione era stato effettuato nei primi cinque giorni di giugno.

Quando alle 00,50 del 6 giugno, giorno D, i primi paracadutisti alleati presero terra ed il Maquis, avvertito dell’inizio di Overlord mediante la trasmissione di 6 versi di Verlaine, andò ovunque mobilitandosi e ad insorgere nelle zone più prossime a quelle dove gli alleati erano sbarcati, la XV Armata fu messa in allarme ma la VII che copriva il tratto di costa compresa tra la foce della Senna e la penisola del Cotentin, zona scelta per lo sbarco, non venne allertata sembra per la complicità di un alto ufficiale antinazista (Speidel).

Sono note le vicende dei paracadutisti dell’85ª e della 101ª Divisione, quelle inerenti l’errore di posizione circa lo sbarco su Utah che fu favorevole in modo determinante agli alleati e di «Omaha di sangue». I combattimenti volgeranno a favore degli anglo-americani ma con notevole ritardo rispetto ai tempi di previsione; infatti il 25 luglio, sette settimane dopo il giorno D, l’attacco per lo sfondamento realizzato ad Avranches, venne sferrato dalla linea approssimativa preventivata per il giorno D+5 mentre Montgomery ancora davanti alle difese tedesche di Caen, piegò a destra e si spinse sull’altipiano tra la Vire e l’Orne.

La storia del 6 giugno 1944 non è solo la storia di una battaglia o dell’inizio di una battaglia; è la storia del giorno in cui venne messa alla prova la più grande combinazione logistico-strategica sino allora mai immaginata dagli uomini. A meno di mezzo secolo dalla fine della seconda guerra mondiale, mentre sul mondo sembra incombere la minaccia di un nuovo conflitto riecheggiano le parole pronunciate da quelli che oggi sono i veterani: «Non più guerre, non più morti, non più distruzioni».

(da Patria Indipendente n. 10 del giugno 1984)