È una storia con tante storie dentro, quella di Predappio. Una storia dove il mito, nero come la pece, di essere la Betlemme del fascismo, la “città del Duce”, si scontra con la realtà di un territorio e di una comunità che al fascismo furono sempre ostili. Anche le date in questo borgo adagiato sulle colline dell’Appenino forlivese si intrecciano, si scontrano, restituendo visioni del mondo inconciliabili. Libertà e tirannia, verità e propaganda: tutto in uno spicchio di Romagna.
28 ottobre 1922: i fascisti marciano su Roma. Due giorni dopo, il re, che si era rifiutato di firmare lo stato d’assedio, affida a Mussolini l’incarico di formare un nuovo governo. È la fine del liberalismo italiano e l’inizio di un regime che nel 1925 mostrerà il suo vero volto, quello di una feroce dittatura. 28 ottobre 1944: i partigiani dell’8° brigata Garibaldi e i polacchi dell’8° armata liberano Predappio. In una ricorrenza nefasta per l’Italia «quei partigiani non liberano solo la cittadina romagnola – dice Miro Gori, presidente provinciale dell’Anpi di Forlì e Cesena –: liberano tutto il Paese dalle catene in cui era stato costretto per un ventennio. La cacciata di Mussolini dal suo paese natale, nello stesso giorno fondativo del fascismo, prefigura la liquidazione della “repubblichina” e dei nazisti che la sorreggono». Gori, assieme alla locale sezione dell’Anpi e con il patrocinio della Regione Emilia Romagna e della Provincia di Forlì Cesena ha organizzato per il 28 ottobre una manifestazione-corteo dal titolo “Predappio libera”, proprio per ricordare quel giorno.
L’idea del corteo Gori l’aveva lanciata dal palco del XVII congresso nazionale dell’Anpi a Riccione: «La proposta fu accolta dal congresso con entusiasmo», ricorda Miro, e subito fatta propria dall’Anpi nazionale. «In quei giorni di marzo nessuno si immaginava che il governo Draghi sarebbe caduto di lì a qualche mese e meno che mai il successo indiscutibile della destra, anzi di un’estrema destra a trazione Fratelli d’Italia. A quel centenario nero sentivamo in ogni caso l’esigenza di contrapporre la ricorrenza di un riscatto, di una speranza, di una rivolta morale e politica contro i totalitarismi vecchi e nuovi».
Propedeutico all’iniziativa del 28 è stato l’importante convegno tenuto a Forlì lo scorso 15 ottobre, promosso dal provinciale Anpi in collaborazione con il nazionale (vi ha contribuito Alessandro Pollio Salimbeni del comitato nazionale dei partigiani, e la segreteria nazionale era rappresentata da Vincenzo Calò ) e l’istituto Parri, ospitato nelle sale del Comune. Il titolo, emblematico “Lo sguardo dell’altro”, nell’ambito delle iniziative per il lugubre anniversario ha voluto raccontare quella pagina di storia dal punto di vista dei popoli aggrediti. Per l’intera giornata, introdotti da Gori e dallo storico Filippo Focardi, direttore scientifico del Parri, si sono succeduti gli interventi di rappresentanti, tra gli altri, di Grecia, Slovenia, Croazia, Francia: “Territori – precisa il presidente Anpi di Forlì-Cesena – dove molti italiani combatterono a fianco dei partigiani locali”. Spaziando dall’Africa orientale italiana all’intero Mediterraneo fino ad affrontare i crimini del nazifascismo da occidente a oriente, dagli italiani in Urss al caso libico e ai Balcani, ragionando anche del rapporto tra storia e politica, si è voluta ricostruire una geografia democratica attualissima e necessaria che guarda agli altri popoli.
Con questa consapevolezza si sfilerà il 28 nella cittadina romagnola.
Quando chiediamo perché Predappio abbia assunto un valore simbolico così forte per la destra postfascista, Gori parte da lontano, dalla presa del potere. «È Mussolini stesso – siamo alla metà degli anni 20, dopo l’omicidio Matteotti e le leggi fascistissime – a insistere pesantemente sulle sue origini romagnole». Spulciando tra documentari dell’Istituto Luce se ne ha la conferma: Omaggio nazionale alla casa del Duce è il titolo di un cinegiornale del 1925. Scorrono sulla pellicola le immagini del pellegrinaggio forzato alla casa natale di Mussolini, i gagliardetti, i labari. Inizia allora il mito di Predappio, culla del Duce e perciò del fascismo stesso.
In realtà non è affatto così, dice Gori: «Nonostante gli sforzi mediatici per ridurli a comparse del regime, i cittadini di Predappio mantengono una sostanziale anima antifascista. Basti pensare che la penetrazione del fascismo in provincia di Forlì fu sempre bassa. Forti e radicate sono invece le tradizioni repubblicane». In Romagna i fascisti non riescono a prevalere, non attecchiscono, al punto che per rimettere in riga una popolazione che, se non proprio ostile, sicuramente era distante dal fascismo, viene mandato Balbo con le sue squadracce per colpire con raid le case del popolo. Su Predappio e la Romagna, insomma, Mussolini volle costruire una narrazione falsa e distorta, arrivando al punto – dice Gori – «di far spostare il vecchio borgo, poche e povere case di contadini e piccoli artigiani, per costruire Predappio Nuova, guarda caso proprio vicino alla frazione dove era nato lui». Concepito come luogo di culto della personalità del duce, il piccolo paese di poche migliaia di abitanti si ritrovò ad accogliere quell’architettura monumentale e celebrativa che fu poi una caratteristica del regime.
Ma lo storytelling mussoliniano va anche oltre: «il regime arrivò a modificare i confini regionali tra la Romagna e la Toscana, includendo nella provincia di Forlì il monte Fumaiolo per assecondare il desiderio di Mussolini che le sorgenti del Tevere – fiume simbolico della nascita dell’Urbe – finissero sotto la sua provincia d’origine». Da sempre l’Anpi ha voluto ribaltare il senso di quella narrazione, che come una mala pianta arriva fino ai nostri giorni: i pellegrinaggi alla casa del Duce, il turismo nero, i saluti romani il giorno della marcia su Roma e poi ancora negli anniversari della nascita e della morte di Mussolini. E non è folklore, ma brodo di cultura dell’estrema destra. Come abbiamo detto, Predappio ha una storia con tante storie dentro. Nell’immediato dopoguerra l’Anpi di Forlì e di Predappio hanno festeggiato il 28 ottobre ricordando la Liberazione della città. «Quel giorno facevamo e facciamo ancora una tagliatella antifascista che rimanda alla pastasciutta antifascista di babbo Cervi. Quest’anno però in accordo con l’Anpi nazionale ci è sembrato giusto e necessario ricordare con più forza il 28 ottobre del 1944 come risposta diretta all’occupazione d’Italia da parte del fascismo» racconta Gori. Per una amara ironia delle date il centenario della marcia su Roma coincide con il primo governo di estrema destra dell’Italia repubblicana. Il partito della fiamma arriva a palazzo Chigi. Gli sconfitti dalla storia si riprendono la rivincita.
Chiediamo al presidente provinciale dell’Anpi se è preoccupato per quest’affermazione così significativa di un partito che si richiama direttamente al ventennio fascista. Gori misura le parole. «Come si fa a non essere preoccupati. Eppure, penso che come Associazione nazionale partigiani non dobbiamo gridare al lupo. Insomma, la guardia va tenuta alta ma non dobbiamo mai perdere di vista la realtà. Dobbiamo essere concreti, vedere i problemi che si presenteranno e intervenire sulle questioni di merito. Vedi, il punto non è solo che di togliere la fiamma dal simbolo Meloni non ci pensa proprio. Cosa grave, certo, perché la fiamma rappresenta la continuità storica dell’estrema destra dagli ultimi giorni di Salò a oggi, ma ancora più grave è la liaison del suo partito con Vox, con Orbán, con le forze reazionarie e autoritarie del continente europeo. Partiti che vedono nella democrazia e nelle libertà un inciampo, un fastidio di cui si può fare a meno in nome della triade “Dio, patria e famiglia”.
C’è, chiediamo, il pericolo che la storia si ripeta? “Nessuno pensa, sicuramente non l’Anpi – argomenta Gori – che finiremo in una dittatura, però avere i nipoti di Almirante al governo; avere la seconda e terza carica dello Stato in mano a personaggi come La Russa e Fontana, ebbene una certo disagio lo crea. È un brutto inizio, non c’è dubbio». È per questo che da oggi l’Anpi sarà, «se possibile, ancora più rigorosa e attenta nell’affermare i valori della Costituzione nata dalla Resistenza». A partire dalla giornata del 28 ottobre. «Proprio da Predappio e dal corteo che si snoderà lungo la cittadina romagnola». L’appuntamento è alle ore 14.30 nei paraggi del palazzo comunale. È un luogo importante ci spiega Gori: proprio lì, dopo la Liberazione, si insediò la prima giunta diretta dal sindaco Ferlini, un capo partigiano. Poi il corteo arriverà davanti alle poste e alla caserma di carabinieri: nell’ufficio postale si rifugiarono i partigiani la sera precedente alla liberazione della città.
Dall’altra parte della strada si trova la caserma dei carabinieri. Gli uomini dell’Arma, è sempre Gori che parla, «avevano maturato forti sentimenti antifascisti e nei mesi precedenti si erano offerti di unirsi alle bande partigiane. Rimasero a Predappio perché la loro presenza in città poteva rivelarsi utile alla Resistenza». Illuminante la lettera, riportata nel libro La foja de Farfaraz (la foglia del pioppo bianco) – Predappio. Cronache di una comunità viva e solidale, che nel luglio del ’44 i Carabinieri inviarono al comandante partigiano: «Caro Ferlini! Se ancora oggi ci troviamo a Predappio certamente avremo le buone ragioni e cioè non abbandonare il popolo, quel popolo che domani ci sarà di grande aiuto, e quindi non bisogna abbandonare in mano ai luridi e traditori fascisti… Ricordatevi che i fedeli carabinieri di Predappio saranno quelli che in un solo momento faranno insorgere tutto il popolo contro i fascisti».
Al corteo, che si concluderà nella piazza principale della cittadina romagnola, parteciperanno e prenderanno la parola la presidente della Assemblea legislativa della Regione Emilia Romagna, Emma Petitti; Enzo Lattuca, presidente della provincia di Forlì-Cesena; il dirigente dello Spi Cgil Ivan Pedretti, e il presidente della sezione Anpi “Luigi Lotti”. A concludere la giornata sarà Vincenzo Calò della segreteria nazionale Anpi; una manifestazione che sarà accompagnata dal repertorio dei canti della Resistenza reinterpretati dalla voce del cantautore Alessio Lega.
Gori non azzarda previsioni e numeri, ma dice, «saremo in tanti, perché oggi è il momento di fare sentire la voce dell’Italia democratica, del lavoro e dell’inclusione». Da molte regioni iscritti e dirigenti dell’associazione dei partigiani si stanno organizzando per partecipare. Peccato che il Comune non abbia dato il patrocinio alla manifestazione dell’Anpi. Intervistato da un quotidiano locale, il sindaco di centro-destra Roberto Canali, ha motivato così la scelta: «Si tratta di una giornata lavorativa, per cui un corteo nel centro storico del paese intralcerebbe il traffico di tutta la vallata del Rabbi, creando disagi ai cittadini e agli abitanti». Canali è lo stesso che lo scorso anno, in occasione della riapertura al pubblico della cripta di Mussolini, aveva dichiarato che «nel bene e nel male fa parte della storia» e che, comunque, avrebbe rappresentato una opportunità per «i commercianti e i ristoratori». Una motivazione che sta a metà strada tra nostalgia canaglia e pecunia non olet. Contento lui.
Interpellato sulla decisione del primo cittadino di Predappio, Gori la mette così: «Rispetto ad altri sindaci del territorio che non fanno nulla per nascondere le loro simpatie per il fascismo (ultimo in ordine di apparizione il sindaco di Pennabilli, Mauro Giannini, che sui suoi profili social ha scritto: “Io fascista? Sono nato e morirò con la camicia nera”), Canali appare una persona ragionevole; sostiene di essere antifascista. Forse il suo niet dipende dalla paura del fuoco amico della destra più dura, forse teme il risalto nazionale del centenario della marcia su Roma. In ogni caso ha sbagliato di grosso. E se ne renderà conto quando vedrà la partecipazione di popolo alla manifestazione». Al primo cittadino di Predappio, ai tanti che si esercitano da anni nel sostenere che “in fondo il fascismo ha fatto anche buone cose”; a chi sostiene che è “una opinione come le altre” Gori risponde con le parole di Sandro Pertini: «Il fascismo non è un’opinione, è un crimine». Oggi come ieri.
Pubblicato lunedì 24 Ottobre 2022
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