L’8 settembre, alle ore 17, 30 (le 18, 30 in Italia), dai microfoni di Radio Algeri, il generale statunitense Dwight Eisenhower comunicava l’armistizio firmato a Cassibile (Sicilia, territorio di Siracusa) il 3 settembre dai comandi dell’Esercito italiano. Poco più di un’ora dopo, alle 19,42, il generale Badoglio, capo del governo del Regno dal 25 luglio, fece il suo annuncio da Roma.

All’alba del giorno successivo, Badoglio assieme al re, alla regina e ad altre autorità, fuggirà a Pescara, lasciando la Capitale (e l’Italia) senza difesa.

Al contempo però prendeva avvio una guerra nuova, una guerra di Resistenza contro i nazifascisti. A combatterla furono i partigiani, prevalentemente di guerriglia, contro un nemico che condusse invece una vera e propria guerra di annientamento dei civili.

La Resistenza fu vissuta giorno dopo giorno, in montagna e in città, mentre i tedeschi risalivano la penisola, mentre nasceva l’effimera e cruenta repubblica di Salò, al servizio di Hitler, e mentre le truppe naziste occupavano l’alto litorale adriatico. Tutto terminò ben venti mesi dopo, il 25 aprile 1945, con la Liberazione.

Ma furono proprio quei lunghissimi, duri mesi, grazie al sacrificio di decine di migliaia di partigiani e partigiane, di centinaia di migliaia di militari deportati in Germania o uccisi dai tedeschi, come a Cefalonia e Corfù, a riscattare l’immagine del Paese e a consentire la ricostruzione, la Repubblica, la conquista della Costituzione.

Con l’8 settembre 1943 dunque nella confusione e nella disperazione di uno Stato – lo Stato fascista – che si dissolveva, non morì ma rinacque la Patria. Fra poco pubblicheremo un articolo dello storico Giovanni Cerchia, che prende le mosse dal territorio che per primo si trovò a fronteggiare i soldati tedeschi: il Meridione. L’Anpi fu tra quanti sollecitarono nuove ricerche per superare letture stereotipate dei fatti che non riuscivano a dare risposta alle domande che oggi pone la storia. Seguiteci.