Un appello alla collettività a scuotersi dal torpore dell’indifferenza sociale e a impegnarsi in difesa dei valori civili è stato lanciato da storici, studiosi e attivisti dei diritti umani che hanno partecipato al convegno “Razzismi italiani 1938-2018” organizzato dal Comitato Regionale dell’Anpi Friuli Venezia Giulia con il patrocinio del Consiglio Regionale del Friuli Venezia Giulia, dell’Università degli Studi di Trieste e dell’Università degli Studi di Udine e che si è svolto a Trieste, sabato 17 novembre 2018, nell’aula Baciocchi dell’Ateneo giuliano. Tracciando un parallelo tra il propagarsi dei comportamenti e dei provvedimenti xenofobi che culminarono nella promulgazione delle leggi razziali del 1938 e le tendenze discriminatorie sempre più apertamente manifeste nella realtà attuale, il convegno – coordinato da Andrea Zannini, professore di Storia Moderna dell’Università di Udine – ha posto l’accento sul concetto di persona e sulla necessità di tutelare i diritti degli individui: quei diritti che sono alla base della società e della cultura democratica e alla luce dell’attualità erroneamente considerati come valori ormai assodati.
Le leggi razziali antiebraiche del 1938 non furono una semplice imitazione delle leggi naziste sulla razza, furono la cartina di tornasole del fascismo, il disvelamento di un’Italia autoritaria e razzista che esisteva da sempre e che, in qualche modo, esiste ancora. La limitazione delle libertà e dei diritti civili subita dagli ebrei e che fu il preludio alle atroci persecuzioni antisemite nazifasciste – analizzata negli interventi di Paolo Pezzino, presidente dell’Istituto nazionale “Ferruccio Pari”, e di Tullia Catalan, docente di Storia dell’Ebraismo all’Università di Trieste – trovò uguale applicazione nei confronti degli zingari e degli omosessuali.
«Rom e sinti condividono con gli ebrei lo stesso destino di persecuzione nazifascista e la deportazione nei campi di concentramento. Ma i pregiudizi verso gli zingari permangono anche nell’Europa liberata e arrivano fino ad oggi. Ad alimentare il senso comune è soprattutto la discriminazione istituzionale: i campi nomadi in Italia sono stati creati dalle Istituzioni negli anni Settanta; ma se le persone sono ghettizzate e costrette a vivere in un contesto separato, è ovvio che si favoriscono le situazioni di degrado. Se a questo si aggiungono le violenze degli sgomberi forzati con ruspe e polizia subite ogni due giorni dai bambini e dalle loro famiglie, come sarà mai possibile costruire la fiducia reciproca su cui fondare la convivenza? Ciò che più spaventa è che tutto avviene nell’indifferenza delle persone che si definiscono perbene», ha affermato Dijana Pavlovic, attrice e attivista dei diritti umani di origine rom che ha anche sottolineato l’importanza di trovare delle alleanze tra i movimenti che lottano per il riconoscimento e in difesa dei diritti civili.
La stessa esigenza di collaborazione per promuovere i valori di libertà, uguaglianza e solidarietà è stata ribadita anche dal presidente del circolo di cultura omosessuale “Mario Mieli” di Roma Sebastiano Secci, che ha aggiunto: «La comunità LGBT è sotto assedio nel 2018. Gli attacchi verbali e fisici si verificano ogni giorno, è come se volessero ricucirci sui vestiti il triangolo rosa. L’Italia vive sotto una costante campagna elettorale dai toni xenofobi, omofobi e misogini. Il linguaggio d’odio dai social entra nelle case dei cittadini: quelle parole legittimano le azioni di violenza. È dovere della nostra comunità lottare in prima linea per impedire che la paura del gender sfoci in odio». Il convegno, presieduto dal presidente regionale dell’Anpi FVG Dino Spanghero e con la partecipazione del vicepresidente Anpi nazionale Alessandro Pollio Salimbeni, ha inteso promuovere la riflessione sui valori civili e democratici nel rispetto delle diversità tra persone e culture in un’ottica di convivenza pacifica.
Aurora Malta, Ufficio stampa del convegno
Pubblicato venerdì 7 Dicembre 2018
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