Il 20 marzo 2023, il partigiano Palmiro Gonzato ha compiuto 97 anni. A Torino quanti sono stati nel Pci, nel sindacato o nell’Anpi conoscono la sua lunga presenza; infatti, quando l’Anpi provinciale lo ha festeggiato il 29 marzo scorso, presentando il libro dedicato alla sua vita, la sala si è riempita di pubblico. Qualche giorno prima si era sottoposto a un faticoso viaggio a Vicenza, la sua terra di origine, invitato dall’Anpi locale, per festeggiare il compleanno centenario di un compagno di battaglia di allora. Questo è Palmiro, instancabile come il desiderio di dare alle stampe le memorie di tanta storia. Negli anni. Palmiro Gonzato – lui non letterato – ha scritto, pubblicato, corretto e precisato, facendo della scrittura lo strumento per comprendere, approfondire e trasmettere il senso della sua vita, ma anche delle vite dei molti come lui.

I disegni a corredo del libro sono stati realizzati dall’artista Marina Reissner

Questo suo ultimo libro, “Una vita dalla parte giusta”, Impremix edizioni, Torino 2023, è una lunga intervista condotta da Aharon Quincoces, che ha organizzato le sue memorie e dato spessore storico ai ricordi. Nel presentare il libro, Aharon Quincoces ha detto: “Quello che ho trovato in questo lavoro, come curatore delle pagine di Palmiro Gonzato, che ringrazio per la fiducia che mi ha concesso, è il valore della memoria come tensione. Ripercorrendo la vita di Palmiro, due sono gli elementi che spiccano: il primo, la forza della libertà e della dignità dell’uomo come motori di un ideale di giustizia; il secondo, l’impossibilità che la libertà e la giustizia siano tali senza che esse lo siano per tutti. Così le memorie di Palmiro sono collettive, non solo personali, perché queste non hanno senso se non hanno come riferimento tutti noi, in ogni tempo, passato, presente e futuro. Credo che si possa dire senza rischio di sbagliare che sono memorie personali che diventano comuni, storiche e quindi politiche”.

Nel tempo Palmiro ha scritto, raccolto documentazioni, foto, articoli di riviste, stralci di pubblicazioni storiche in un continuo impegno di ricostruzione del tempo e della memoria. Il libro racconta di questo bisogno di collocare la memoria nel tessuto degli avvenimenti storici: poiché, come dice Domenico Starnone, “Ogni storia non è mai veramente compiuta. Alla fine anche l’opera più lavorata appare materiale grezzo e greve a cui si possono dare nuove ali”. Il volume racconta anche delle riprese, aggiunte, precisazioni, correzioni con cui nel tempo, ogni volta, si può andare oltre. Una continua fatica di scavo costituisce l’archivio e l’insieme delle diverse pubblicazioni di Palmiro.

Archivio fotografico Anpi nazionale. Manifestazione in sostegno dei partigiani processati

Il flusso della memoria muove dall’infanzia sotto il regime fascista, mal tollerato anche a scuola e si snoda attraverso la Resistenza. Dopo la Liberazione, nell’onda dei processi ai partigiani, Palmiro conosce il carcere con una detenzione di 29 mesi, per approdare dopo tante tribolazioni al Convitto Scuola Rinascita di Torino, dove incontra il Pci e poi, attraverso il lavoro in fabbrica, partecipa alle lotte sindacali, per giungere alla militanza politica nel “servizio d’ordine” del partito.

La Resistenza segna tutta quella vita. Una Resistenza senza retorica, la “scelta” è quasi naturale, provocata dalla violenza e dall’ingiustizia con cui si presenta ai suoi occhi il fascismo, nella vita quotidiana. A 17 anni, con altri giovanissimi del paese in cui vive, Montecchio Precalcino (VI), l’opposizione al fascismo è una scelta morale, non politica, non preparata da ambienti antifascisti, come accade in altre realtà. Non c’è ambiente, non c’è famiglia, non letture a promuovere la volontà di combattere il fascismo, eppure quei giovani intraprendono un cammino di rivolta e di guerra. È una Resistenza che non interrompe la vita quotidiana, non è l’avventura delle bande, la montagna, l’organizzazione militare, è una guerra partigiana condotta da casa, nel paese, in gruppi di pochi, è la ricerca delle armi, l’inventarsi le azioni, il cercare contatti, operando dove si è sempre vissuto.

Un paesaggio di Montecchio Precalcino

Il paesaggio è fondamentale nella lotta partigiana: in molte parti del Paese è la montagna il paesaggio della Resistenza, è il simbolo della Liberazione, è l’ascesa verso la libertà, la fatica della salita, è anche il disegno delle strategie militari. Qui invece si narra di luoghi limitati, descritti con cura e precisione: sono le vie, le borgate, la campagna con torrenti e boschetti, i cascinali, le trattorie, gli spazi sociali della vita della piccola comunità del paese, è lo spazio di persone che si conoscono, di fascisti vicini di casa, di luoghi di lavoro.

In questo paesaggio, si svolgono le azioni e gli episodi di guerra, che non godono di scenografie eroiche o fondali strategici, ma sono non meno gravide di pericoli, perché è una guerra coperta dalla normalità, fatta di “brigate sparse”, esposte permanentemente ai rischi di denunce e rappresaglie. Si affollano nel racconto i nomi dei luoghi, delle famiglie, dei compagni, della rete di contatti, perché nella distanza del tempo può emergere in quel paesaggio consueto la trama della clandestinità, la rete dei combattenti, la presenza di altri da chi ha scelto il fascismo, per dare loro ricordo e valore.

Le strade percorse dal popolo italiano per arrivare alla libertà sono molteplici, ogni realtà ha prodotto le sue reazioni al fascismo e la lotta partigiana si è inventata mille forme, per cui la democrazia è cresciuta attraverso esperienze molteplici che hanno poi permesso ai Costituenti di elaborare la ricchezza della Costituzione. In queste memorie della Resistenza Vicentina si trovano gli elementi di una volontà popolare istintiva e robustamente etica, avversa al fascismo fino alla scelta di combatterlo con ogni mezzo possibile.

I Convitti Scuola della Rinascita erano una decina, nati nelle città del centro e del nord Italia furono attivi tra il 1945 e i primi anni 50. Inizialmente pensati per la formazione di partigiani tra i quindici e i ventotto anni, in seguito vennero estesi «ai reduci dalla deportazione e dalla prigionia, i figli dei caduti e delle vittime politiche e dei perseguitati politici, indipendentemente da ogni distinzione di razza, di religione e di ideologia politica […] ai lavoratori e ai figli dei lavoratori»
L’esperienza della Resistenza ha per Palmiro tutti i tratti per diventare formazione, crescita personale e morale, in grado di permettergli di affrontare anche la repressione antipartigiana, la condanna, il carcere, senza rimpianti, senza rancore, anzi ricostruendo nella detenzione il senso collettivo della vita elaborato nella Resistenza e in qualche modo rafforzato da questa ingiustizia. Sente di appartenere al numero dei tanti che dovettero subire condanne e detenzione per gli elementi di fascismo sopravvissuti nell’immediato dopoguerra nelle funzioni dello Stato; si rafforza pertanto la convinzione che l’impegno assunto con la lotta partigiana non è terminato.

In effetti, il Convitto Rinascita a Torino offre a Palmiro una possibilità di sopravvivenza, arricchisce le sue capacità professionali, sviluppa la dimensione collettiva e gli fa incontrare il Pci e, col Pci, l’impegno politico. Dopo quegli anni, che secondo Palmiro rappresentano una decisiva svolta nella sua vita, è la fabbrica che diventa il nuovo paesaggio del nostro narratore: la fabbrica in cui si lavora, con l’orgoglio della qualità del lavoro, ma anche le fabbriche frequentate davanti ai cancelli insieme con e in nome del sindacato e anche la grande fabbrica, la Fiat, che lo respinge per il suo impegno e che lui rifiuta.

Della città di Torino ciò che compone il paesaggio non sono più i dettagli, come per il paese che viveva nella memoria. Qui la geografia sono i luoghi della politica: è la città delle fabbriche, degli scioperi, delle manifestazioni sindacali e degli appuntamenti di partito, delle feste dell’Unità, è la città attraversata dalle violenze del terrorismo. Se la guerra partigiana ha cementato il senso collettivo, il “noi” prima dell’”io”, ora della vita prevale nel racconto la dimensione dell’impegno: attraverso il partito continua la dedizione a un ruolo sociale, l’unico di cui vale la pena parlare e l’unico da raccontare.

Questo libro è la memoria di una scelta generosa. Non solo la vita si è svolta dalla parte giusta, ma è una vita che ha pesato nel cambiare la realtà e ha reso più giusta la società. La dimensione non privata, ma sempre pubblica delle azioni, delle scelte e dell’operare ha collocato nella storia, negli accadimenti del tempo le vite come quella, per cui le memorie di Palmiro ci ricordano quale è stata la costruzione della democrazia, quale eredità di sapienza politica e di volontà la Resistenza ha lasciato in profondità nel nostro popolo. Per questo continuiamo a dire che il nostro paese è sostanzialmente antifascista e democratico; non saranno, certo, le inaccettabili e vergognose nostalgie di oggi a cambiarne il corso. Il cammino della democrazia aperto dalla Resistenza resta saldamente nelle nostre mani.