Carlo Rosselli (il 3° da sinistra) e Nello Rosselli (il 1° da destra) a Firenze, nel 1925, con i redattori di “Non mollare”: Nello Traquandi, Ramorino, Ernesto Rossi e Luigi Emerys

Abbiamo ricevuto in questi giorni una lettera dal comune di Bagnoles de l’Orne che ci invita a ritornare quest’anno a celebrare l’ottantesimo anniversario dell’uccisione dei fratelli Carlo e Nello Rosselli avvenuta il 9 giugno 1937. Eravamo stati a Bagnoles l’anno scorso per la celebrazione del restauro del monumento ivi collocato nel 1949 con un discorso di Ferruccio Parri, il capo della Resistenza al Nord e primo presidente del Consiglio dell’Italia liberata.

È un sintomo evidente e significativo di come la vicenda dei Rosselli a ottant’anni di distanza continui ad appassionare e interessare. Carlo Rosselli, quando venne ucciso era il leader della formazione politica antifascista “Giustizia e Libertà”, e suo fratello Nello, storico del Risorgimento ed antifascista militante, era venuto trovarlo dall’Italia.

Ma chi erano i due fratelli Rosselli? Venivano da una famiglia risorgimentale e mazziniana. In casa di un loro avo, Pellegrino Rosselli, a Pisa, era morto Giuseppe Mazzini, che si celava sotto il falso nome di Mr. Brown, in quanto ancora ricercato dalla polizia italiana. Anche la famiglia di ebrei veneziani da cui veniva Amelia Pincherle, la loro madre, era una famiglia di patrioti risorgimentali che aveva avuto ruoli di rilievo nella Repubblica di Venezia di Daniele Manin. Figlio di un fratello di Amelia, e quindi cugino primo dei Rosselli era Alberto Pincherle, diventato uno scrittore noto in tutto il mondo come Alberto Moravia, ma che non condivise la militanza politica antifascista dei cugini.

Gaetano Salvemini

Proprio questa eredità risorgimentale mazziniana fece dei fratelli Rosselli al tempo della Prima Guerra mondiale degli interventisti democratici, come Gaetano Salvemini e Leonida Bissolati. Anzi, il primo dei fratelli Rosselli, Aldo, nato nel 1895, arruolatosi volontario cadde nel 1916 in Carnia.

Tornati dalla guerra i fratelli Carlo e Nello Rosselli, sotto il magistero del grande storico Gaetano Salvemini, Ernesto Rossi ed altri amici, dettero vita nel 1920 a Firenze al Circolo di Cultura, libera palestra di dibattito e di ricerca. Il 10 giugno 1924 avviene il rapimento e l’uccisione – per mano fascista e con responsabilità del duce del fascismo e primo ministro del regno, Benito Mussolini – del deputato socialista Giacomo Matteotti, che con grande coraggio ed efficacia aveva denunciato alla Camera l’illegalità delle elezioni politiche svoltesi all’insegna della violenza e della minaccia delle milizie armate fasciste. Questi giovani comprendono che bisogna prendere una posizione attiva di lotta e di Resistenza. Carlo, con Gaetano Salvemini e altri giovani, decise di iscriversi allora per solidarietà al PSU, il partito Socialista Unitario di cui era segretario Giacomo Matteotti, Nello e altri all’Unione Democratica di Giovanni Amendola, che morì per le conseguenze di una terribile bastonatura nel successivo 1926.

Il fascismo sembrò vacillare, ma grazie all’appoggio della Corona e dei “poteri forti” dell’epoca riuscì a superare la crisi e a rimanere in sella. Si scatena la “seconda ondata” delle violenze squadristiche e nella notte dell’ultimo dell’anno 1924, il Circolo di Cultura, fortunatamente vuoto, viene assaltato dalle squadracce fasciste e i suoi mobili dati alle fiamme nella vicina Piazza Santa Trinità. Pochi giorni dopo, il Circolo di Cultura viene chiuso d’autorità.

Nel gennaio del 1925, il gruppo dei fratelli Rosselli dà alla luce il primo periodico clandestino antifascista. È il Non Mollare che riuscì ad uscire con regolarità e con ampia diffusione fino a che, nell’autunno 1925, si scatenò contro i suoi diffusori la violenza delle squadracce che portò all’uccisione degli esponenti socialisti Gustavo Console e Gaetano Pilati e del repubblicano Giuseppe Becciolini. Sono i fatti narrati, romanzandoli, nel libro di Vasco Pratolini, Cronache di poveri amanti e a cui si ispirò l’omonimo film di Carlo Lizzani.

Carlo Rosselli comunque non deflette dalla sua attività antifascista. Spostatosi a Milano, dove diede alla luce con Pietro Nenni il periodico Il Quarto Stato fino a quando anche questo venne soppresso, nel novembre-dicembre 1926 organizzò la fuga dell’anziano leader socialista Filippo Turati, praticamente rinchiuso e guardato a vista dalla polizia nella sua casa di Milano. Turati, fatto uscire di nascosto, fu portato poi a Savona e poi, con un motoscafo, in Corsica. Condussero l’impresa, insieme a Rosselli, Sandro Pertini, il socialista futuro Presidente della Repubblica, Ferruccio Parri futuro presidente del Consiglio e Lorenzo da Bove.

Carlo Rosselli e Ferruccio Parri rientrarono in Italia, furono arrestati e processati a Savona, e Carlo Rosselli in particolare venne assegnato al confino nell’isola di Lipari, da dove nel 1929, con un’altra clamorosa impresa, riuscì ad evadere ancora con un motoscafo insieme ad Emilio Lussu, a Francesco Fausto Nitti e a raggiungere la Francia.

Al confino di Lipari, Carlo Rosselli aveva maturato l’idea che occorresse qualcosa di nuovo rispetto alle formazioni politiche, in particolare quelle socialiste, battute dal fascismo. Pertanto, giunto a Parigi, nello stesso 1929 fondava con Emilio Lussi e Alberto Tarchiani il movimento “Giustizia e Libertà” e nel 1930 dava alle stampe in francese il suo testo teorico Socialismo Liberale, su cui aveva lavorato al confino di Lipari. Socialismo Liberale rappresentava una forte e nitida affermazione del principio che la libertà senza giustizia sociale rischia di essere un privilegio per pochi e che il socialismo è incompatibile con la dittatura.

Tale era l’attivismo di Rosselli e del suo movimento anche in un’Italia, ormai strettamente dominata dal regime, che il partito socialista (riunificato nel 1930 da Filippo Turati e Pietro Nenni nell’esilio francese) nonché la concentrazione antifascista, delegavano fino al 1934 alla stessa Giustizia e Libertà l’azione contro il regime in Italia. Nel frattempo, dopo l’avvento di Hitler al potere in Germania, cambiò la politica dell’Internazionale comunista guidata dal PCUS di Giuseppe Stalin. Dalla teoria del “socialfascismo” a causa della quale i comunisti avevano lottato contro i socialisti (e lo stesso Rosselli non era stato risparmiato nella polemica da Palmiro Togliatti), con la cosiddetta Svolta si passava alla politica dei Fronti Popolari, di cui i socialisti e i comunisti erano le principali componenti, e ai patti di unità d’azione come quello tra Psi e Pci.

Il Fronte Popolare vinse nel 1936 in Spagna. Nel luglio 1936 si sollevò contro il governo legittimo una parte delle forze armate spagnole guidate da Francisco Franco e cominciava la guerra civile destinata a durare tre anni e a concludersi con la vittoria del “generalissimo” e l’istaurazione del suo sanguinario regime.

Rosselli accorreva subito a combattere per la Repubblica, al grido “Oggi in Spagna, domani in Italia”. Quando ancora il governo centrale di Madrid non aveva accettato le brigate internazionali, ma la repubblica autonoma della Catalogna sì, Rosselli si recava a Barcellona, costituiva una colonna di giellisti, anarchici e repubblicani e andava al fronte dove veniva ferito nella prima battaglia, quella di Monte Pelato, dove morì il vicecomandante, il repubblicano Mario Angeloni.

Ritornato in Francia in seguito al riacutizzarsi di una flebite, decide di trascorrere alcuni giorni di cura a Bagnoles de l’Orne, una località termale francese in Bassa Normandia. Lì lo raggiunge Nello, che era sistematicamente assegnato al confino ogni volta che Carlo portava a termine una delle sue clamorose imprese.

Da Parigi, era partito un commando dell’organizzazione terroristica di destra francese, la Cagoule, il Cappuccio, in contatto da tempo con il SIM (Servizio Informazioni Militari) posto alle dipendenze del Ministero degli Affari Esteri, retto allora dal genero del Duce, Galeazzo Ciano. Nel vicino bosco di Couterne il 9 giugno 1937 l’auto dei due fratelli si fermò per soccorrere una macchina apparentemente in panne. Ma era un agguato: Carlo e Nello Rosselli, che non avevano ancora compiuto quaranta anni (Carlo era del 1899 e Nello del 1900) furono barbaramente uccisi a pugnalate e revolverate.

Dal tronco di Giustizia e Libertà scaturì nel 1942 il Partito d’Azione, una delle formazioni politiche dirigenti di quella che doveva essere la Resistenza all’occupazione tedesca e alla Repubblica Sociale di Mussolini che dopo l’armistizio dell’8 settembre 1943 si era instaurata nell’Italia centrale e settentrionale. In nome dei Rosselli combatterono le brigate a essi intitolate e le formazioni di Giustizia e Libertà, che, dopo quelle comuniste intitolate a Garibaldi, rappresentarono la seconda, consistente, componente militare della Resistenza.

I Rosselli furono inizialmente sepolti a Parigi al Cimitero del Père-Lachaise. Nel 1951, sindaco il comunista Mario Fabiani, presente il Presidente della Repubblica Luigi Einaudi, con una solenne cerimonia furono traslate a Firenze nel cimitero di Trespiano. Lì fu costituito quello che si chiama il “Quadrato del Non Mollare”. Al vertice vi è la tomba dei Rosselli, con la spada fiammeggiante simbolo di Giustizia e Libertà e la scritta dettata da Piero Calamandrei: Carlo e Nello Rosselli/Giustizia e Libertà/ per questo morirono /Per questo vivono. Davanti alla loro tomba quattro grandi massi portano i nomi di protagonisti della vicenda del Non Mollare: Gaetano Salvemini, Ernesto Rossi, Nello Rosselli, Traquandi ed Enrico Bocci. Quest’ultimo peraltro è solo simbolico. L’avv. Enrico Bocci, diffusore del Non Mollare, si pose, durante la Resistenza a Firenze, nel 1944 alla testa di una Radio Clandestina, Radio Cora. Catturato dai nazifascisti, orribilmente torturato nella famigerata Villa Triste, il suo corpo non venne mai trovato.

Una grande, terribile, ma gloriosa storia. Ottant’anni dopo ripetiamo a nostra volta il loro motto, più che mai attuale: Non Mollare

Valdo Spini, già parlamentare, Presidente della Fondazione Circolo Fratelli Rosselli