Per raccontarvi chi era Paolo Orlandini, la cui scomparsa ha suscitato una grandissima emozione non solo nella sua Ancona ma in tutto il Paese, vi proponiamo il ricordo del presidente provinciale Anpi e a seguire l’orazione funebre tenuta da Claudio Maderloni della Segreteria nazionale dei partigiani

Paolo Orlandini, il comandante partigiano “Millo” ci ha lasciato. Si è spento nel sonno a 97 anni, nella notte tra il 29 e il 30 maggio nella clinica dove era stato ricoverato per insufficienza respiratoria alcuni giorni prima. Combattente prima nell’Anconetano, volontario poi nel nuovo esercito italiano, due volte ferito in combattimento contro i nazifascisti e decorato con la Medaglia d’Argento al Valor Militare, la sua storia e le sue qualità umane sono sempre state di grande esempio.

Paolo Orlandini nel corso dell’intervista con Gad Lerner

La scomparsa di Orlandini ha suscitato viva emozione e sono state tante le attestazioni di cordoglio sia da parte di singoli sia di associazioni. L’ultima sua intervista è stata rilasciata a Gad Lerner e Laura Gnocchi per “Noi partigiani”, il memoriale della Resistenza italiana promosso dall’Anpi. Lerner, che era tornato a incontrarlo per il documentario La scelta in occasione del 75° anniversario della Liberazione, ha voluto salutarlo con un post sui social: “Porterò per sempre nel cuore il ricordo del comandante partigiano Paolo Orlandini… Aveva compiuto gesti eroici, ne parlava con modestia”.

Era un uomo profondamente buono “Millo” e per questo quando pensava ai compagni di lotta uccisi diceva “Forse sono cattivo, ma non posso perdonare i fascisti”.

Diventò comandante giovanissimo, a soli 18 anni, nel ’44. “Pensavamo – racconta nell’intervista consultabile sul memoriale “Noi partigiani” – che gli ufficiali in servizio effettivo fossero con noi, e invece niente. Ne siamo riusciti a mobilitare in tutta la regione solo 130-140 e così abbiamo dovuto impare noi per sostituirci a loro. Sono partito con 6 uomini e alla fine ne avevo 460, suddivisi inizialmente in dieci distaccamenti”.

Paolo Orlandini durante il video realizzato per la campagna “Partigiani per Giulio”

L’Associazione nazionale dei partigiani lo ricorda “con commozione e ammirazione” anche per la sua partecipazione alla campagna nazionale “Partigiani per Giulio” del dicembre 2020, volta a chiedere giustizia per Giulio Regeni. La sezione Anpi di Ancona non può dimenticare le azioni partigiane al comando di vari distaccamenti nelle zone di Ancona, Osimo, Cingoli, Frontale e ne sottolinea il costante impegno nell’associazione nel corso degli anni con una grande attenzione verso i giovani, in particolare gli studenti.

Lucidissimo fino in punto di morte, era sempre molto informato sui fatti dell’attualità politica. All’inizio di maggio, ad esempio, a proposito dell’ascesa delle destre e del messaggio del 25 aprile del Direttore dell’ufficio scolastico regionale delle Marche, Marco Ugo Filisetti, aveva dichiarato: “Questa destra fa paura perché resta legata ai valori del fascismo, sono preoccupato. Filisetti di fatto ha messo tutti sullo stesso piano, parlando di sogni reciproci tra chi praticava la violenza e le vittime. Chi propone una determinata rilettura della storia è pericoloso. Il Provveditore ha ritirato fuori il concetto di guerra civile per minimizzare tutto: la nostra è stata una guerra di Liberazione. Stop”.

Già altre volte Orlandini aveva dovuto difendere la memoria storica della Resistenza, nella premessa al suo libro Da balilla a Partigiano, in cui raccontava le sue vicende personali di combattente per la libertà, scriveva infatti: “quando qualcuno dirà che la guerra di Liberazione non è stata altro che una guerra civile, noi che l’abbiamo combattuta diciamo che la guerra civile è stata fatta solo dai fascisti contro i Partigiani… Noi facemmo la guerra per liberarci dall’oppressione tedesca e dalla tirannide fascista. La guerra civile la fecero loro, i fascisti, servitori dei tedeschi”.

Poi, a conclusione del suo discorso affermava: “questa è la differenza e smettiamola una volta per tutte di mettere sullo stesso piano chi ha combattuto per liberà di tutti e chi l’ha sempre negata in nome di un ordine nuovo”.

E i combattimenti il partigiano Millo non li ha mai dimenticati: “dall’8 settembre del ’43 – diceva – al 29 aprile del ’45 sono stato in guerra e da allora i combattimenti li sogno di notte. Ho rispetto per i caduti degli altri (…) se loro hanno il rispetto dei miei caduti, ma non mescoliamo le cose: sono due entità completamente diverse”.

I carri armati “Sherman” del 4° reggimento corazzato guadano il fiume Musone nella zona di Casenuove (www.comuneosimo.an.it)

Non si è mai pavoneggiato per la Medaglia d’Argento al Valore Militare “Me l’hanno data per la Liberazione di Osimo, il 6 luglio 1944. Le altre città erano state sgomberate dai tedeschi, Osimo l’abbiamo conquistata noi. La medaglia l’hanno data a me, ma era da condividere con tutta la formazione che combatté in quel periodo”.

Dopo quegli scontri ne seguirono altri, perché la guerra di Liberazione continuava oltre le Marche e tanti partigiani della nostra regione, oltre che dell’Umbria e della Toscana andarono a formare il nuovo esercito italiano, il Cil, da affiancare alle truppe di Liberazione. E cosi per il comandate Millo iniziò una nuova stagione. “A casa – ricordava nel libro – non dissi nulla, neanche alla fidanzata, fino al mattino della partenza. Mi alzai presto, feci il bagno e appena sveglia mia madre le chiesi di prepararmi lo zaino, con un po’ di biancheria pulita. Mia madre non disse niente, mi preparò lo zaino e mi chiese dove andassi. Risposi che andavo soldato. Emise un lungo sospiro e ci abbracciammo forte”.

Un testimonianza fotografica del Museo della Liberazione di Ancona ad Offagna (www.offagna.org)

La guerra da soldato continua al nord fino all’Adige, fino al Brenta, fino a Mestre, dove Paolo rimase ferito ad un braccio e iniziò per lui una serie di trasferimenti in vari ospedali militari inglesi e italiani, da Mira a Rovigo, a Rimini, a Loreto, Macerata e infine Osimo, quasi a casa.

Poi, a guerra finita, venne l’impegno politico, prima nel Pci e poi Pd volto a costruire nel rispetto della Costituzione quella società più giusta e democratica per la quale aveva combattuto. Nei suoi ultimi giorni diceva: “siamo rimasti in pochi e presto non resterà che la memoria”.

Ma la memoria di quel giovane combattente partigiano, costellata di episodi indelebili e dolorosi, di compagni e amici caduti sul campo di battaglia, di fucilazioni e impiccagioni, non andrà perduta. Il comandante Millo, resta un monito, specialmente tra le giovani generazioni, tra quei ragazzi che tante volte aveva incontrato nelle scuole a nome dell’Anpi provinciale (di cui era stato presidente onorario), e ai quali aveva dedicato i suoi ricordi: “ai giovani desiderosi di sapere e ricordare affinché non si ripetano gli errori e gli orrori che hanno travagliato e segnato la vita di due generazioni di uomini e di donne”.

Daniele Fancello, presidente Comitato provinciale Anpi Ancona

L’orazione di Claudio Maderloni

Ciao Paolino. È una delle poche volte che ti chiamo così: per me sei sempre stato il compagno Paolo, partigiano combattente, parte del Corpo volontari per la Libertà. Non ricorderò in dettaglio tutte le tue azioni: per quelle ci sono i libri e il tanto materiale prezioso che hai lasciato, comandante Millo. Alcune però vanno rammentate perchè è facile diventare comandante non ancora ventenne, guidare giovani e inesperti di armi, prima 6 elementi, poi quasi 500. Una grande responsabilità e un peso enorme nel cuore, lo raccontavi con sofferenza. Liberaste Osimo e per quella liberazione sei stato insignito della Medaglia d’Argento al Valore Militare, che dicevi sempre essere un riconoscimento per tutti quelli che avevano lottato per liberare la città.

Anche la battaglia di Valdiola e il ponte di Chigiano erano nei tuoi pensieri, insieme ai ricordi funesti delle perdite dei compagni e di tuo cognato. Hai conosciuto la crudeltà della guerra, ma anche la fratellanza e la gratitudine della popolazione. E, ferito, hai continuato a incoraggiare gli altri ad andare avanti. Liberata la provincia di Ancona, potevi tornare a casa e invece ti sei arruolato nel Corpo volontari della Libertà e hai continuato a combattere per liberare l’Italia dalla dittatura fascista e dall’invasore nazista, fino a Venezia: ma, ferito per la seconda volta, tornerai da liberatore.

Il comandante “Millo” intervistato da Gad Lerner

La durezza della lotta non ha mai modificato la tua natura buona, gentile, rispettosa dell’essere umano. Sono sicuro avresti preferito che io avessi parlato delle ragioni che avevano spinto voi giovani resistenti a quella scelta.

Io ti ho conosciuto nella sezione del partito, dove ho imparato ad apprezzare le tue capacità di ascolto e di indirizzo, per poi incontrarti nuovamente  nella nostra associazione, l’Anpi, la casa dei partigiani, allora, e oggi casa di tutti gli antifascisti. Ho stimato la tua persona, il tuo essere punto di riferimento nella comunità straordinaria rappresentata dal nostro rione, un quartiere popolare che negli anni è molto cambiato, ma dove i tuoi insegnamenti, spontanei e di poche parole, sono ancora vivi.

La prima immagine che mi viene in mente ora è tua moglie Zeffira, donna tra le donne coraggiose, cresciuta in una famiglia antifascista, gli Espinosa, che hanno pagato un prezzo alto al proprio ideale di libertà.

Poi mi viene in mente il rigore morale e politico che, negli uomini come te, era una specie di energia vitale. Ti si addice quella considerazione che un altro grande ha fatto di se stesso: “credo di essere semplicemente un uomo medio, che ha le sue convinzioni profonde, e che non le baratta per niente al mondo”.

I resti di un aereo da guerra abbattuto nella zona di Osimo (www.comuneosimo.an.it)

Mi sono sempre rimasti impressi i tuoi racconti di antifascismo, sin da quando tuo padre, per non farti mettere la camicia nera, ti aveva preferito con la divisa da marinaio. Parlavi della tua esperienza di giovane amante delle armi, di come frequentavi la gioventù fascista. Poi, quando ti sei reso conto della cattiveria, testimone sgomento del ceffone di un capomanipolo a un anziano, si sono palesate le falsità del regime e ti sei ribellato. Questa tua ribellione è stata notata.

Mi facevi sorridere quando mi raccontavi che per una settimana ti hanno pedinato e poi, quando si sono presentati, erano antifascisti, non capivi. Allora hai iniziato a leggere i libri della biblioteca clandestina e ti si è aperto un mondo, completamente diverso da quello imposto dal fascismo. È stato lì che hai capito che quel gesto di ribellione aveva un fondamento reale forte: tu avevi un’altra natura e la voglia di libertà era parte di te.

Hai sempre dato molto al rapporto con gli studenti e negli incontri con i più giovani non mancavi mai di indicare la Costituzione come asse fondamentale della convivenza civile. In questi ultimi dieci anni ti abbiamo chiesto molto di più, perché più l’aria s’inquinava e più c’era bisogno di chi aveva fatto la lotta di Liberazione. Tu non sei mai stato avaro del tuo tempo, perfettamente consapevole dell’importanza della tua testimonianza. Infatti, era con te che i ragazzi volevano parlare e ti rivolgevano le domande più pungenti o smaliziate. Sapevi sempre cosa rispondere perché: conoscevi la curiosità dei giovani sulla guerra, sulle azioni, sui sentimenti tuoi e dei tuoi compagni. Sicuramente una parte di te era rimasta giovane.

Il comandante “Millo” in una foto d’epoca (www.storiamarche900.it)

Rispondevi sempre e ampliavi il panorama: parlavi loro degli ideali per cui avete lottato, dei sentimenti, delle passioni, della fratellanza e spiegavi che quanto avevate conquistato non era solo per chi aveva lottato, ma soprattutto doveva servire alle nuove generazioni. Incarnavi quel principio più volte affermato da Arrigo Boldrini, il comandante Bulow: abbiamo combattuto per chi c’era, per chi non c’era e anche per chi era contro.

Caro Paolo, quante volte abbiamo discusso, quante volte abbiamo lavorato fianco a fianco affinché il ricordo diventasse memoria attiva, strumento reale per scardinare alcune delle piaghe della nostra società. Per un anno intero, quotidianamente, mi hai mandato un tuo aggiornamento che io inserivo nella pagina del comitato regionale dell’Anpi. Appunti, quelli di “un anno con nonno P.”, utili per far conoscere la verità su quanto accaduto, consapevole che da quella verità poteva nascere un sentimento forte, capace di determinare, oggi, la nostra identità di liberi cittadini.

Un momento della cerimonia funebre per Paolo Orlandini (www.anpimarche.it)

Parlavi della guerra d’Africa e pensavi alla necessità di non escludere nessuno per il colore della pelle. Scrivevi della dichiarazione di guerra alla Jugoslavia, all’Albania e alla Grecia e pensavi che il terrore imposto in quei luoghi doveva essere monito per bandire le guerre. Riflettevi sulle leggi razziali e dicevi che avremmo dovuto mobilitarci contro ogni razzismo. Ogni giorno, per un anno, abbiamo fatto questo lavoro insieme, e quanta soddisfazione quando qualche insegnante ci chiedeva copia di quel lavoro e se potevi essere presente per parlare con i ragazzi. Ti amareggiava e inquietava vedere la scuola, culla della conoscenza che deve formare le coscienze, non riconoscere il valore della Resistenza, della lotta di Liberazione e della democrazia conquistata. E perciò era necessario continuare il lavoro contro ogni tentativo di fascismo. Ancora una volta avevi messo in pratica un principio antifascista: impegnarsi per la verità e per la democrazia.

Ecco, tu eri questo.

(www.anpimarche.it)

Spesso eravamo in disaccordo su questioni politiche, ma non è mai scaturita un’avversione, perché bastava un tuo sorriso o una pacca sulla spalla per stemperare ogni tensione.

La tua ultima intervista non è stata quella straordinaria rilasciata a Gad Lerner, poi inclusa nel Memoriale della Resistenza italiana: l’Anpi nazionale ti aveva chiesto di registrare un appello per chiedere la verità su Giulio Regeni: l’hai fatto, con generosità e nel tuo stile inconfondibile, con lo spirito battagliero di sempre.

Caro Paolo, mancherai alla tua famiglia perché lo spazio che riempivi era enorme, importante, imponente. I legami che hai creato con quanti ti hanno conosciuto sono affetti sinceri e profondi. Mancherai a tutti noi, alla democrazia e alla libertà di questo Paese, all’eguaglianza e alla giustizia. Mancherai alla nostra associazione nazionale e la segreteria nazionale Anpi, tramite me, si stringe a tutta la tua famiglia.

Noi continueremo la vostra battaglia, così ci sentiremo meno soli e vi avremo vicini.

Ciao Comandante. Tuo Nino.

Claudio Maderloni, Segreteria nazionale Anpi