Tela di Michael Hussar (da http://www.collater.al/wp-content/uploads/2013/02/hussar-buffoon-e1361638441516.jpg)
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«Viene superato l’anacronistico bicameralismo paritario indifferenziato, con la previsione di un rapporto fiduciario esclusivo fra Camera dei deputati e Governo… I procedimenti legislativi vengono articolati in due modelli principali, a seconda che si tratti di revisione costituzionale o di leggi di attuazione dei congegni di raccordo fra Stato e autonomie, dove Camera e Senato approvano i testi su basi paritarie, mentre si prevede in generale una prevalenza della Camera politica, permettendo al Senato la possibilità di richiamare tutte le leggi, impedendo eventuali colpi di mano della maggioranza, ma lasciando comunque alla Camera l’ultima parola. La questione della complicazione del procedimento legislativo non va sopravvalutata, poiché non appare diversa la situazione di tutti gli Stati composti: in ogni caso, e di nuovo in continuità con le esperienze comparate, la riforma prevede la prevalenza della Camera politica».

Così recita il “Manifesto del Sì” (1) – un documento elaborato in risposta, si può dire, al “Manifesto dei 56 costituzionalisti”, fra i quali 11 ex-Presidenti della Corte Costituzionale (2), che si erano espressi a favore del NO al Referendum – ai suoi commi 1 e 2. Quel documento (del Sì) afferma, in premessa, che «il Parlamento della XVII legislatura è riuscito a varare… una riforma costituzionale che affronta efficacemente alcune fra le maggiori emergenze istituzionali del nostro Paese».

Si resta davvero sbalorditi nel leggere di “emergenze istituzionali”, (addirittura!), delle quali, per la verità, la quasi-totalità dei cittadini non si è mai accorta. Ma conviene affrontare per gradi il contenuto della parte di quel “Manifesto” dedicata all’asserito “superamento” e in generale alle caratteristiche del procedimento legislativo disegnato dalla “Riforma”.

stephen-king-itÈ opportuno fare ricorso, quando possibile, a fonti documentali elaborate da entità che sono, per definizione, al di sopra delle contese. È il caso di due documenti dovuti al Servizio Studi della Camera dei Deputati, notoriamente costituito da persone di alto livello culturale. Nella contingenza attuale esso ha prodotto dei “Dossier” di grande interesse politico, riferiti alla “Riforma” Renzi-Boschi: l’uno (318 pagine) intitolato “La Riforma Costituzionale – Schede di lettura” (3); l’altro (50 pagine) intitolato “La Riforma Costituzionale – Sintesi del contenuto” (4). Un altro documento di estrema utilità è quello intitolato “Osservatorio sulla legislazione“, di circa 80 pagine, aggiornato al 15 giugno 2016 (5).

 

Si può partire proprio da quest’ultimo per contestare l’affermazione – tante volte ripetuta dai sostenitori del Sì – secondo la quale lo scopo principale del superamento del cosiddetto “bicameralismo paritario” è quello di eliminare le lungaggini dovute agli “andirivieni” (o “navetta”, secondo altri) fra Camera e Senato, che fanno sì che una legge ordinaria impieghi – a loro dire – più di 500 giorni (sic!) per essere approvata. L’affermazione si rivela infondata, se non coscientemente falsa: alla pag. 3 del documento citato si trova una tabella che riporta «gli atti normativi emanati nei primi tre anni e tre mesi della XVII legislatura, dal 15 marzo 2013 al 15 giugno 2016». Da tale tabella risulta che in quei 39 mesi (24 dei quali appartengono al Governo Renzi) sono stati approvati complessivamente 463 atti, con una media di 11,87 al mese, 219 dei quali (media mensile di 5,61) consistenti in leggi ordinarie, e poi 78 decreti-legge e 145 decreti legislativi (le “leggi-delega”). Non pare che sia poco: anzi, è anche troppo. Quindi, è falso che il “bicameralismo paritario” non consenta di legiferare con rapidità; quando questo accade, le ragioni non sono “tecniche” ma di altra natura: politiche. Le leggi si bloccano alla Camera o al Senato quando non c’è accordo politico fra i partiti o – anche, spesso – all’interno stesso dei partiti.

Come pure risulta strabiliante l’affermazione – molto ripetuta dalle stesse fonti – secondo la quale la “doppia fiducia” Camera-Senato sarebbe causa di instabilità governativa: è un’affermazione contradditoria ed un po’ “disinvolta”, da parte di chi è al Governo da ormai circa tre anni ed è riuscito perfino – con molte “manovre parlamentari” spesso discutibili – a far approvare una contestatissima “Riforma” costituzionale, che sta visibilmente spaccando il Parlamento ed il Paese. Più “stabilità” di questa?

Detto questo, è assolutamente lecito ambire al superamento del “bicameralismo paritario” (procedimento legislativo assegnato a entrambe le Camere) come anche a un “rapporto fiduciario esclusivo fra Camera dei deputati e Governo”, e questo può essere fatto sia mantenendo due Camere entrambe elettive e assegnando a esse funzioni diverse – il “bicameralismo differenziato” – sia abolendo del tutto il Senato e mettendosi in condizioni di “monocameralismo”. Entrambe le soluzioni sono perseguibili in modo democraticamente legittimo, senza ridurre la sovranità popolare: la questione sta nel “come” si mette mano all’una o all’altra soluzione, e se lo si fa in modo che il gioco valga la candela (o, per dirla in modo più elegante e adeguato alla materia in discussione, che esso risulti “a somma positiva”). Ed è proprio il “come” la ragione per la quale è sorto un “fronte del NO”, in opposizione non all’idea stessa di “Riforma”, ma per il modo in cui questa “Riforma” – che non segue né l’una né l’altra via – è stata concepita e “licenziata”.

Il manifesto della Repubblica Romana (1849)
Il manifesto della Repubblica Romana (1849)

Quanto al procedimento legislativo, che è regolato principalmente dal nuovo art. 70: il “Manifesto del Sì” sostiene (lo si è riportato all’inizio) che «I procedimenti legislativi vengono articolati in due modelli principali». Ora basta leggere quell’ormai famigerato articolo 70 – criticato, per la forma e per i contenuti, con parole durissime da uno stuolo di costituzionalisti di prim’ordine e di persone di cultura – per rendersi conto che il “Manifesto”, per così dire, “la fa troppo facile“, perché le cose stanno molto diversamente. Lo prova il fatto che i due documenti della Camera citati dedicano – invito ad usare i link indicati e consultarli, anche solo guardarli, per rendersi conto di persona – il primo (le “schede”) ben sei pagine (66-72) ed il secondo, che è “di sintesi” (figuriamoci!) oltre quattro pagine (16-21) per spiegare, e cercare di rendere intelligibile al popolo, il “Procedimento legislativo”: la necessità di una trattazione così articolata è la prova lampante del fatto che si tratta di percorsi tutt’altro che facili, tanto che è addirittura molto difficile capire il testo dell’articolo. Ho sentito dire dal Presidente del Consiglio, e da molti suoi seguaci, che “chi conosce il diritto parlamentare non trova difficile quella lettura” (!). Sembra uno scherzo: qualcuno dovrebbe ricordare al Presidente e ai suoi zelanti collaboratori che la Costituzione deve poter essere agevolmente letta e capita dai cittadini, anche (e soprattutto) da quelli meno evoluti, non solo da chi conosce il diritto parlamentare.

La Costituzione della Repubblica Romana. Principi fondamentali, articolo 1: “La sovranità è per diritto eterno del popolo”
La Costituzione della Repubblica Romana. Principi fondamentali, articolo 1: “La sovranità è per diritto eterno del popolo”

Ma c’è un passaggio che rivela la “cattiva coscienza” di chi parla di facilità e di semplificazione: quello in cui il “Manifesto” afferma che «La questione della complicazione del procedimento legislativo non va sopravvalutata». Ricordiamo: a) per sedici materie resta intatta la competenza paritaria bicamerale; b) come osserva testualmente il citato documento “Schede di lettura” della Camera, pag. 67: «Se si considera la partecipazione al procedimento legislativo, tutti i procedimenti risultano “bicamerali” perché a tutti i procedimenti prendono parte – sia pure, nella maggior parte dei casi, con poteri diversientrambe le Camere»; c) come hanno calcolato illustri costituzionalisti quali Azzariti, De Siervo, Ferrajoli, Zagrebelsky ed altri, la “Riforma” istituisce, da uno solo che era, ben dieci procedimenti legislativi diversi. Dunque la complicazione esiste, non è un’invenzione dei detrattori della “Riforma”.

E la giustificazione che viene data aggrava ancora di più le cose, quando dice che «non appare diversa la situazione di tutti gli Stati composti: in ogni caso, e di nuovo in continuità con le esperienze comparate, la riforma prevede la prevalenza della Camera politica»: anzitutto non è bello che vi siano “prevalenze“, perché le due Camere devono essere o paritarie o differenziate per funzioni, ma non ce ne deve essere una “sottomessa” all’altra; e poi: dobbiamo dunque consolarci con il fatto che gli altri non stanno meglio di noi, noi che abbiamo, nella Costituzione vigente, un procedimento legislativo descritto in nove parole, «La funzione legislativa è esercitata collettivamente dalle due Camere»? Ma perché, viene da chiedersi, dovremmo rassegnarci a una Revisione così contorta, giudicata negativamente anche da costituzionalisti – faccio emblematicamente il caso di Francesco Paolo Casavola, ex-Presidente della Corte – che non nascondono la propria simpatia per Renzi ed il suo Governo, e tuttavia dichiarano che «Questa Riforma non va»? Perché non è stato possibile, perché non sarebbe possibile – meglio: perché non sarà possibile, dopo aver respinto questa “Riforma” contorta –, fare le cose in modo più chiaro e lineare, affinché la Costituzione resti di dominio pubblico e possa continuare ad essere la “casa di tutti“, quella in cui tutti si riconoscono, che possono di tanto in tanto andare a consultare per rinfrescarsi la memoria e chiarirsi dei dubbi (non farsi venire il mal di testa per capire), senza doversi sobbarcare studi di “costituzionalismo comparato” oppure di “diritto parlamentare“, come incredibilmente qualcuno suggerisce (o forse pretende)?

Sono queste le ragioni che fanno concludere che questa “Riforma”, quella di cui si parla e sulla quale voteremo, non solo non supera affatto il “bicameralismo paritario” ma introduce al suo posto un “bicameralismo informe e sgangherato” (Claudio de Fiores, docente di diritto costituzionale). Per questo è opportuno votare NO perché non ha senso, se non quello di farsi del male inutilmente, cambiare in peggio.

Franco Bianco – Ricercatore in scienze economiche e sociali

Link

(1) http://www.bastaunsi.it/wp-content/uploads/2016/06/ragioni-del-si.pdf

(2) https://coordinamentodemocraziacostituzionale.net/2016/04/29/56-costituzionalisti-bocciano-la-riforma-della-costituzione-boschi-renzi/

(3) http://documenti.camera.it/leg17/dossier/pdf/ac0500p.pdf

(4) http://documenti.camera.it/leg17/dossier/pdf/ac0500q.pdf

(5)http://www.camera.it/application/xmanager/projects/leg17/attachments/documenti/pdfs/000/001/119/CL009_15_06_2016_2_.pdf