
L’ultimo è stato Bruno Vespa, ma da tempo ormai, soprattutto navigando sul web ci si imbatte in ricostruzioni “fantasiose” o tendenziose, sul ventennio. Purtroppo spesso fanno presa, soprattutto fra le nuove generazioni e fra chi la storia contemporanea, materia sovente bistrattata, poco la conosce. Dunque può essere utile tornare sull’argomento del rapporto tra il regime fascista e gli italiani. E porsi qualche domanda.
Sfogliando un qualsiasi vocabolario, alla voce “consenso” si spiega che la parola intende una “conformità di voleri”, un essere d’accordo di pensiero o d’azione.

Era questa la corrispondenza tra il numero uno del fascismo e gli italiani cui faceva riferimento Bruno Vespa quando ha affermato, promuovendo in diretta tv il suo ultimo libro: “racconto gli anni del consenso: Mussolini ha avuto un consenso enorme, all’estero e anche in Italia, per le sue opere sociali”?
Il conduttore di Porta a Porta non è uno storico e neppure un giornalista, bensì un artista, come lui stesso si definì in occasione della vicenda del tetto ai compensi Rai. Però le licenze poetiche non dovrebbero essere concesse se ci si misura con la storia. Anzi, si suppone che ogni interpretazione sia almeno documentata.
Il 23 settembre 1939 il Minculpop invita la stampa a pubblicare un discorso di Mussolini, indicando che «poteva essere commentato», ma precisando: «il commento ve lo inviamo noi».

Questo dunque era il consenso “spontaneo” al regime.
Il controllo della stampa e della comunicazione è obiettivo primario che ogni dittatura mette al primo punto del proprio programma perché significa controllo della libertà di pensiero e quindi di scelta. Ancor oggi, infatti, la verifica e la denuncia della repressione della stampa e della comunicazione libera sono diventate le maggiori cartine di tornasole per valutare le odierne democrazie.
Il Minculpop dava quotidianamente ai giornali opportune “disposizioni di stampa” riservate, le “veline”. Le indicazioni erano sempre dettagliate e costituirono una azione di vera e propria censura da parte del regime, destinata a incidere sul tessuto sociale del Paese.
Ecco alcune perle oltremodo significative tratte dal libricino di Ottaviani:

– disposizione Min. Stampa e propaganda del 26.6.1935: «Non pubblicare fotografie di Carnera a terra». Primo Carnera era un famoso pugile che, dopo un’importante vittoria su un ring a New York, si era affacciato con Mussolini dal balcone di Piazza Venezia, indossando l’uniforme della milizia fascista.
– disposizione Min. Stampa e propaganda del 26.12.1936: «non occuparsi mai di nessuna cosa che riguardi Einstein».
– disposizione Min. Stampa e propaganda del 14.8.1937: «nelle corrispondenze dalla Sicilia non si deve pubblicare che il Duce ha ballato».

– disposizione Minculpop del 17.7.1939: «Non pubblicare fotografie e disegni di donne raffigurate con la cosiddetta ‘vita di vespa’. Disegni e foto devono rappresentare donne floride e sane».
– disposizione Minculpop del 26.1.1943: «è fatto divieto assoluto di pubblicare commenti o critiche sull’affollamento dei mezzi di trasporti urbani».
– disposizione Minculpop dell’1.6.1943: «non occuparsi per ora di questioni concernenti l’avanspettacolo e le riviste di teatro».
– disposizione Minculpop del 23.6.1943: «non occuparsi di edizioni italiane di opere di Tolstoj, Dostoevskij, ecc».
Quello che si imponeva alla stampa era chiaramente il risvolto quotidiano nella società di un clima poliziesco che si affermava a colpi di denunce, calunnie, spiate, paura, condanne, etc. gestite dal potere. Era dunque un consenso imposto, cioè un ossimoro.

TP fu diffidato. La diffida era il primo livello dei provvedimenti previsti dalle leggi speciali del 1926, seguivano poi l’ammonizione e infine la denuncia, che poteva essere depositata alle Commissioni provinciali per il confino, o al Tribunale speciale.
Un figlio che denuncia il padre alle ridicole gerarchie del fascio in nome della politica! Questo era il clima sociale instaurato sulla delazione e le conseguenze per un litigio in famiglia di aver staccato una piccola foto del duce staccata dalla parete. E si potrebbero moltiplicare gli esempi tratti dallo studio di episodi della vita quotidiana durante il regime.
Da ultimo, avallando la necessità comunque di sorridere ancora, viene spontanea una domanda, anche un po’ cattiva (ma l’interessato son sicuro reggerà): “Chi è oggi il Minculpop che suggerisce, con le proprie veline, a Vespa i suoi commenti apologetici del fascismo e i suoi fantasmagorici libri?”
Massimo Michelucci, direttore Istituto storico Resistenza Apuana (Isra), del direttivo sezione Anpi Massa
Pubblicato venerdì 27 Novembre 2020
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