
“L’arte cambia la mente delle persone e le persone cambiano il mondo”: così la giovane Shamsia Hassani accoglie il visitatore che approda sul suo sito ufficiale in rete. Concretizzando le parole, Shamsia Hassani, la prima street artist donna in Afghanistan, pittrice e docente di scultura all’accademia di Belle Arti di Kabul, dov’è tornata volontariamente nel 2005 rischiando la vita, dopo i molti successi e riconoscimenti in Occidente, anima i muri disastrati della città.

Arte, la sua, che si fa impegno politico fin da subito – dal 2014 è uno dei 100 pensatori globali più importanti per la rivista statunitense Foreign Policy, è inclusa nel secondo volume di Goodnight Stories for Rebel Girls, ritratti di donne rivoluzionarie di tutto il mondo ed è cofondatrice di Berang, organizzazione no profit che in Afghanistan promuove l’arte e la cultura – scelta che oggi la obbliga a nascondersi in un luogo segreto dal quale continua a lavorare alla serie di opere Death to Darkness.
Le opere di Shamsia Hassani ora vivono nel cuore della tragedia, aggrappate a muri che si stanno sgretolando sotto le bombe della dittatura, diventando emblema di impegno, solidarietà, consapevolezza. Guardiamole nei begli occhi dalle lunghe ciglia, queste colorate donne coraggiose, figlie di un’artista unica e tenace che con le sue armi – spray e pennelli – ogni giorno cerca di creare un mondo migliore.
Negli anni, Shamsia Hassani ha esposto e realizzato opere in tutto il mondo, da Los Angeles a New York fino in Germania, Norvegia e anche in Italia, a Firenze.

A guidarla, sempre, una convinzione: “l’arte è più forte della guerra. Voglio colorare i brutti ricordi della guerra sui muri. Forse, se riesco a colorare questi brutti ricordi, allora riesco anche a cancellare la guerra dalla mente della gente. Voglio rendere l’Afghanistan famoso per la sua arte, non per la guerra”, diceva.

Sebbene la strada da percorrere per giungere alla meta sia ancora lunga, la giovane street artist desidera impiegare le proprie forze per far sì che l’Afghanistan, l’Iran e tutti quei luoghi in cui ancora l’educazione e la parità sembrano essere irraggiungibili, possano un giorno ricostruire la storia del Paese a partire da quelle stesse pietre che oggi cedono sotto bombe e proiettili che stanno distruggendo città e speranze.
Elisabetta Dellavalle, giornalista e docente, collabora con La Stampa
Pubblicato sabato 8 Gennaio 2022
Stampato il 30/09/2023 da Patria indipendente alla url https://www.patriaindipendente.it/primo-piano/dove-la-resistenza-e-un-muro-a-colori-ed-e-donna/