Il ministro dell’Istruzione e del merito, Giuseppe Valditara

La prima uscita pubblica del ministro dell’Istruzione e del Merito, Giuseppe Valditara, una paginetta più quattro righe, indirizzata il 9 novembre, nel “Giorno della libertà”, a tutte le scuole del Paese ha suscitato fior di polemiche per i clamorosi errori storici, le omissioni, le dimenticanze e una distorta lettura degli eventi contemporanei. Valditara, classe 1961, professore ordinario di istituzioni di diritto romano, in quota Lega, già consigliere di Matteo Salvini, è il numero uno del dicastero.

La lettera del ministro Valditara, il suo primo messaggio indirizzato alle scuole

In questo evento ci pare di leggere il senso di rivalsa che ha punteggiato i discorsi – ma anche gli sguardi e i gesti – di altri protagonisti dell’esecutivo. Una rivalsa talmente a lungo covata che, come la stessa Meloni ha voluto sottolineare, molte sono le persone che l’avrebbero voluta vivere ma sono nel frattempo scomparse.

All’inizio del mese si sono completati i passaggi che hanno dato forma definitiva all’esecutivo. Sebbene non tutti i giochi siano fatti, sarà infatti particolarmente interessante capire fin dove si spingerà lo spoil-system, abbiamo una prima idea di quanto le radici nel neofascismo – che quella rivalsa sente particolarmente – alimentino l’azione politica di alcuni membri del governo.

Diamo un’occhiata a questo sottobosco.

La promozione degli eventi di Lealtà-Azione con Paola Frassinetti

Paola Frassineti, avvocatessa e nome di spicco della destra sociale milanese, è sottosegretaria di Stato all’Istruzione. Una lunga carriera politica cominciata nel Fronte della Gioventù e che ha seguito le varie evoluzioni del Movimento sociale italiano.

Nel 2011 partecipa da vicepresidente della Commissione Cultura della Camera dei Deputati a iniziative di Lealtà-Azione. Nel 2016, da responsabile regionale di Fratelli d’Italia, fa altrettanto, dividendo il palco fra gli altri con Gabriele Adinolfi, fondatore di Terza Posizione, il gruppo eversivo protagonista del neofascismo negli anni di piombo.

La pagina “Pensiero e Valori” del sito di Lealtà-Azione quando Frassinetti rappresentava le istituzioni ai loro eventi.

Il rapporto continuativo con Lealtà-Azione, formazione aggregatasi a partire dagli ambienti Hammerskin, è particolarmente preoccupante perché ripetuto nel tempo. Eppure quelli erano gli anni in cui Lealtà-Azione non faceva niente per nascondere il proprio riferimento agli ambienti del nazismo. I tributi al pensiero di Pound, Degrelle e Codreanu erano sbandierati. Ci si chiede se la rivendicazione di queste ascendenze ideali e – se così si può dire – valoriali a tre paladini del più brutale antisemitismo non ha fatto sorgere alcun dubbio all’on. Paola Frassinetti. Davvero si possono portare le istituzioni che si rappresentano al servizio di chi si rifà a quelle idee? Degrelle, oltre che ufficiale delle SS, è stato nel dopoguerra fra i più noti negatori della Shoah. Il movimento politico fondato da Codreanu si è reso colpevole di stragi di ebrei di ogni età, passate alla storia per l’indicibile efferatezza.

Milano. Neofascisti in corteo per Sergio Ramelli (Imagoeconomica)

Altro episodio significativo. Tre anni fa una manifestazione non autorizzata a Milano e capeggiata dal leader di CasaPound Italia, Gianluca Iannone, tenta di sfilare in occasione dell’anniversario dell’uccisione di Sergio Ramelli. Seguono incidenti e tafferugli fra la polizia e i neofascisti. È proprio l’insistenza di Frassinetti, intervenuta con altri parlamentari di Fratelli d’Italia, a permettere infine ai militanti di CasaPound, Forza Nuova e Lealtà-Azione di sfilare.

E vale la pena sottolineare che il ricordo del ragazzo ucciso da estremisti di sinistra nel 1975 era già stato portato dal sindaco della città in mattinata. Lì Frassinetti non aveva ritenuto di partecipare, mentre l’ha fatto la sera, fra i saluti romani.

Che Frassinetti poi, sempre nel 2019, partecipi a un convegno di CasaPound non costituisce neppure una sorpresa, visto che nello stesso anno l’attuale Presidente del Senato Ignazio La Russa – e allora vicepresidente della stessa istituzione – fece qualcosa del tutto simile, partecipando alla festa nazionale della tartaruga frecciata.

Insomma, non è un’esclusiva di Frassinetti l’uso degli incarichi istituzionali in ambiti politici ostili alla nostra storia democratica. Per onor di cronaca: il convegno in questione si intitolava Nessuna Europa è possibile se non ci liberiamo dell’Unione Europea. Come questo sia compatibile con le posizioni dichiarate dal governo non è chiaro, oppure Frassinetti ha ribaltato le proprie convinzioni di tre anni fa?

Galeazzo Bignami, FdI, vice ministro per le Infrastrutture, al giuramento dei sottosegretari del governo Meloni, con la premier e numero uno del partito (Imagoeconomica) (Imagoeconomica)

Il caso dell’on. Galeazzo Bignami – ora viceministro delle Infrastrutture – è oramai ubiquo, la foto che lo ritrae con una fascia con il simbolo del nazismo al braccio è ovunque. Da quanto lui stesso ha raccontato si tratta di una festa di addio al celibato, in cui lui e altri si sono vestiti così. Fra l’altro, Bignami si è scusato molte volte per quell’immagine del 2005, periodo in cui era in Forza Italia e solo dopo è passato a Fratelli d’Italia.

Per quanto allora lui facesse già politica da molti anni, si tratta di un singolo episodio risalente a 17 anni fa e avvenuto in un contesto privato. Il carico di morte e sofferenza collegato alla svastica hitleriana è grande e altalenare fra il provare “profonda vergogna” e l’aver definito quell’evento una “goliardata” non pare esprimere adeguatezza, per non dire della straniante difesa che ne ha fatto il collega di partito Donzelli il quale dichiarò: “anche io una volta mi sono vestito da Minnie”. Ma di per sé ci sembra oramai eccessiva l’attenzione su questo singolo caso, ovvero ci sembra che – ad esempio – rispetto alle attività di Frassinetti i fatti in questione siano di gran lunga meno incisivi.

Però l’elevazione di Bignami a incarichi di governo apre a due considerazioni. In primo luogo se davvero si sente lontano e opposto al regime in cui in quella foto si impersonava ha adesso l’opportunità di dimostrarlo con i fatti. Ha dichiarato di essere contrario a tutte le dittature, il che va benissimo ma ai tempi il viceministro non si è travestito da milite dell’Armata Popolare della Corea del Nord e non è stato certo un Khomeyni qualunque a imporre una dittatura in Italia. Attendiamo quindi che fughi ogni dubbio, senza svicolare con dichiarazioni generiche, con la disciplina e l’onore richiesti al suo ruolo.

E poi, a fronte di un oggetto mediatico così forte come quella foto che ha fatto il giro del mondo passando per Francia, Regno Unito e Israele, l’averne promosso il protagonista a un visibile incarico di governo offre il sospetto di una scarsità nella dirigenza di Fratelli d’Italia. Fosse anche solo scarsità numerica: davvero non c’erano altri e meno gravati da imbarazzi?

Il sottosegretario al Lavoro, Claudio Durigon e Matteo Salvini (Imagoeconomica)

Torna a ricoprire la carica di sottosegretario Claudio Durigon, in quota Lega per il ministero del Lavoro. Nello scorso governo aveva il medesimo incarico, che però fu costretto a lasciare a seguito di alcuni scandali.

In primis si guadagnò le prime pagine dei giornali per aver proposto, nella campagna elettorale a sostegno del candidato della destra alla carica di sindaco di Latina, di rinominare il parco cittadino intitolato ai giudici Falcone e Borsellino attribuendogli nuovamente il nome storico, ovvero quello di Arnaldo Mussolini. Non vogliamo qui fare il cursus honorum del fratello di Benito (del resto ne parla diffusamente il volume Cattive compagnie – Neofascisti, istituzioni, politica. I casi eclatanti degli ultimi anni edito da I Libri di Bulow e consultabile gratuitamente nella versione elettronica), ma che destra è quella che butta nel cestino i magistrati uccisi dalla mafia Giovanni Falcone e Paolo Borsellino per riesumare il corrotto manovratore e repressore della libertà di stampa dei primi anni del fascismo?

Non contento di questo, l’on. Durigon pochi mesi dopo –in continuità con il senso della legalità appena descritto – venne ripreso da Fanpage mentre dichiarava sui famosi 49 milioni confiscati alla Lega dalla procura di Genova: «Quello che fa le indagini sulla Lega lo abbiamo messo noi». Sebbene difeso a spada tratta da Salvini, del resto è l’Ugl di Durigon che aiuta la Lega nelle difficoltà economiche di quel frangente, finisce per dimettersi. Fra l’onore di Borsellino e la carriera di Durigon a quanto pare la spunta quest’ultima.

Augusta Montaruli, sottosegretario ministero per l’Università e la ricerca (Imagoeconomica)

Infine il caso della sottosegretaria all’Università, on. Augusta Montaruli, che da giovane militante in Azione Giovani nel 2000 andò in pellegrinaggio a Predappio, sfoggiando i saluti romani di rito. A oltre vent’anni di distanza – per di più allora era minorenne – e le scuse in diretta tv, anche qui ci pare che la questione possa chiudersi a patto che la distanza da quell’evento sia fatta non solo di parole. Diciamo che la problematicità della deputata di Fratelli d’Italia viene più dalle sue vicende giudiziarie, che le hanno fruttato una condanna – confermata in appello meno di un anno fa – a un anno e sette mesi di carcere per rimborsi non dovuti.

(Imagoeconomica)

Ma come con Bignami la questione è forse un’altra. Meloni ha sempre detto che la distanza dal fascismo storico per chi, come lei e i suoi coetanei, si è avvicinato alla politica negli anni 80 e 90 fosse un semplice dato di fatto. Lo ha detto in svariate occasioni (incluso un tranchant “Io manco ero nata”), lo disse anche da ministro. La tesi è sempre stata bislacca, una scusa per non affrontare un argomento complesso e importante, quello del suo modo di guidare Fratelli d’Italia: guardare sì avanti, ma non lasciare niente indietro, tenersi strette anche le nostalgie del fascismo – che non sono mera estetica, ma sostanza di come si intendono il mondo e la società. Insomma, l’opaca lezione almirantiana del non ricostruire e, soprattutto, non rinnegare. E la vicenda di Montaruli è solo l’ennesima dimostrazione.