C’era una volta una donna.

Con gli occhi attaccati alla libertà. Attaccati a sentirla di tutti.

Era una ragazza quando ha cominciato a rifiutare il buio. Quando comandi a non pensare, a vestirsi e camminare senza guardarsi, ché andava guardato solo un pupazzone dal nome duce, la facevano da padrone.

Teresa Vergalli, quando non se ne poté più si fece “Anuska”.

Fece Resistenza. Con tante e tanti. In montagna, in pianura, nella testa, prima di tutto.

Le partigiane e i partigiani nascono da una parte. La ribellione al duce e ai compari nazisti, padroni e sanguinari. Basterebbe raccontarli così. Un semplice scatto di libertà.

Poi il 1945. La Festa. Cacciati via, quei maledetti.

La democrazia. La Costituzione.

Teresa Vergalli diventa maestra.

Lavora, costruisce una famiglia. Ma suonano sempre – e parlano – montagna, pianura, compagne, compagni. Violenza, razzismo. Quella pistoletta, nascosta nel reggiseno, pronta a sparare per non sopportare le torture.

Anuska ha provato a fare scuola di memoria.

Da un po’ di giorni non c’è più.

L’ha pianta un sacco di gente.

Un sacco di sguardi e fiori si sono mossi e fermati.

Davanti a lei, per lei.

Per un grazie vero.

E dannatamente accorato.

Andrea Liparoto responsabile comunicazione e stampa ANPI