Il 16 ottobre 1943 era un sabato, proprio come in quest’anno 2021, a Roma oltre 1.000 persone sono rastrellate nel Ghetto e deportate ad Auschwitz, quasi tutte gasate non appena scese dai treni

Ci sono date del calendario civile che hanno un significato simbolico, una è il 16 ottobre. Ricorre l’anniversario del rastrellamento del ghetto di Roma, quando nel 1943 vennero deportate nei campi di sterminio nazisti oltre 1.000 persone destinate subito quasi tutte alle camere a gas, e quest’anno sarà il giorno della grande mobilitazione nazionale sindacale dopo l’assalto e la devastazione neofascista della sede Cgil.

Un momento dell’assalto neofascista alla Cgil

A Pescara, giunta di centrodestra, però hanno pensato bene di rendere omaggio alla giornata presentando un libro. Non un volume qualsiasi e neppure in un luogo qualunque, bensì nella Sala del Consiglio comunale. L’opera letteraria è “Donna Rachele mia nonna, la moglie di Benito Mussolini”, autrice una delle nipoti del numero uno del fascismo.

L’Anpi cittadina è insorta anche perché a illustrare agli astanti il libro saranno Fabrizio Piscione e Domenico di Carmine: l’uno il 29 luglio usa fare gli auguri di compleanno al capo del regime; l’altro, il 28 ottobre dello scorso anno, salutò la marcia su Roma come “una delle più gloriose pagine della storia dell’umanità”.

La sala del Consiglio comunale d Pescara (comune.pescara.it/organi-di-governo/consiglio-comunale)

E, fatto ancor più grave, che a concedere una sala delle istituzioni della Repubblica sia stato il presidente del Consiglio comunale Marcello Antonelli, che non mancherà di portare il suo saluto a così pregevoli ospiti. Dopo le proteste dei partigiani locali con associazioni, partiti democratici e cittadini, è intervenuto, prendendo le distanze, il sindaco Carlo Masci, Forza Italia. “Non ero stato in alcun modo avvertito di questa iniziativa – ha dichiarato il primo cittadino –. Non ne ero assolutamente a conoscenza; appena ho appreso della cosa ho immediatamente invitato il Presidente del Consiglio comunale a riconsiderare l’opportunità della presentazione del volume nella Sala consiliare in questo particolare frangente storico e politico. La città di Pescara – ha concluso Masci –non può e non deve essere né oggetto né ostaggio di tensioni o strumentalizzazioni politiche”. Risultato? La presentazione si terrà regolarmente.

La lapide restaurata ad Atri (Comitato provinciale Anpi Teramo)

Sempre in Abruzzo, Regione guidata da Marco Marsilio (FdI), ad Atri, oltre 10.000 abitanti in provincia di Teramo, l’amministrazione comunale ha riesumato dagli scantinati municipali, restaurato e apposta sul muro della chiostra del Palazzo di città una lapide fascista.

Una stele per ricordare il massacro voluto da Graziani del monastero copto di Debra Libànos in Etiopia (da https://bottegadinazareth.com/2017/05/23/80-anni-fa-la-strage-di-debre-libanos-in-etiopia-quando-i-martiri-sono-gli-altri-e-noi-i-persecutori/)

La targa marmorea, corredata da simboli del ventennio, celebra il 18 novembre 1935, quando la Società delle Nazioni, l’Onu del tempo, sanzionò il Paese governato da Mussolini per aver aggredito l’Etiopia. Gli occupanti italiani, ricordiamo, non furono affatto “brava gente”, massacrarono le popolazioni con i gas e compirono eccidi tra cui quello dei monaci di Debrà Libanòs ordinato dal generale Rodolfo Graziani.

L’Anpi provinciale, ha preso carta e penna e con il suo presidente Angelo De Prisco ha scritto al prefetto: “Il 18 novembre 1935 – si legge nella missiva – il duce obbligò i Comuni d’Italia ad apporre tale manufatto sui muri dei palazzi pubblici, a seguito dell’embargo che i popoli liberi d’Europa, antifascisti e antinazisti, avevano deciso per condannare la politica di aggressione coloniale messa in atto del regime mussoliniano.

Atri (TE) lapide fascista nel chiostro del Municipio (Comitato provinciale Anpi Teramo)

L’Italia democratica, nata dalla Resistenza e dalla Lotta di Liberazione – continua il presidente provinciale dei partigiani – ne dispose la rimozione per il suo contenuto apologetico e perché reca ai suoi lati i fasci littori”. L’appello al rappresentante del Viminale nel territorio teramano è di ordinare “la immediata e definitiva rimozione della lapide, che ha creato turbamento e rabbia tra i cittadini di Atri e offende la coscienza della stragrande maggioranza del popolo italiano”.

Atri, il palazzo ducale degli Acquaviva, ora sede del Municipio (wikipedia)

Alla richiesta prefettizia di un chiarimento, e un’interrogazione dell’opposizione consiliare, il sindaco Piergiorgio Ferretti ha candidamente replicato che la lapide era in precedenza appoggiata a terra e “al solo fine di evitare pericoli agli utenti e ai visitatori, soprattutto minori, è stato disposto di rialzarla dal pavimento e metterla in sicurezza”. Cioè per evitare rischi ha ben pensato di metterla… in bella vista. In barba alla storia e alla memoria democratica.

C’è un terzo episodio che allarma ogni coscienza civile che si riconosce nella Costituzione antifascista nata dalla lotta contro il nazifascismo.

Il deputato di FdI Federico Mollicone (Imagoeconomica)

In Parlamento, il deputato di Fratelli d’Italia Federico Mollicone ha annunciato un’interrogazione parlamentare al ministro della Giustizia, a cui spetta la vigilanza su alcuni ordini professionali, perché il giornalista Carlo Picozza avrebbe osato definirsi antifascista in una mail inviata ai colleghi in occasione del rinnovo del consiglio dell’Ordine del Lazio. Picozza, presentando le proposte della lista nella quale è candidato, si è semplicemente voluto raccontare.

La reazione del parlamentare, espressione di uno dei tre poteri dello Stato, il legislativo, rasenta l’intimidazione a un esponente della stampa libera. Dopo i fatti romani del 9 ottobre è un ulteriore tuffo negli anni che precedettero la marcia su Roma, quando le redazioni dei giornali, le Camere del Lavoro e le sedi delle Leghe dei contadini, i Municipi vennero assaltati dagli squadristi.

E poi da quando definirsi antifascisti, nel rispetto del dettato costituzionale, è divenuto reato?