Giovanni Paglia

Il dibattito sul neo-fascismo si ripresenta ciclicamente, a volte rinnovato a volte stantìo.

Se questo è vero, il problema va nominato nella sua estensione e affrontato su piani differenziati, non rimosso o considerato un riflesso identitario di epoche antiche e sepolte.

In questi anni di attività parlamentare sono stato spesso sollecitato ad intervenire sul tema, per i motivi più svariati: l’assegnazione di onorificenze a repubblichini, i blitz xenofobi di Forza Nuova, il dilagare delle pagine di estrema destra su Facebook su cui l’inchiesta di Patria Indipendente ha fatto sistema e che oggi troviamo ripresa in un sensato appello a Mark Zuckerberg della Presidente della Camera, Laura Boldrini.

È un fatto: la riemersione di idee e comportamenti di massa ostili ai migranti, ai poveri, agli emarginati, agli irregolari rappresenta un tratto distintivo delle società odierne, nonché un fenomeno politico complicato da decifrare, e in crescita di consenso, che ormai si irradia dall’Europa agli Stati Uniti.

Un primo elemento da affermare con forza, perché annacquato dalla retorica del superamento delle ideologie o delle distinzioni destra-sinistra, è che, in ogni caso, fascisti e antifascisti non possono essere messi sullo stesso piano; a sterilizzare questo frutto della nostra specifica storia nazionale stanno notevolmente contribuendo le posizioni “neutre” di rilevanti esponenti del M5S come Alessandro Di Battista o Luigi Di Maio, a mio modo di vedere.

I valori universalistici di solidarietà e accoglienza, di chi si oppone a ogni forma di discriminazione e sfruttamento sono indiscutibili, base dell’agire politico democratico e riserva di intelligenza collettiva.

Sandrine Bakayoko, la ragazza profuga di origini ivoriane morta ai primi dell’anno nel centro profughi di Conetta, nel Veneziano (da http://contropiano.org/img/2017/01/Sandrine.jpeg)

E dico questo avendo negli occhi lo “spettacolo” desolante di centinaia e centinaia di persone ammassate nella tendopoli di Cona nel Veneziano, lì dove un mese fa è morta Sandrine Bakayoko, che faremmo bene a non dimenticare come vittima di un veleno ancor più subdolo: l’indifferenza generalizzata, la gestione burocratica e inumana dei processi migratori.

C’è poi il fronte dei diritti civili sotto attacco: prendiamo il caso di Forza Nuova che solo pochi giorni fa ha suscitato indignazione e ribrezzo a Cesena, a causa dell’organizzazione di un corteo funebre con tanto di finto prete e bara portata in spalla, per protestare contro un’unione civile tra omosessuali regolarmente celebrata in Comune.

Siamo giunti al dileggio pubblico di due persone coinvolte in uno dei giorni più importanti della loro vita; per fortuna la cittadinanza si è prontamente mobilitata.

Forza Nuova è un movimento noto alla cronaca giudiziaria per un’infinità di episodi di violenza praticata e/o proclamata, per l’offesa continuativa alla Repubblica nata dalla Resistenza, per la propaganda razzista.

Cosa si aspetta a metterli fuori legge, ai sensi della Costituzione?

Tollerare l’odio verso le minoranze è uno degli errori peggiori che un Paese civile possa compiere.

Essere nei luoghi del disagio sociale, mettersi quotidianamente in relazione con chi soffre al di là della nazionalità, rappresenta un punto decisivo per praticare anche l’antifascismo oltre che i nostri doveri di uomini di sinistra; ma – come la citata ricognizione sul “web nero” ci dice – una straordinaria mole di messaggi reazionari, qualunquisti, sessisti, misogini e squadristi passa dai social network, dove soprattutto i giovani consumano larga parte del loro tempo.

A tale proposito, nei mesi scorsi è scaturita un’ipotesi di intervento già presentata in Parlamento (sotto forma di interrogazione all’allora ministro dell’Interno Alfano) e che potrebbe interagire con la più larga condivisione istituzionale che si sta esprimendo a partire dal vostro focus.

Quel che abbiamo avanzato, come primo passo, è la creazione di un Osservatorio permanente in seno al ministero dell’Interno che monitori il proliferare su Facebook di pagine pubbliche inneggianti in vari modi al fascismo e che semplifichi il tortuoso iter per la loro rimozione.

Richiedere a Facebook di bloccare quelle pagine non è infatti facile. Dev’essere un privato cittadino a fare la richiesta, esponendosi a potenziali ritorsioni.

Inoltre, per il momento, le segnalazioni alla corporation americana non hanno sortito effetto perché oltreoceano poco sanno della nostra matrice antifascista, nonostante esistano diversi riferimenti legislativi italiani e altrettante disposizioni e raccomandazioni europee a sostegno.

La tesi è che essendo la Rete una delle nuove frontiere della lotta antifascista, sia opportuno e necessario dotarsi di una normativa che renda efficaci gli strumenti ora spuntati e che obblighi la Polizia postale a segnalare e chiedere a Facebook di chiudere quelle pagine.

I due agenti di Pubblica Sicurezza italiani che hanno ucciso il terrorista Anis Amri (da http://www.ilmessaggero.it/photos/PANORAMA/83/50/2158350_lucapoli.jpg.pagespeed.ce.6K-AORxWPc.jpg)

La cronaca di questi giorni dà manforte a questa interpretazione – e costituisce un invito per il Viminale a dismettere l’atteggiamento passivo tenuto finora – quando apprendiamo della decisione del Governo tedesco di non premiare i due poliziotti italiani responsabili dell’uccisione dell’attentatore di Berlino (Anis Amri) dopo avere scoperto che nei loro profili Facebook campeggiavano frasi di estrema destra e foto di Mussolini.

Occorre senz’altro inasprire la Legge Scelba che sanziona chiunque «promuova o organizzi sotto qualsiasi forma, la costituzione di un’associazione, di un movimento o di un gruppo avente le caratteristiche e perseguente le finalità di riorganizzazione del disciolto partito fascista, oppure chiunque pubblicamente esalti esponenti, princìpi, fatti o metodi del fascismo, oppure le sue finalità antidemocratiche».

Dal punto di vista informativo, ancora, merita una sottolineatura l’egregio lavoro svolto da realtà come l’Osservatorio Democratico sulle Nuove Destre.

Infine: il lato tecnico, di contrasto dall’alto, sarebbe nullo se ad accompagnarlo non ci fosse una campagna pedagogica diffusa, nelle scuole e non soltanto, sui messaggi basici di convivenza tra differenti, impegno sociale, cittadinanza attiva e sui rischi di tenuta civile prospettati dai tassi elevatissimi di analfabetismo funzionale che tanto determinano l’imbarbarimento social di cui sopra; non soltanto: anche la sinistra ha le sue colpe e dovrebbe imbastire una sana autocritica per avere progressivamente rifuggito (o non riconosciuto) i luoghi del conflitto e della marginalità, lasciando buchi enormi di rappresentanza che altri hanno provveduto a riempire.

Non sarà la santa alleanza dei responsabili contro un indistinto populismo a frenare l’onda limacciosa dei fascismi, bensì solamente una sinistra che torni a fare il suo mestiere.

Giovanni Paglia, Deputato di Sinistra Italiana