Bari e Reggio Emilia, sono unite per sempre, sorelle nella lotta, nel dolore e nella memoria”. Queste parole fanno parte dei messaggi che il Comitato provinciale Anpi di Reggio Emilia e quello di Bari si scambieranno durante le celebrazioni del 28 luglio per l’ottantesimo anniversario dell’inizio della lotta di Liberazione, e che daranno il via al gemellaggio tra le due città.

Bari

Un gemellaggio che intende ricordare le stragi badogliane avvenute a Bari e Reggio Emilia, così come in altre città d’Italia, durante quei 45 giorni di spietata repressione monarchica con cui il nuovo capo del governo voleva impedire agli antifascisti di riprendere la parola.

Reggio Emilia

Come ricorda Ermete Fiaccadori, presidente del comitato provinciale Anpi di Reggio Emilia, “sono centrali le vicende che hanno visto, il 25 luglio, la caduta del fascismo, la rimozione di Mussolini e la sua breve carcerazione”,  perché furono seguite da giornate di giubilo fra la popolazione, con gli abbattimenti delle effigi del regime e manifestazioni per la pace e per il pane.

Vittorio Emanuele III e Badoglio, l’8 settembre 1943 fuggiranno da Roma, abbandonando la città e lasciando senza chiari ordini tutti gli eserciti al fronte

Ed era proprio quell’euforia collettiva che Badoglio aveva intenzione di spegnere, dapprima gelando subito ogni illusione della popolazione sulla fine della guerra con l’annuncio che il conflitto sarebbe continuato a fianco dei tedeschi.

Poi ordinando l’esecuzione alla lettera della circolare emanata dal generale Mario Roatta, capo di Stato maggiore dell’esercito del governo Badoglio. E fu già il 28 luglio che le disposizioni della circolare, con le quali si intimava alle Forze Armate di soffocare persino con artiglieria e mortai, e senza alcun preavviso, “qualunque perturbamento dell’ordine pubblico anche minimo”, vennero eseguite causando 9 morti, tra cui una donna incinta, a Reggio Emilia e 20 a Bari.

Il generale Mario Roatta

“Si comprese subito che il tentativo di ricrearsi una credibilità da parte della Casa reale con la rimozione di Mussolini, per tentare di scagionare le proprie responsabilità, era una mossa strumentale che, con un altro clamoroso errore, minava ulteriormente la autorevolezza della corona”, spiega Fiaccadori.

Pasquale Martino, presidente comitato provinciale Anpi Bari

“In tutta Italia il governo Badoglio tentò di stroncare con le armi la spontanea esultanza popolare e la rinascita del movimento antifascista: le nostre due città furono le più colpite” aggiunge Pasquale Martino, presidente Comitato del provinciale Anpi Bari. I due eccidi furono diversi ma identica era la motivazione con cui vennero lucidamente eseguiti: dimostrare ai nazisti che, pur destituito Mussolini, l’Italia rimaneva sempre un paese di natura e ordinamento fascista.

Reggio Emilia, le vittime della strage fascista del 28 luglio 1943 alle Officine Reggiane

Per Reggio Emilia si trattò di una strage fra gli operai e le operaie delle Officine Meccaniche Reggiane, la più importante fabbrica della città e avamposto dei gruppi antifascisti locali. Il 28 luglio un consistente gruppo di operai antifascisti avanzò nel cortile con l’idea di manifestare per la città per chiedere “pace, lavoro, libertà” ma, mentre il gruppo stava per uscire dai cancelli della fabbrica, l’esercito aprì il fuoco. Solo grazie al “buon senso” di un sergente, che ordinò di puntare in basso le mitragliatrici, i numeri dei morti, nove, e dei feriti, una trentina, furono contenuti.

eccidio di via Niccolò dell’arca

A Bari, invece, a trovare la morte per mano monarcofascista furono studenti e giovanissimi “che festeggiavano la caduta del regime fascista e l’annunciata liberazione dei detenuti politici rinchiusi nel carcere cittadino”, ricorda Martino. La mattina del 28 luglio circa duecento persone, la gran parte studenti, si riunirono in corteo per raggiungere il carcere e festeggiare la scarcerazione dei detenuti politici, tra i quali Guido Calogero, Guido De Ruggiero, Tommaso Fiore. All’altezza della sede del Pnf, i manifestanti trovarono la strada sbarrata dai militari che, alla richiesta che venissero rimossi i simboli fascisti presenti sulle pareti della sede dei fascisti, aprono il fuoco facendo 20 morti e 38 feriti. Dramma nel dramma, “fra i Caduti c’era il diciottenne Graziano, figlio del professore e leader antifascista Tommaso Fiore che quasi contemporaneamente veniva scarcerato”, dice ancora il presidente dell’Anpi provinciale di Bari, che aggiunge “noi abbiamo sempre interpretato la sparatoria come il segno che il fascismo era ancora in vita, anche perché non spararono solo i soldati ma anche i camerati dalle finestre della federazione”.

Ermete Fiaccadori, presidente provinciale Anpi Reggio Emilia

“Era un momento in cui – spiega – le forze repressive dello stato badogliano e quelle dei fascisti continuano a essere solidali contro le diverse forme dell’antifascismo”. 80 anni dopo, Reggio e Bari stringono un patto per la memoria futura. “Il gemellaggio fra Reggio Emilia e Bari – illustra Fiaccadori – parte proprio dalla comune tragedia del 28 luglio 1943 e considera il carattere di massa che ha caratterizzato la lotta al fascismo nelle due realtà”.

“In tutta Italia il governo Badoglio tentò di stroncare con le armi la spontanea esultanza popolare e la rinascita del movimento antifascista; molti furono i caduti, le nostre due città furono le più colpite – dice Martino – fu un prologo della Resistenza contro il nazifascismo e della guerra civile”. “È giusto e necessario, perciò, in questo 80esimo anniversario della Resistenza e del suo inizio, ricordare ciò che avvenne nei quarantacinque giorni badogliani, quando l’antifascismo riprendeva la parola e la struttura del vecchio Stato monarchicofascista reagiva con spietata repressione”, ha continuato il presidente provinciale Anpi Bari.

“Vista la situazione politica attuale abbiamo bisogno di dare forza agli elementi che ci legano alle origini della lotta al fascismo e della nascita della Resistenza”, conclude Fiaccadori. Per Martino, “Reggio Emilia e Bari sono gemellate da questa storia di precoce lutto e di riscossa civile, ed è molto bello che l’Anpi, gli antifascisti e le antifasciste di oggi ne siano eredi e portatori”.

Luciana Cimino