Il volantino distribuito sabato 4 marzo a Padova davanti al liceo Tito Livio

Nella mattina di sabato 4 febbraio 2023, mentre per le strade di Padova si srotolava il corteo di cittadini e associazioni sotto lo slogan di #ioaccolgo, per manifestare vicinanza e solidarietà alle vittime di questo ennesimo naufragio e indignazione per le esternazioni dei membri del governo sulla questione dei migranti, un altro slogan veniva srotolato sotto alcune bandiere nere davanti al liceo classico Tito Livio: “La scuola non è antifascista. È libera”. Sotto le stesse bandiere e dietro allo striscione alcuni militanti di Blocco studentesco – un’associazione universitaria e non di scuola superiore, va sottolineato – distribuivano dei volantini secondo i quali l’antifascismo è evidentemente un valore di parte e, altrettanto evidentemente, non la loro.
Abbiamo perciò intervistato Alice Miraglies che del liceo Tito Livio è studentessa al quinto anno, fa politica attiva nell’associazione studentesca Rete degli studenti medi e con questa è divenuta rappresentante di istituto.

Alice, chi sono i militanti di Blocco studentesco che sabato hanno sventolato bandiere, affisso uno striscione e volantinato fuori dal Tito Livio, in una via centralissima di Padova?
Blocco studentesco è l’associazione giovanile di CasaPound, più che militanti tra di loro preferiscono chiamarsi “camerati” e spesso fanno attività insieme ad Azione Studentesca (la giovanile di Fratelli d’Italia, salita alle cronache con Casaggì per il pestaggio di Firenze), infatti sabato davanti a scuola ho riconosciuto anche alcuni ragazzi di questa associazione. Principalmente i “camerati” di Blocco studentesco sono maschi – e questo per me già è un fatto eloquente – e non frequentano le scuole superiori, ma piuttosto l’università. Ma non mancano tra loro, ed erano presenti anche sabato davanti ai cancelli del Tito Livio, persone adulte che con la scuola non c’entrano niente.

Che tipo di attività e iniziativa politica svolge Blocco studentesco?
Questa associazione è spesso presente ogni qualvolta vi siano delle manifestazioni su temi e principi ad essa particolarmente sgraditi: l’antifascismo, le questioni LGBT+… I suoi membri però sono poco propositivi, perché si attivano quasi sempre per reazione e contrasto ad altre iniziative proposte da associazioni studentesche, come la Rete degli Studenti o l’Udu (Unione degli Universitari), e fra l’altro quasi mai su problemi prettamente scolastici o d’ateneo. La loro attività consiste principalmente in volantinaggi e striscionate davanti e non dentro alle scuole. E questo per due ragioni in particolare: prima di tutto perché non hanno rappresentanti nelle scuole, non ci sono proprio; in secondo luogo perché stare con striscioni e bandiere sulla strada di fronte alle scuole dà loro massima visibilità specialmente nella fascia d’età 14-19 che è quella degli studenti che la mattina circolano per il centro verso le rispettive scuole.

Quali sono invece le sigle e le organizzazioni studentesche che fanno iniziative e politica a livello scolastico, in particolare al Tito Livio?
Partendo proprio da destra, l’unica associazione che esiste non solo a Tito Livio, ma in tutte le scuole padovane è Azione Studentesca: i suoi associati sono molto presenti anche al Tito Livio, sebbene lo fossero maggiormente negli anni passati, pertanto mi sento anche, in qualche modo, di rassicurare sul fatto che non costituiscano una minaccia particolarmente grossa o mai vista fino ad ora. Né al Tito Livio né a Padova siamo nelle condizioni in cui ci si trova a Firenze, per dire. Azione studentesca è inserita prevalentemente nelle scuole del centro e nei licei, ma anche in alcuni istituti tecnici: per esempio il leader di AS, Stefano Sorgato, si è diplomato lo scorso anno all’ITT Marconi. A sinistra invece esiste da anni la Rete degli studenti medi, di cui faccio parte. È una sorta di “sindacato degli studenti” articolata a tutti i livelli: provinciale, regionale, nazionale. Siamo molto presenti nella rappresentanza e cerchiamo di esserlo capillarmente in tutte le tipologie e in tutti gli indirizzi di scuola, proprio perché uno dei nostri obiettivi è raggiungere tutti gli studenti, andando oltre il classismo che da tempo, e col Ministero dell’Istruzione e del Merito ancora di più, ha messo piede anche nelle aule. L’associazione gemella della Rete all’università è l’UDU, che a Padova promuove e realizza molte iniziative. Altre sigle o associazioni, almeno a Padova, non ce ne sono nelle scuole, o non così strutturate e organizzate.

Quanti sono gli studenti di Azione Studentesca?
Innanzitutto è bene precisare che la forza e il peso di Azione Studentesca si sentono di più nella Consulta Provinciale degli Studenti, un organo eletto ogni due anni e costituito da due rappresentanti per ciascuna scuola superiore di Padova e provincia. Questo accade perché, nonostante in quella sede i membri di AS siano poco meno della metà, riescono a compattarsi e unirsi in uno schieramento collocato a destra, mentre a sinistra si resta più frazionati e non sempre i rappresentanti provenienti dalla Rete riescono a fare massa con altri studenti provenienti da liste indipendenti. La rappresentanza di consulta è quella che può dialogare con le istituzioni: con la provincia in primis ma anche con la Regione. E in Veneto i membri di Azione Studentesca possono contare su Elena Donazzan, assessora all’istruzione e alle pari opportunità in quota Fratelli d’Italia. A livello di rappresentanza di istituto, invece, sono molto meno incisivi e rappresentativi. Le liste della Rete degli Studenti escono molto spesso vincitrici dal confronto elettorale con quelle di AS, che anche al Tito Livio alle ultime votazioni per i rappresentanti della Consulta  hanno preso 100 voti contro gli 800 della lista concorrente. Questo è dovuto anche al fatto che davvero loro si professano estremisti e perciò spesso lo studente medio gli sta alla larga. Se vincono le elezioni di istituto è spesso perché si presentano come lista unica senza nessun’altra lista alternativa.

Qual è il modo di fare attività politica per Azione Studentesca e per il Blocco studentesco e qual è il loro linguaggio?
Il loro modo di fare politica è quello dei volantinaggi e delle striscionate. E sebbene per definirsi non usino o non scrivano esplicitamente la parola “fascista”, è evidente che è questa che li identifica: si chiamano, dicevamo, “camerati” ed eludono sempre la risposta alla domanda “Siete o no fascisti?”. Basti pensare alla frase sullo striscione di stamattina davanti alla mia scuola: “La scuola non è antifascista, è libera”, vuol dire posso essere libero di dirmi fascista, e quindi lo sono; in più il fatto che oggi presidiassero quelli del Blocco insieme ai più giovani di Azione Studentesca la dice lunga: sono tutti “camerati”. Una cosa che dovremmo tutti trovare aberrante. Ma mi vengono in mente altri slogan, post e volantini: “Adunata!”, “Falange in marcia!”, chiamate al “presente”: un linguaggio demagogico, violento e maschilista, retorico e roboante, roba proprio da Ventennio. È interessante soppesarli anche sulla base dei loro silenzi e di quello che non pubblicano: il 25 aprile, per esempio, è solo la festa di San Marco, mentre il 25 novembre, giornata contro la violenza sulle donne, pubblicano la foto di un guerriero giapponese…

Insomma, pare proprio che non siamo di fronte a una destra democratica ma piuttosto a dei neofascisti, eredi dei principi sostenuti anche dal fascismo storico. Quali sono i loro temi cardine?
Certo, una destra democratica non ritiene l’antifascismo un valore di parte e divisivo… Il motto principale di Azione studentesca è “Riconquista identitaria”, spingono moltissimo infatti sul concetto di identità, non solo italiana ma anche veneta, così da far presa su un sentire molto gettonato nella nostra regione. È un atteggiamento che mira a chiudere i confini, sia quelli fisici e politici che quelli mentali, per preservarvi la “tradizione” e ad elogiare individualismo, patriottismo e – ovviamente – nazionalismo. Un’altra maniera di intendere la riconquista è verso se stessi, per liberarsi da quello che secondo loro è il giogo del pensiero unico, imposto da sinistra e incardinato sulla teoria gender, la carriera alias, l’antifascismo, ecc… Altri volantini invece hanno l’imperativo “Infuriati!” (ma contro cosa?!) o, come si diceva, “Sogna, combatti, distinguiti!”: si avverte qui proprio la spinta all’azione violenta, a cercare la supremazia in tutto. Se noi della Rete parliamo di “lotta”, a intendere quella di Liberazione o per parlare di Resistenza, loro usano il verbo “combattere” per debellare l’ideologia di sinistra e prevaricare su tutto il resto, per questo secondo me la differenza tra le parole “lotta” e “combatti” è abissale. Allo stesso modo in quel “distinguiti” c’è tutto il loro identitarismo, vi si condensano un individualismo, se riferito alle persone, e un nazionalismo, se riferito ai Paesi, incapaci di concepire e immaginare una collettività in dialogo e confronto pacifico. Comunicano, insomma, un’autorità persa e che deve essere recuperata, cosa che rimanda tantissimo a mio avviso a quello che fu il fascismo. Si fa davvero fatica a non definirli neofascisti.

Qual è il modo dei militati di AS di avvicinarsi agli studenti dai 14 ai 19 anni? E che presa hanno sullo studente ancor privo di coscienza politica?
Raramente si avvicinano a tu per tu agli studenti. Primo perché in parte sanno che dopo aver sbandierato con certi toni determinati valori trovano meno consenso in chi non è estremista come loro, ma credo lo facciano anche per mantenere una certa “purezza” all’interno della loro “comunità”, per non rischiare di portarsi in casa idee troppo diverse da quelle già stabilite. Personalmente non ho mai visto uno studente di AS avvicinare uno di prima superiore per chiedergli chi è, come si trova a scuola e se vuole conoscere meglio l’associazione, spesso si tratta invece di fratelli di fratelli che, entrando a scuola, portano avanti “l’idea”. Insomma, è vero che si fanno sentire e a volte in modo violento, ma restano pochini. Almeno per ora…È proprio il contrario di quel che si fa nella Rete, in cui cerchiamo di coinvolgere direttamente più persone possibile.

Che clima c’è nella scuola italiana oggi, secondo te, al Tito Livio e in Italia in genere?
La risposta più immediata che ci siamo dati all’indomani delle elezioni del 25 settembre è stata un “Teniamoci pronti alle dichiarazioni degli studenti di destra”, perché sicuramente avrebbero avuto chi li avrebbe protetti molto di più. In Veneto eravamo già in parte abituati a questo tipo di copertura e appoggio perché appunto c’è l’assessora Donazzan. Ma quello che crediamo succeda e in parte sta già succedendo con questo governo è che escono maggiormente e progressivamente – a livello mediatico – i temi della destra, giovanile e governativa: il pericolo gender, i feticci nostalgici di qualche ministro, la gogna da parte delle istituzioni a una dirigente scolastica che condanna la violenza del pestaggio fiorentino e il silenzio del ministro dell’istruzione su quegli stessi fatti.

A proposito, qual è il tuo giudizio sul pestaggio di via della Colonna, a Firenze, e sull’atteggiamento del ministro Valditara?
Intanto credo sia molto triste e imbarazzante che la condanna della violenza e l’affermazione dell’antifascismo debbano essere considerate cose di sinistra… e poi mi fa rabbia sentire che la dirigente scolastica del Leonardo Da Vinci venga criticata e accusata di “fare politica”: questo perché la politica a scuola è ancora un tabù nonostante sia letteralmente pane per i nostri denti, o almeno dovrebbe esserlo perché anche noi giovani siamo politica e viviamo in uno Stato politico. Il ministero dell’Istruzione e del Merito esprime un’idea di scuola che non è la mia né quella della Rete e il ministro ha tenuto la linea del governo e del suo partito: non ha detto una parola di condanna alla violenza squadrista attuata da quelli di Azione Studentesca Firenze e ha colpito chi, nelle istituzioni scolastiche, invece lo ha fatto. Proprio il contrario di quello che occorreva fare e che invece, anche con la manifestazione di Firenze, è stato ribadito.