Instaurata la dittatura fascista in Italia inizia una stagione di truffe, tangenti, arricchimenti improvvisi, legami con la mafia: il fascismo tutto fu tranne che la «dittatura degli onesti». Un aspetto del fascismo che Patria Indipendente ha approfondito in varie occasioni. Si è trattato di un vero e proprio salto di qualità nel rapporto tra politica, corruzione e affarismo [1].

Il problema del duce
Mussolini era pienamente consapevole della corruzione e avvertì subito che per risolvere il problema era necessario di affermare il culto di se stesso e di diventare il simbolo messianico della Provvidenza, divinizzato e santificato. Fu il giovane studente Niccolò Giani [3] a risolvere il problema al duce. Con un gruppo di universitari del GUF milanese il 10 aprile 1930 nella Casa del Fascio di piazza Belgioioso lanciò l’idea tra il surreale e il grottesco di costruire un scuola di mistica fascista. In realtà nel progetto di Giani c’era ben poco di geniale perché riprendeva pedissequamente le idee del filosofo francese Louis Rougier: «Mistica è un complesso di proposizioni a cui si aderisce per tradizione o per sentimento, anche se queste proposizioni non si possono giustificare razionalmente e ciò assai spesso per oblio delle ragioni primitive che hanno indotto ad enunciarle» [4].
Mussolini intuì subito la potenzialità del progetto: «La mistica – scrisse – è più del partito, è un ordine». Con la velocità di un camaleonte il capo delle squadracce si trasformò in un asceta puro e santo: «Considero la mistica in primo piano. La mistica anticipa le rivoluzioni […]. È la fede che muove – letteralmente – le montagne» [5]. Consapevole della forza ipnotica dell’appello dichiara: «Il fascismo deve avere i suoi missionari, cioè degli uomini che sappiano convincere alla fede intransigente e combattere fino all’estremo sacrificio per la propria fede» [6]. Mussolini conosce la fragilità e la facile vulnerabilità delle masse che «chiamate a fondare il nuovo regno, hanno bisogno, non tanto di sapere quanto di credere» perché «chi non crede è un riformato morale, è un mezzo uomo, un idoneo ai servizi sedentari; credere, perché senza una fede non c’è forza che valga». Con la tradizionale retorica chiede ai novelli missionari del fascismo la fede assoluta, di lavorare per l’avvenire e di essere al di fuori e al di sopra delle necessità della politica. Mussolini è molto abile e sa giocare spregiudicatamente il ruolo di messianico salvatore della Patria, ma ha anche ben chiaro che sta raccontando frottole a una platea di pecore, creduloni e astuti affaristi. Conosce la differenza tra movimento rivoluzionario e gestione del potere: «Ogni rivoluzione ha infatti tre momenti: si comincia con la mistica, si continua con la politica, si finisce nell’amministrazione. Quando una rivoluzione diventa amministrazione, si può dire che è terminata, liquidata» [7].

Agli ingenui studentelli che sognavano di diventare eroi su un cavallo bianco e leggevano l’Iliade senza capirla spiegava: «Alle origini di ogni rivoluzione c’è la mistica: se la politica è il contingente, la mistica è l’immanente, essa rappresenta i valori eterni, essenziali, primordiali. Nella politica si è trascinati anche da motivi empirici. Il contingente ci tiene certe volte avvinti, ma la mistica spazia sulle verità eterne». Consapevole della necessità dell’entusiasmo giovanile affida a loro il compito romantico di vigilare con intransigenza chi impedisca alla politica di dimenticare i valori superiori dello spirito [8]. Un discorso abile e sincero in cui delinea con lucidità il passaggio dal movimento di piazza alla conquista degli incarichi e degli affari, ma anche la necessità di tenere vive le illusioni dei fanatici sempre utili per il folklore politico [9].
La scuola
Il 4 aprile il giovane Niccolò Giani annunciò fremente di pericoloso entusiasmo sul giornale dei GUF «Libro e moschetto» l’apertura della Scuola di mistica fascista a Milano sotto il patronato di Arnaldo Mussolini e alla presenza del cardinale Alfredo Ildefonso Schuster. Nel manifesto programmatico del 1932 afferma: «Compito nostro deve essere soltanto quello di coordinare, interpretare ed elaborare il pensiero del Duce. Ecco perché è sorta una Scuola di mistica fascista ed ecco il suo compito: elaborare e precisare i nuovi valori del fascismo che sono nell’opera del Duce» [10].

La prima sede fu in via San Francesco d’Assisi. Successivamente la scuola fu trasferita in via Silvio Pellico e intitolata il 29 novembre 1931 a Sandro Italico Mussolini, il figlio di Arnaldo scomparso prematuramente. Nel 1939 fu deciso di cedere alla Scuola «Il Covo», il luogo che aveva ospitato ai suoi inizi il giornale «Il Popolo d’Italia» col progetto di trasformare la scuola nel «Sacrario della rivoluzione fascista». Il 15 novembre 1939, l’intera palazzina fu proclamata monumento nazionale, con la guardia d’onore svolta da squadristi e combattenti. Il 20 novembre, per esplicita decisione di Mussolini, fu ufficialmente consegnato «Il Covo» ai giovani della scuola. Tra il 19 e il 20 febbraio 1940 a Milano, in occasione del decennale dalla fondazione, fu tenuto il 1º convegno nazionale di mistica fascista a Palazzo Marino sul tema che non lasciava spazio a dubbi «Perché siamo dei mistici?». Il convegno organizzato alla grande era presieduto da Ferdinando Mezzasoma, vicesegretario della scuola e del Pnf. L’incontro trovò il plauso servile di tutta l’intellighentia italiana, che aveva giurato fedeltà al fascismo. I partecipanti furono circa 500 tra rettori, docenti universitari, artisti e carrieristi d’ogni specie. Dopo l’entrata in guerra la scuola di mistica fu affidata al reggente Salvatore Atzeni, e l’attività sospesa perché i dirigenti si erano arruolati volontari. La scuola chiuse i battenti senza rimpianti per carenza di docenti nel 1943.
Gli obiettivi della scuola di mistica fascista
La scuola di mistica fascista non era solo un club di fanatici o uno strumento per sistemare il fratello Arnaldo, ma la vera macchina ideologica del fascismo. L’obiettivo della scuola era indottrinare le nuove generazioni col culto religioso del duce e lo studio del suo pensiero sacralizzato come un testo biblico. Tutto il percorso didattico era fondato sul concetto di condottiero definito «il veltro» dantesco, «lo spirto gentil» del Petrarca, «il redentore» del Machiavelli. Il condottiero ovviamente era Lui, il Duce degli Italiani, «l’uomo della Provvidenza, che conosce le aspirazioni del popolo italiano e le sa realizzare, che sa parlare ai popoli un linguaggio di fierezza e di umanità a tutti comprensibile» [11].
In questo contesto di euforica esaltazione, Niccolò Giani individua il ruolo dei docenti nel mero coordinare, interpretare ed elaborare il pensiero assoluto del duce e ritiene che la scuola di mistica fascista ha il solo e unico compito di «elaborare e precisare i nuovi valori del fascismo che sono nell’opera del Duce» [12]. La scuola insegnava la totale dedizione al duce e alla sua linea politica fino al sacrificio della vita [13], fino a definire il matrimonio e i figli omaggio a Mussolini che, definito l’«Uomo che riusciva ad educare gli italiani col semplice guardarli negli occhi» e a suggerire agli italiani rapporti sessuali fecondi. In sintesi, l’essenza della mistica fascista consiste quindi nel rifiuto di ogni pensiero critico e «nella fede illimitata nell’idea che illumina [gli italiani, ndr], nella dedizione senza riserve all’Uomo che guida [gli italiani, ndr]; al Condottiero espresso dalle forze inesauribili della razza e che le più alte virtù della razza riassume e sintetizza. Egli ci appartiene perché tutti noi Gli apparteniamo. Dinanzi a Dio e dinanzi all’Italia, noi abbiamo giurato di seguire i Suoi ordini e di servire la Causa della nostra Rivoluzione con tutte le forze ed anche col sangue, se sarà necessario». [14]
È ancora Niccolò Giani che ci fornisce il decalogo dei principi insegnati nella scuola [15]: «Obbedire al Duce. Odiare sino all’ultimo respiro i nemici del Duce, cioè della Patria. Smascherare i traditori della Rivoluzione senza sbigottire per la loro eventuale potenza. Non aver paura di aver coraggio. Non venire mai a compromessi col proprio dovere di fascista, dovessero andarne perduti il grado, lo stipendio, la vita. Meglio morire orgogliosamente affamato che vivere pinguemente avvilito. Spregiare il cadreghino. Odiare il vile denaro. Preferire la guerra alla pace, la morte alla resa. Non mollare. Mai! La scuola ha il compito di insegnare a saper vivere e saper morire».
Nell’esaltazione fanatica e di azzeramento della ragione, il mito della «bella morte» ubriaca la sprovveduta gioventù italiana e Luciano Mele [16], uno dei tanti giornalisti del regime, scrive «È bello morire all’ombra del gagliardetti neri!». L’autore cieco davanti alla realtà e a qualsiasi riflessione critica propone come regola una vita mistica guidata dalla fede assoluta nel duce a cui ogni italiano deve sacrificare la propria [17].
Ai testi di Mussolini la scuola di mistica presta attenzione come a una rivelazione profetica, glossa le frasi come testi evangelici e Giovanni Battista Marziali si lancia in l’ossequiosa «lectura Ducis» dove in una totale confusione tra ideologia, miti, allucinazioni, propone da buon cortigiano la deificazione del capo [18]. Attivissimo organizza seminari apologetici sui discorsi del suo duce, che promuove al ruolo di Creatore della Civiltà Fascista. Il relatore in un ridicolo attacco di plageria non ha remore ad affermare che «Nelle parole di MUSSOLINI [19]. Lì è l’origine, lì è il nostro credo politico, lì è la nostra fede, quella bella e forte fede che dà all’uomo la forza per vincere, che sola lo fa, anche se piccolo e debole di fronte alle altre forze della natura, dominatore degli eventi; che sola lo pone nello stato di grazia di colui che vince per assurdo» [20]. L’autore conclude: «La storia, quella con la esse maiuscola è stata, è e sarà sempre un assurdo: l’assurdo dello spirito e della volontà che piega e vince la materia: cioè mistica. Fascismo=Spirito=Mistica=Combattimento=Vittoria, perché credere non si può se non si è mistici, combattere non si può se non si crede, marciare e vincere non si può se non si combatte» [21].

Agli ordini del duce
La scuola di mistica fascista trova altresì il plauso incondizionato di Eugenio Coselchi, promotore dell’«universalismo fascista» e comandante dei volontari di tutte le guerre. Eugenio Coselchi si affretta a precisare che «tutta la vera intelligenza italiana è oggi dietro Mussolini, ma non solo dietro il Capo del governo, dietro lo Statista, ma soprattutto dietro il Duce, cioè dietro il fondatore di quella nuova dottrina civile che è il Fascismo» [22] e illuminato non si capisce da cosa dichiara: «la sua dedizione illimitata al Duce [23] e alla Patria, non conosce né stanchezze né soste e che tutte le loro Legioni si considerano perennemente mobilitate, per affiancare l’opera della Scuola di Mistica Fascista, con una incessante e appassionata propaganda, fatta d’azione, d’ardimento e di fede, e sempre orientata verso la marcia, l’Impero e la conquista» [24].

Il concetto di mistica e la dottrina della razza
Di fronte al problema di una presunta razza italica, che vedeva due scuole contrapposte, Giovanni Preziosi nella sua accezione puramente biologica e Julius Evola come idea e mito, la Scuola trova inverosibilmente risposta nella mistica. In un impulso di farneticante razzismo, Nazareno Padellaro afferma: «La mistica è espressione di sangue nostro, induce una affettività concreta più operante di qualsiasi logica astratta, di qualsiasi scienza classificatoria, di qualsiasi zoologico comparativismo» [25].
Di conseguenza è proprio nell’ambito della mistica che vede possibile trovare la soluzione di quello che definisce «il travagliato problema della razza». L’autore parte dal presupposto che la controversia è e sarà interminabile sul piano biologico, ma «solo sul piano mistico se ne disegna la soluzione […]. Il nostro sangue è sacro […] e solo la mistica può adoperare, senza metafora, l’epiteto sacro nel riferirlo al sangue» [26]. Lo scopo è chiaramente sul piano teorico di escludere dal concetto di nazione italiana gli ebrei che da generazioni fanno parte della società italiana. Un’operazione orrenda perché di fatto la comunità ebraica contribuì in maniera decisiva all’Unità d’Italia e gli ebrei sono sempre stati parte integrante dei popoli italiani. Padellaro arriva quindi ad affermare che «Razza è un termine più unitivo di nazione, e quindi più universale, più umano e più spirituale» [27].
In questo l’esegeta del regime intravvede una maturazione del popolo italiano che prende coscienza di sé in un’evoluzione positiva grazie al fascismo perché «la coscienza di razza è in ordine di tempo, posteriore alla coscienza di nazione: acquisizione quindi più perfetta, più matura, perché più tardiva. E se è vero, come è vero, che una razza si articola nella storia in parecchie nazioni, si dovrà ammettere che limiti più estesi si debbono assegnare al concetto di razza, di quelli assegnati al concetto di nazione». [28]
Sola fides sufficit
La Mistica fascista si riassume nel blasfemo furto intellettuale della formula tomistica «Sola fides sufficit» che significa che «ogni atto di conoscenza, ogni movente di azione, in ogni impeto eroico, ogni sentimento è subordinazione al Capo». Con questa propaganda i gerarchi, spesso in affari non chiari e sempre preoccupati delle proprie carriere personali, raccontavano agli italiani disoccupati, in partenza per le guerre di aggressione del regime, che il fascismo era più che un sistema politico una passione e una fede. Ciò significava che non erano ammesse critiche e il non pensare era spacciato come virtù. A questa premessa seguiva lo strampalato appello alla «sublime modestia» dei veri sapienti, da Socrate ad Agostino, a Bonaventura, a Niccolò Da Cusa che «umiliarono la loro mente a Dio e trattarono della dotta ignoranza» fino all’esempio tra il grottesco e il sacrilego che come «c’è bisogno di umiliare la propria vanagloria a Dio nelle questioni di fede» allo stesso modo di come accettiamo la grandezza di Dio, gli italiani devono accettare le parole del Duce, perché nel Duce si avverte «la mano infallibile della Provvidenza, un segno infallibile della Divinità» che protegge il destino dell’Italia. Niccolò Giani risolve la fede nel Duce nella nota formula «credere, obbedire, combattere», che definisce «intransigente perché è mistica, ossia superante il contingente, l’empirico, l’economico, il razionale, per tendere solo agli obiettivi ultimi che sono rappresentati dalla più vasta giustizia sociale, dalla maggiore potenza del popolo italiano, dalla eternità dell’impero d’Italia. In questa superiorità dei valori dello spirito, della intuizione alacre, sul motivo empirico, sulla contingente politica sta la forza del Fascismo che ha adottato come insegna i tre verbi mussoliniani, di perfetto carattere mistico» [29].
Mussolini mistico
I servili esegeti di Mussolini con grande alacrità vanno alla ricerca dei tratti mistici nella vita del loro duce, che sublimano come «un mistico, arso dalla fede nell’azione e nel sacrificio». Guido Pallotta, il più attento, rintraccia l’essenza dinamica della mistica fascista già nell’asserzione di Mussolini nel lontano 1904 al Congresso socialista di Zurigo: «Noi siamo la buona semente del sacrificio» e ancora nel 1912 quando Mussolini dichiara: «È l’idea che ci dà un inconfondibile sigillo, che differenzia da tutti gli altri uomini che si esauriscono nella lotta per il vantaggio immediato» [30]. Per nascondere la realtà dei traffici leciti o meno e la fame di incarichi dei gerarchi la scuola propone il mito del mistico fascista che ritiene «soprattutto immorale il fenomeno tuttora sfacciatamente trionfante dell’accumulismo degli incarichi e degli stipendi», e propone il dogma del disinteresse assoluto verso il denaro, tanto amato dai gerarchi. Con impudenza in un clima di corruzione e malaffare generale propone l’immagine francescana del mistico fino ad affermare oltre il ridicolo che «Tutti sappiamo che il Fascismo non promette onori né ricchezze, ma sacrificio e combattimento» [31]. Gli italiani sapevano che le cose stavano diversamente, ma la maggior parte di loro (salvo ovviamente i tanti che si ribellarono e aderirono all’antifascismo), non fece nulla per pigrizia, rassegnazione, quieto vivere, paura. Di fatto molti continuarono a credere nel fascismo anche quando l’Italia sprofondò nel baratro. Così, a distanza di tanti anni e dopo tante sofferenze, molti italiani ancora oggi sognano guerre, condottieri con la spada insanguinata, odio senza alcuna comprensione della realtà.
Vinicio Ceccarini
NOTE
[1] Marco Palla e Paolo Giovannini, Il fascismo dalle mani sporche. Dittatura, corruzione e affarismo. Appunti di Storia Contemporanea, 13.05.2025
[2] Ibidem
[3] Niccolò Giani nacque a Muggia il 20 giugno 1909. Si iscrive alla facoltà di Giurisprudenza di Milano e ai GUF. Nel 1930 fonda la Scuola di Mistica Fascista “Sandro Italico Mussolini”. Nel 1931 venne ammesso alla Scuola Allievi ufficiali della specialità alpina e ottine il grado di sottotenente. Nel 1935 ottiene la libera docenza in Diritto del lavoro e previdenza sociale e quindi la cattedra di Storia e dottrina del fascismo all’Università di Pavia. Scrive per var4i giornali, tra cui “Tempo di Mussolini”, “Dottrina Fascista” (organo ufficiale della Scuola di mistica fascista) e “Cronaca Prealpina”. Nel 1938 è tra i firmatari del Manifesto della razza in appoggio alle leggi razziali fasciste. Partecipa come volontario alla guerra d’Etiopia nel 1935-1936.Nel 1939 pubblicò i dieci punti fondanti della Scuola di mistica fascista Sandro Italico Mussolini col nome di Decalogo dell’italiano nuovo, firmati da Arnaldo Mussolini sulla rivista “Dottrina Fascista”. Richiamato nel 1939, muore il 14 marzo 1941 nella battaglia per la conquista della Punta Nord del Mali Scindeli. Gli fu assegnata la medaglia d’oro alla memoria
[4] Louis Rougier in Niccolò Giani, La marcia sul mondo del 9-15 ottobre 1932
[5] https://bibliotecafascista.org/2016/07/01/mistica-fascista/
[6] Ibidem
[7] Ibidem
[8] https://www.centrostudilaruna.it/niccolo-giani-e-la-mistica-della-rivoluzione-fascista.html; 9-05.25
[9] Ibidem
[10] Tomas Carini, Niccolò Giani e la scuola di mistica fascista. 1930-1943, Mursia, 2009, pag. 130
[11] Fernando Mezzasoma, in Mistica fascista: la sintesi ideologica per formare i militi della nuova Civiltà fascista di Mussolini!
[12] Niccolò Giani, La marcia sul mondo del 9-15 ottobre 1932 in Niccolò Giani, La marcia sul mondo, Novantico Editore, Pinerolo, 2010, pag. 102
[13] Mario Isnenghi, Intellettuali militanti e intellettuali funzionari. Appunti sulla cultura fascista, Torino, Piccola Biblioteca Einaudi, 1979 p. 253
[14] Fernando Mezzasoma, op.loc.cit
[15] https://www.culturacattolica.it/educazione/strumenti-per-la-scuola/la-condizione-giovanile-nel-900/decalogo-dell-italiano-nuovo; 9.’5.2025
[16] Luciano Mele https://bibliotecafascista.org/wp-content/uploads/2016/06/la-mistica-fascista.pdf
[17] Giovanni Battista Marziali, in Mistica fascista, cit.
[18] Ibidem
[19] Lo stampatello è dell’autore.
[20] https://www.centrostudilaruna.it/niccolo-giani-e-la-mistica-della-rivoluzione-fascista.html
[21] Ibidem
[22] Nazareno Padellaro, Il concetto di mistica e la dottrina della razza, in Mistica fascista, cit
[23] La lettera maiuscola è dell’Autore.
[24] La lettera maiuscola è dell’Autore.
[25] Nazareno Padellaro, Il concetto di mistica e la dottrina della razza, in Mistica fascista, cit
[26] Ibidem
[27] Ibidem
[28] Ibidem
[29] Niccolò Giani, La marcia sul mondo, Novantico Editore, Pinerolo, 2010, pag. 106
[30] https://bibliotecafascista.org/2016/07/01/mistica-fascista/
[31] Che il fascismo fosse diventato una grande abbuffata era ormai evidente e il regime cercava di tamponare con grandi e retorici proclami: «Troppa gente sfoggia improvvise ricchezze; troppa gente investita di incarichi direttivi stranissimamente interpreta il monito mussoliniano andare verso il popolo facendo ogni sforzo per non rientrare nelle file del popolo di cui faceva parte prima dell’investitura gerarchica e si arrabatta per salire a pingui sistemazioni personali, valendosi proprio di quello scalino gerarchico che gli era stato affidato dalla Rivoluzione per il bene di tutti e non già per lo sporco utile proprio».
Pubblicato martedì 2 Settembre 2025
Stampato il 02/09/2025 da Patria indipendente alla url https://www.patriaindipendente.it/servizi/dalluomo-della-provvidenza-al-mito-della-bella-morte-quando-mussolini-invento-la-mistica-fascista/