Arci è stata da subito tra i promotori della raccolta di firme sull’appello “Mai più fascismi”, come era naturale che fosse. Abbiamo raccolto l’appello dell’Anpi, in continuità con il rapporto che ci lega non solo nazionalmente, ma anche nei territori.
Dal 27 gennaio, Giornata della memoria, a oggi, sono oltre cento le iniziative svolte nei nostri circoli per lanciare la raccolta e in ogni Comitato provinciale è organizzato un punto di raccolta.
Come sempre, ci caratterizziamo nell’accompagnare il lancio della raccolta con momenti di approfondimento culturale, musica, film.
I nostri circoli possono fare la differenza: diventando luoghi dove firmare.
Sul nostro sito www.arci.it è possibile trovare tutte le sedi (con giorni e orari) in cui firmare.
In questi mesi abbiamo moltiplicato le nostre iniziative locali, per organizzare la reazione di fronte al ripetersi di azioni violente e intimidatorie nei confronti dei nostri soci e dei nostri circoli, insieme alla diffusione della cultura antifascista. Sono state quasi quotidiane, e siamo convinti che al “salto di qualità” a cui abbiamo assistito da parte dei movimenti fascisti e nazisti occorra rispondere con una spinta maggiore. Particolarmente significativo è stato il blitz dei naziskin durante la riunione di “Como senza frontiere”. Per alcuni giorni il tema del rischio legato alla riorganizzazione di gruppi nazifascisti è riemerso nel dibattito pubblico, grazie soprattutto alla “prontezza” con cui i partecipanti a quell’incontro, il circolo Arci Ecoinformazioni, hanno filmato l’accaduto. Senza di loro probabilmente non ci sarebbe stata la risposta dovuta in termini politici e giudiziari.
Ma questo ci ha fatto riflettere: quanti atti, più gravi e più violenti, rimangono sottaciuti? È possibile che un atto abbia delle conseguenze non tanto per la sua gravità ma per la diffusione di una immagine?
Questo pensiero non va letto come una sottovalutazione di ciò che è avvenuto in quel contesto; in quell’episodio la violenza e la minaccia sono evidenti in quel cerchio di ragazzi in piedi intorno a persone sedute e in quel “permesso” finale, concesso, alla fine di quella stentata lettura. Al contrario, queste domande trovano una risposta nella necessità di un più certo e stabile quadro politico ed istituzionale di controllo della “galassia nera”.
Su internet trovate un video, che in questi giorni è stato molto condiviso sui social, del comico John Oliver. Racconta la situazione politica italiana in chiave satirica. In questo sketch utilizza spesso la parola “fascismo”, raccontandolo come uno dei mali italiani. Usa la parola fascismo con molte meno remore, e molto più frequentemente, di quanto non si senta dire in Italia
Come dicevo, abbiamo aderito con convinzione e stiamo raccogliendo le firme in tutto il territorio: la campagna chiuderà il 2 giugno: c’è dunque bisogno di un profondo sforzo da parte nostra per garantirle la possibilità di raggiungere l’obiettivo del milione di firme.
La petizione rappresenta per noi un segnale necessario, in primo luogo verso la pubblica opinione e le istituzioni, volto a far comprendere la trasversalità dell’antifascismo come valore costituzionale. È di buon auspicio l’adesione alla raccolta firme di realtà molto diverse tra loro, dai sindacati, ad associazioni laiche e cattoliche, ai partiti politici del centrosinistra e della sinistra: mondi che nonostante valori in comune, hanno sempre più difficoltà ad intrecciare un proficuo dialogo.
Dopo la manifestazione del 24 febbraio bella, partecipata, colorata e pacifica (centomila persone in una Roma uggiosa e piovosa), lo diventa ancora di più.
Quel giorno abbiamo voluto rappresentare pienamente come l’antifascismo non è un retaggio del passato ma una bussola culturale per affrontare le tensioni sociali e le paure amplificate e promosse. Questa manifestazione, promossa dalla rete “Mai più fascismi”, è stata un momento in cui i riflettori dell’opinione pubblica e dei media sono stati puntati su un tema e una piattaforma politica, troppo spesso sottaciuti, silenziati. Sul razzismo, che è il brodo culturale dove il fascismo trova le sue radici.
In questi mesi, nei diversi momenti di piazza, l’Arci è stata presente. Abbiamo detto e raccontato quello che vediamo sui territori; senza remore o infondati pudori, abbiamo parlato – in rete, con tanti altri soggetti – della necessità di tutelare l’antifascismo come valore costituzionale. Abbiamo esercitato anche il nostro ruolo a favore dell’unità delle diverse sensibilità che si muovono su questo tema.
Voglio citare Claudia, la presidente di un nostro circolo (Arcipelago di Cremona), che pochi giorni fa ad un comizio di Simone Di Stefano, leader di CasaPound, si è avvicinata al tavolo per regalare un libro, “La banalità del male” di Hannah Arendt. Nella nota in cui spiega questo suo gesto ha scritto «Ogni giorno, da noi, l’associazionismo si vive per unire e non per dividere, per accogliere e non per discriminare. CasaPound è un’organizzazione anticostituzionale che pratica idee liberticide intollerabili […] Regalare un libro, quel libro, al leader di CasaPound è stato il gesto antifascista più naturale a venirmi in mente».
Leggendo su un giornale on line quel fatto e quelle parole, ho pensato che questo gesto è stato simbolicamente rilevante. Racconta, meglio di tanti discorsi, molti dei nostri caratteri distintivi: la radicalità ideale, la tensione culturale della nostra attività e la scelta della nonviolenza. E soprattutto ci ha raccontato come quello che facciamo non si ferma ad un giorno di manifestazione, ma è un impegno quotidiano e concreto, del nostro modo di fare associazionismo e cultura.
Francesca Chiavacci, presidente nazionale Arci
Pubblicato giovedì 22 Marzo 2018
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