Nella lunga e travagliata storia delle stragi provocate da azioni ostili nei riguardi di aerei civili, vi è un caso nel quale più che negli altri le responsabilità sono state coperte da un “muro di gomma” di reticenze, menzogne, depistaggi: quello del volo Itavia 870 del 27 luglio 1980, il “DC9 di Ustica”.
Queste responsabilità sono state parzialmente smascherate solo dopo una lunghissima, difficile ed a volte drammatica vicenda giudiziaria: diversi testimoni importanti sono infatti morti in circostanze poco chiare. Tuttavia, dopo oltre 35 anni, questa vicenda non è ancora definitivamente conclusa, nonostante l’opera del Comitato delle famiglie delle vittime, che non ha mai smesso di chiedere giustizia, e di alcuni giudici, avvocati, giornalisti e tecnici, che hanno prestato la loro opera per far venire alla luce la verità. Tra questi, è fiero di essere stato anche chi scrive, che fu consulente tecnico dell’avvocato Romeo Ferrucci dal 1980 fino alla sentenza del Giudice Priore.
Su questa strage si è scritto molto ed informazioni notevolmente complete ed aggiornate sono riportate dall’Enciclopedia Telematica Wikipedia alla voce “Strage di Ustica”. Ci limiteremo quindi a riassumere brevemente i fatti.
Come è noto, il volo Itavia 870 era un regolare volo di linea da Bologna a Palermo, operato con un aereo in buone condizioni e molto affidabile, ai comandi del quale si trovava un pilota esperto. Il volo decollò da Bologna quella sera, con due ore di ritardo. Dopo meno di un’ora di volo regolare, in condizioni meteo ottime, l’aereo precipitò improvvisamente sul mare aperto, tra l’Isola di Ponza e quella di Ustica, provocando la morte dei 77 passeggeri e dei 4 membri dell’equipaggio. Fino dai primi giorni successivi al disastro, fu chiaro che tutti coloro che avrebbero dovuto collaborare con la magistratura per chiarire le cause del fatto, a partire dal governo allora in carica fino ai massimi livelli dell’Aeronautica Militare, cercavano invece di ostacolare le indagini. Si cercò prima di attribuire il fatto ad un guasto tecnico, poi di far credere che fosse dovuto all’esplosione di una bomba. Tuttavia, la magistratura e le perizie di parte civile non solo hanno confutato definitivamente queste ipotesi ma hanno anche dimostrato come il DC9 sia stato abbattuto da un’azione ostile esterna, essendo rimasto coinvolto in una battaglia aerea che quella sera infuriò nei cieli del Mediterraneo meridionale. Tuttavia, se è evidente che aerei libici furono una delle parti in conflitto, dato che un Mig 23 libico fu ritrovato abbattuto in Calabria (anche se i servizi di intelligence italiani fecero di tutto per non fare associare questo caso con l’abbattimento del DC9), non si è ancora riuscito a dimostrare in modo inequivocabile chi stesse combattendo contro di loro.
I comandi NATO hanno sempre rifiutato di fornire alla magistratura italiana tutti i dati in loro possesso, nonostante la richiesta formale del Governo Prodi nel 1997, e lo stesso governo Gheddafi, dopo alcune iniziali oscure accuse alla NATO per la responsabilità dell’episodio, non ha mai fornito spiegazioni, né ammesso che aerei libici fossero coinvolti nel fatto. Diversi militari italiani, inclusi alti ufficiali, furono processati in connessione con la strage del DC9 per vari reati, tra i quali l’ostacolo alla giustizia e l’occultamento di prove. Alcuni sono stati assolti, altri condannati ma non perseguiti perché i reati a loro ascritti erano caduti in prescrizione.
Nella sua sentenza del 31 agosto 1999, il giudice istruttore Rosario Priore ha comunque riconosciuto che il DC9 dell’Itavia, subito prima di iniziare a precipitare, fu affiancato da un altro aereo che stava probabilmente cercando in questo modo di ripararsi da un attacco del quale era oggetto. I tracciati radar, anche se manipolati, hanno infatti mostrato che in prossimità del velivolo civile si trovavano almeno sei o sette aerei, evidentemente tutti militari, dato che nessun altro aereo civile era presente nell’area in quel momento. Il 28 gennaio 2013 la Corte di Cassazione ha definitivamente sentenziato che il DC-9 Itavia cadde a causa di un missile o di una collisione con un aereo militare, essendosi trovato nel mezzo di una vera e propria azione di guerra. Tuttavia, i responsabili della strage e le sue stesse ragioni non sono ancora stati ufficialmente identificati.
In ogni caso, l’ipotesi della collisione è da escludere, sia per il tipo di danni riscontrati sui resti recuperati del DC9, nei quali è ben visibile invece un grande foro chiaramente provocato da una causa esterna al velivolo, sia perché nessun altro relitto è stato individuato in prossimità di quello del DC9 durante il recupero.
La versione inglese di Wikipedia, alla voce “Aerolinee Itavia flight 870” riporta invece testualmente: “Importanti fonti hanno sostenuto nei media italiani nel corso degli anni che l’aereo è stato abbattuto durante una battaglia aerea che coinvolse caccia libici, statunitensi, francesi e italiani, in un tentativo di assassinio, da parte di Stati membri della NATO, di un importante uomo politico libico, forse anche il leader Muammar al-Gheddafi, che stava volando nello stesso spazio aereo quella sera”.
Tuttavia, con buona pace del defunto Presidente Cossiga, il quale, 27 anni dopo il fatto, avvenuto mentre era Presidente del Consiglio, affermò di sapere che il DC9 fu abbattuto da un missile francese, l’unica prova certa di una presenza militare occidentale nell’area al momento dell’abbattimento del volo Itavia 870 è un serbatoio ausiliario di carburante in dotazione solo ai caccia statunitensi, trovato non lontano dai resti del DC9. Inoltre, quando l’avvocato Ferrucci mostrò le immagini di tutti i caccia in servizio in tutte le aviazioni militari all’epoca dei fatti, che gli erano state fornite da chi scrive, a diversi cittadini calabresi, nessuno dei quali con la minima esperienza in aeronautica ma che avevano riferito che la sera del 27 luglio 1980 avevano visto diversi aerei inseguirsi l’un l’altro, tutti riconobbero tra gli inseguitori e gli inseguiti esclusivamente i MiG 23 e gli F-15 americani.
Una sentenza del tribunale civile di Firenze apre di nuovo il caso, rivelando un altro fatto gravissimo connesso con la strage del DC9 di Ustica.
Mario Ciancarella, nel luglio 1980, era capitano Pilota dell’A.M. e uno dei dirigenti del Movimento Democratico dei militari. In questa veste, fu convocato e ricevuto, nel 1979, dal Presidente Pertini. A Ciancarella, si rivolse, dopo la strage del DC9, il maresciallo Mario Alberto Dettori, radarista a Poggio Ballone, in servizio durante la notte del 27 luglio 1980. Dettori gli rivelò quei dettagli su quanto avevano visto i radar quella sera ed era stato poi occultato, dettagli che, trasmessi alla Magistratura, pesarono enormemente sulla sentenza del Giudice Priore. Tuttavia, Dettori, che già parlando con Ciancarella aveva detto di temere per la propria vita, non poté testimoniare perché venne trovato impiccato nel 1987, una delle “morti sospette” legate alla strage di Ustica che all’epoca fu molto sbrigativamente archiviata come suicidio. Anche l’ex-colonnello dell’AM Alessandro Marcucci, che insieme a Ciancarella stava indagando sulla sorte del DC9 e sulle dichiarazioni di Dettori, morì in un inspiegabile incidente aereo nel 1992, prima della sentenza di Priore. Su queste morti, la magistratura di Massa ha ripreso ad indagare nel 2013.
Per la sua attività, il capitano Ciancarella fu radiato dall’Aeronautica Militare nell’ottobre del 1983, con un Decreto Presidenziale recante la firma del Presidente Pertini. La copia del decreto di radiazione gli fu però consegnata, su sua richiesta, solo nove anni più tardi e dopo la morte di Pertini. Il capitano, consapevole della dirittura morale di Pertini che aveva conosciuto personalmente, impugnò quel decreto e finalmente, dopo 22 anni, a luglio di quest’anno il Tribunale Civile di Firenze ha confermato i suoi dubbi: due perizie, una di parte ed una disposta dal Magistrato, hanno dimostrato che la firma del Presidente Pertini che compare sul quel decreto è un evidente falso, eseguito con assoluta approssimazione. Il Tribunale ha quindi riconosciuto che la firma di Pertini è apocrifa ed ha condannato il Ministero della Difesa al pagamento delle spese processuali.
Speriamo che il riconoscimento del fatto che qualcuno, ai più alti livelli di quel Ministero, è arrivato a commettere un reato gravissimo come radiare un ufficiale con un provvedimento illegittimo ed una falsa firma del Presidente della Repubblica (il quale evidentemente, se si falsificò la sua firma, non ne seppe mai nulla), pur di togliersi dai piedi chi cercava la verità su quanto accadde nei cieli del Mediterraneo il 27 luglio 1980, inneschi un processo di indagini che chiarisca definitivamente le “morti misteriose” del maresciallo Dettori, del colonnello Alessandro Marcucci e degli altri testimoni e che porti finalmente a rendere giustizia a loro ed alle 81 vittime dell’abbattimento del DC9 ed alla punizione di chi ne fu responsabile, perché il reato di strage non cade in prescrizione.
Per saperne di più:
– Associazione Antimafia Rita Adria “Il Capitano Mario Ciancarella radiato con la firma falsa del Presidente Pertini”, http://www.ritaatria.it/RadiazioneCiancarella.aspx
– P. Mannironi, “Una nuova verità sulla fine di Dettori”, La Nuova Sardegna, 31 marzo 2013, http://lanuovasardegna.gelocal.it/sassari/cronaca/2013/03/31/news/una-nuova-verita-sulla-fine-di-dettori-1.6795677
– Wikipedia, “Aerolinee Itavia flight 870”, https://en.wikipedia.org/wiki/Aerolinee_Itavia_Flight_870
– Wikipedia, “Strage di Ustica”, https://it.wikipedia.org/wiki/Strage_di_Ustica. Si noti che a questo indirizzo, qualcuno ha aggiunto la nota che la descrizione non è obiettiva. Tuttavia, a parere di chi scrive, la descrizione è la più obiettiva tra quelle riportate dai media.
Vito Francesco Polcaro, scienziato dell’Istituto di Astrofisica e Planetologia spaziale (Istituto Nazionale di Astrofisica), e membro del Centro per l’astronomia e l’eredità culturale dell’Università di Ferrara
Pubblicato lunedì 31 Ottobre 2016
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