Il processo di pace che deve guidare fuori dalle intemperie del conflitto armato sia lo Stato turco sia il Pkk, che continua ad avere al suo seguito milioni di curdi che da decenni subiscono discriminazioni e sono soggetti a una dura repressione da parte dello Stato, prosegue all’interno di un percorso complesso e difficile che alterna speranze e timori.

Tutto nasce nel tradimento siglato con gli accordi di Losanna del 1923 che con il benestare delle potenze europee ha affossato il sogno di uno Stato indipendente curdo. Quel sogno fa ormai parte della storia per il leader del Pkk, Abdullah Öcalan. Infatti già alla fine degli anni novanta Öcalan ha ripensato alla strategia del suo progetto politico e abbandonato l’idea della costruzione di uno Stato-Nazione indipendente. Perché? Negli Stati-Nazione il leader curdo vede chiaramente il proliferare di politiche nazionaliste volte a schiacciare e cancellare le minoranze nel nome di una sola cultura, di una sola religione e di una sola lingua. Il sistema capitalista, a cui gli Stati-Nazione sono asserviti, inasprisce drammaticamente lo scenario causando discriminazioni e guerre che sono insite nel sistema stesso.

La strategia di Öcalan si è pertanto trasformata e si è tradotta nell’abbattimento dello Stato-Nazione per lasciare lo spazio al confederalismo democratico, un progetto politico da costruire per fasi e il cui obiettivo finale è l’autodeterminazione dei popoli basata su comunità che si confederano per soddisfare in chiave socialista necessità comuni, nel rispetto dei tre pilastri imprescindibili per la sua piena realizzazione: una democrazia radicale e partecipata, la liberazione delle donne e la realizzazione della società ecologica.

La lunga battaglia combattuta dal Pkk, fondato nel 1978, ha portato, secondo Öcalan, al raggiungimento di risultati importanti, primo fra tutti il riconoscimento del popolo curdo nella sua dimensione culturale, sociale e politica. Tuttavia tale riconoscimento, per il momento, non ha ancora ottenuto le garanzie legislative necessarie per mettere in salvo queste conquiste.

È il “nuovo” processo di pace in corso, iniziato a ottobre 2024 con l’appello di Devlet Bahceli, leader del partito islamista estremista, Mhp, rivolto a Öcalan che dovrebbe condurre a questo risultato. “Nuovo” perché in passato altre volte è stata percorsa questa via che tuttavia non ha portato ai risultati sperati. L’ultimo tentativo è finito drammaticamente nel 2015 in una repressione durissima da parte dello Stato turco nei confronti dei leader curdi del partito Hdp, considerato filo Pkk, e dei suoi sostenitori.
A Bologna presso il Centro sociale TPO si è tenuta, lo scorso 25 ottobre, l’assemblea di Retekurdistan, costituita da organizzazioni che sostengono la causa curda. Al centro della discussione non poteva che esserci il processo di pace in corso e la grave situazione mediorientale. Adem Uzun, esecutivo del Congresso Nazionale del Kurdistan (Knk), ha detto che è necessario “mettere la nostra agenda sul tavolo e perseguirla, dimostrando di avere il potere di portare avanti la nostra visione. Abbiamo bisogno di solidarietà e di alleanze. Ci vogliono dividere e farci ritrovare soli ma noi dobbiamo opporci”. Analizzando la situazione internazionale ha aggiunto: “Siamo in un periodo di transizione. Si tratta di un periodo di caos e noi dobbiamo avere il nostro disegno, il nostro obiettivo. Pensiamo che nel periodo di transizione sia necessaria della flessibilità senza però mai perdere l’obiettivo principale. La flessibilità può essere solo politica ma non ideologica”.

Lo scenario internazionale, con i mutamenti dovuti al formarsi di un nuovo ordine mondiale, interrogano anche il popolo curdo. Con uno sguardo rivolto al Medio Oriente, Uzun è entrato nel merito dicendo che “abbiamo di fronte una lotta tra poteri. Israele vuole ridisegnare il Medio Oriente e per questo crea nemici e porta avanti la campagna di genocidio verso il popolo palestinese. Deve indebolire i suoi nemici. La situazione ora si è calmata perché i governi hanno dovuto fare i conti con le manifestazioni di piazza ma il progetto genocidario va avanti. La Turchia, l’Iran e Israele hanno tutti in testa un simile progetto. Il prossimo scenario di destabilizzazione sarà in Iraq”.
Uzun infatti ritiene che le tensioni presenti oggi in Iraq e che coinvolgono la fazione sciita, maggioritaria nel Paese ma divisa al suo interno, favoriscano l’indebolimento dell’Iran. Le turbolenze irachene sono un’occasione che Stati Uniti e Israele non vogliono farsi sfuggire, interferendo con la politica interna del Paese e continuando nella strategia di riconfigurazione del Medio Oriente. Nella partita entrano inevitabilmente le risorse energetiche e i vari corridoi che devono passare dalla regione per unire l’Asia all’Europa.

La situazione dei curdi è molto delicata perché devono evitare di rimanere schiacciati dalle manovre che ciascuna potenza (Usa, Israele, Iran e Turchia) cerca di portare avanti nell’area in questo gioco egemonico. Uzun ha spiegato come Israele stia tentando di rafforzare i gruppi curdi nazionalisti e sciovinisti ai danni della Turchia e dell’Iran mentre questi due Paesi vogliono indebolirli per sottrarre a Israele questa carta. Per questo il movimento curdo deve essere capace di muoversi in modo unito e intelligente e “non deve diventare né vittima né complice del genocidio”. Secondo Uzun, ideologicamente sono due le strade percorribili: la modernità capitalista o la modernità democratica. Quest’ultima può concretizzarsi attraverso il confederalismo democratico il quale però “non può realizzarsi nei sistemi fascisti e dunque occorre prima fare dei passi verso la democratizzazione della società”. Il sistema capitalista invece si fonda sull’idea della guerra perpetua, in netto contrasto con la proposta curda che invece vuole fermarla, come si evince dalla ostinata volontà di Öcalan di portare a termine positivamente il processo di pace. Uzun ha sostenuto che il problema curdo non è stato creato dalla Turchia, dall’Iran o dagli Stati Uniti ma è il frutto del sistema capitalista, quindi da qui deve partire il cambiamento. Per raggiungere il risultato, duraturo e strutturale, non è sufficiente ottenere successi militari o nazionali, perché se il sistema non cambia “la vittoria rischia di trasformarsi in sconfitta, come è già successo in lotte di liberazione passate”.

Ha concluso il suo intervento soffermandosi sul processo di pace in corso, ammettendo che avanza troppo lentamente. Öcalan sta guidando il suo popolo attraverso questa fase delicata, chiedendogli anche sacrifici e sforzi. La sua autorevolezza ha consentito di ottenere risposte positive ad ogni sua chiamata, come la dichiarazione di scioglimento del Pkk, il gesto simbolico di distruzione delle armi da parte di trenta combattenti, quindici donne e quindici uomini, sulle montagne di Sulaimaniyah, e proprio il 25 ottobre (giorno dell’Assemblea di Retekurdistan) il ritiro dei e delle combattenti dal Bakur (Nord del Kurdistan, ossia la zona sud-orientale della Turchia), che si sono spostati nelle basi sui monti Qandil, in Bașur (Kurdistan meridionale, nel nord dell’Iraq).

Nell’assemblea è stato messo in risalto il ruolo delle donne nella costruzione del confederalismo democratico attraverso le parole di Zilan Diyar, appartenente al Confederalismo mondiale delle donne, che ha sottolineato la loro importanza nel processo di trasformazione del sistema. Si tratta di donne che studiano e si confrontano sui grandi temi sociali, di politica nazionale e internazionale, che cercano alleanze a livello mondiale con altri movimenti di liberazione delle donne. Al centro della loro attenzione c’è la crescita culturale e politica come strumento indispensabile per incidere consapevolmente e strategicamente sul cambiamento, il quale deve portare all’abbattimento delle società patriarcali.

Lo scorso agosto si è costituita in Turchia la Commissione parlamentare che ha il compito di trovare le soluzioni negoziate per il successo del processo di pace. I lavori procedono lentamente. Due sono gli obiettivi fondamentali: la modifica della legge antiterrorismo, che consenta anche ai combattenti del Pkk di fare ritorno ed essere integrati nella società, anche politicamente, e una nuova Costituzione che sia finalmente democratica. Il processo di pace in Turchia avrà delle ricadute sul Rojava ma anche nelle altre zone dove il confederalismo democratico è realtà, come nel campo profughi curdo di Makhmur e nel distretto di Shengal, entrambi in Iraq.

Il Kck si aspetta, come ha sottolineato Uzun, che sia in Turchia che in Siria ci siano, entro la fine dell’anno, dei cambiamenti legislativi che favoriscano il riconoscimento di una forma di autogoverno decentralizzata a beneficio non solo dei curdi ma di tutte le comunità che ne fossero interessate.

Intanto Erdogan ha rilasciato una dichiarazione il 5 novembre scorso con la quale ha detto che “sembra che siamo giunti a un nuovo bivio nel cammino verso una Turchia libera dal terrorismo. Tutti devono farsi avanti e fare la propria parte”. Questa “nuova fase”, come l’ha definita, potrebbe portare a un intervento davanti al parlamento di Abdullah Öcalan, rinchiuso da quasi ventisette anni nel carcere di massima sicurezza sull’isola turca di Imrali.

Il 7 novembre è circolata sugli organi di informazione la notizia che entro la fine dell’anno potrebbe approdare nel Parlamento turco una proposta di legge per fare rientrare i combattenti del Pkk e le loro famiglie in Turchia. La storia dei processi di pace in Turchia insegna che bisogna non farsi illusioni ed essere cauti, ma un Öcalan che dovesse tenere un discorso in Parlamento, meglio ancora se da uomo libero, avrebbe un impatto anche mediatico straordinario e potrebbe dare maggiore speranza nel successo del processo di pace. Se invece le negoziazioni dovessero naufragare e portare a un nuovo fallimento, è facile immaginare che gli effetti non sarebbero indolore e un’altra fase di sanguinoso conflitto si aprirebbe.
Carla Gagliardini, vicepresidente Anpi provinciale di Alessandria e componente del direttivo dell’Associazione Verso il Kurdistan odv
Pubblicato martedì 25 Novembre 2025
Stampato il 25/11/2025 da Patria indipendente alla url https://www.patriaindipendente.it/servizi/il-destino-del-popolo-curdo-legato-al-processo-di-pace-in-medio-oriente-e-alla-turchia/







