A Massa la ricorrenza della liberazione della Città, 10 aprile ’44, organizzata dall’Amministrazione comunale di concerto con l’ANPI, ha dato il via a una tradizione. «Un atto iniziatico di cittadinanza», spiegano all’ANPI di Massa. Gli studenti che hanno compiuto 18 anni entro il 10 aprile ricevono in dono dal Comune una copia della Costituzione, corredata da una prefazione-messaggio del Sindaco. La cerimonia di consegna è divenuta nel tempo sempre più solenne e dal 2014 si tiene al Teatro Guglielmi, Quest’anno la manifestazione si è svolta nella due giorni del 21 e 22 di aprile. Il sindaco Alessandro Volpi, docente universitario di storia, ha voluto offrire come prefazione alla copia una concisa e interessante lectio magistralis sulla Costituzione italiana. Grazie alla segnalazione della sezione ANPI di Massa, ve la proponiamo. Buona lettura.
La Costituzione italiana rappresenta l’atto fondativo della Repubblica ed ha quindi un alto valore simbolico; ma, a differenza di altre Carte Costituzionali, è anche l’unico documento in grado di riassumere la sostanza della democrazia del nostro Paese. Lo Statuto albertino, concesso nel marzo del 1848 da un sovrano di un piccolo Stato in un momento di grande tensione, e sopravvissuto alle diverse stagioni politiche italiane per effetto della sua natura flessibile, non aveva certo caratteri democratici ed anzi ha espresso una visione profondamente dominata dalla centralità dell’istituzione monarchica. In questo senso, come accennato, la Costituzione costruisce l’essere italiani democratici e la sua natura rigida, difficilmente modificabile, trae fondamento da un simile valore non riducibile ad una dimensione giuridica; la Costituzione italiana è, piuttosto, il segno ineludibile dell’identità nazionale.
Ciò non vale per la storia costituzionale di altri Paesi.
La Costituzione americana del 1787 è stata contraddistinta da una decisiva emendabilità, insita nei principi del common law, e non ha rappresentato il mito originario, rintracciabile assai di più nella rivolta dei coloni, che la Costituzione interpreta solo in parte, nell’idea della frontiera e nella reazione alla Grande Crisi.
In Francia il mito originario è stato interpretato dalla Rivoluzione in quanto tale, non riassumibile in una delle tre carte Costituzionali, succedutesi dal 1791 al 1795, e dall’epopea napoleonica, i cui tratti sono andati ben oltre la breve vicenda biografica di Napoleone. Nella cultura politica francese, poi, l’idea di Costituente, di un’assemblea a cui affidare la decisione sulle regole fondamentali della vita della nazione, è stata un elemento ricorrente che ha trovato molteplici declinazioni temporali: in questo senso, nella cultura politica francese l’idea di Costituente ha avuto un rilievo ancora maggiore delle Costituzioni in quanto tali.
Anche in Germania, le Carte Costituzionali, pur dense di valori simbolici, non hanno fondato l’identità tedesca; non è stata in grado di farlo la troppo breve e frammentaria stagione costituzionale del 1848, così come non hanno esaurito l’appartenenza nazionale né l’ambiziosa quanto contraddittoria Carta di Weimar del 1919, né la preoccupata Legge Fondamentale della Repubblica federale, varata trent’anni dopo e segnata dal dramma del nazismo. La conferma di questa incapacità di rappresentare il mito fondativo della Carta tedesca del 1949 proviene dalla scelta di non dar corpo ad una nuova Costituzione dopo il processo di riunificazione successivo al 1989.
Nel caso spagnolo, la Costituzione del 1978 ha segnato il superamento del regime franchista e ha introdotto i principi di una “democrazia monarchica”, in grado di affrontare, senza risolverle, le questioni delle autonomie che hanno rappresentato uno dei nodi cruciali della vicenda politica iberica. In questo senso, nessuna delle innumerevoli Carte precedenti può esaurire le diverse anime della “multinazionalità” spagnola perché, appunto, prive di significative attenzioni alle diversità interne e perché profondamente condizionate dagli eventi del momento.
Non possono essere strumenti identitari neppure la Carte ideologiche, sul modello di quelle dell’Unione Sovietica, né quella del 1924, né quella del 1936 e neppure quelle del 1947 e del 1977, profondamente intrise di una vena pedagogica.
Dunque, la Costituzione italiana del 1948 sembra davvero possedere i caratteri dell’unicum, disponendo della capacità di dare rappresentazione alla volontà di un paese di essere democratico; forse non è la traduzione compiuta di una storia condivisa, ma certamente è il documento nel quale sono contenuti valori senza i quali l’Italia non esisterebbe come democrazia.
Alessandro Volpi Sindaco di Massa
Pubblicato mercoledì 11 Maggio 2016
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