Deportazione di immigrati in catene dagli Stati Uniti (Imagoeconomica, via Casa Bianca)

In tempi in cui guerre e violenze sono all’ordine del giorno in molte parti del mondo si registrano episodi che ne accentuano la disumanità. Penso in particolare alle persone in catene che il presidente Trump ha ordinato di rimandare nei loro Paesi di origine, anche se ormai perfettamente inserite, socialmente ed economicamente, negli Stati Uniti (e le catene sono un di più di disumanità, che si aggiunge alla disumanità dell’espulsione), e alle colonne di palestinesi che la guerra genocida di Netanyahu ha costretto ad abbandonare la Striscia di Gaza.

In quelle file interminabili vi sono decine di migliaia di bambini/e, coloro che hanno avuto la “fortuna” di non rimanere uccisi/e nei bombardamenti a tappeto che hanno distrutto le loro case e i loro villaggi, facendo “tabula rasa” di interi territori (e i bambini/le bambine morti/e, rimasti/e sotto le macerie delle loro abitazioni, delle loro scuole, degli ospedali, distrutte/i con furia omicida dall’esercito israeliano, sono altrettante decine di migliaia).

Il Massacro degli Innocenti, Duccio da Buoninsegna, tempera su tavola, 1308 (Museo di Siena)

Si è trattato di una nuova “strage degli innocenti”, con il governo d’Israele che ha assunto il ruolo ricoperto più di 2.000 anni fa dal re Erode. Vi sono immagini tremende relative a tali drammatici fatti, immagini che dovrebbero provocare una reazione da parte di tutte/i noi. Vi sono foto del passato, testimonianze di avvenimenti importanti, che hanno segnato la storia del ventesimo e del ventunesimo secolo e che sono rimaste impresse nella nostra memoria.

La celeberrima fotografia del “miliziano che muore” scattata dal grande fotografo antifascista Robert Capa. La foto diverrà negli anni il simbolo della guerra di Spagna

Ne ricordo alcune: quella del miliziano della Repubblica Spagnola che nella guerra civile del 1936/39 cade colpito a morte, quasi ad anticipare la fine che farà la Repubblica, piegata dalle armi naziste e fasciste,  senza alcun sostegno da parte delle democrazie europee, aiutata solo, parzialmente, dall’Unione Sovietica, con l’appoggio concreto, generoso ma insufficiente, dei volontari delle Brigate Internazionali; quella della piccola ragazza vietnamita che ha preso prigioniero un soldato americano (al suo fianco ci appare come un gigante), prefigurando quale sarà la conclusione del conflitto; quella del bambino che vediamo morto su una spiaggia italiana, testimonianza molto efficace delle decine di migliaia di vite “inghiottite” dal Mar Mediterraneo come conseguenza delle politiche di chiusura adottate dai governi europei, “in primis” da quello italiano, nei confronti delle persone che emigrano dall’Africa e dall’Asia.

Gaza è un cumulo di macerie

Anche gli episodi disumani, a cui ho accennato all’inizio, sono testimoniati da alcune foto. I bambini e le bambine palestinesi costretti/e a fuggire dai territori dove abitavano sono l’immagine più evidente di una situazione, che, di fronte ad atti disumani della organizzazione palestinese “Hamas” (i mille israeliani presi prigionieri e in parte uccisi), ha visto una risposta di Israele molto più disumana, con l’uccisione di decine di migliaia di persone palestinesi e la distruzione di interi villaggi: si è avuta una rappresaglia sul tipo di quelle attuate dai nazisti, che fucilavano 10 persone per ogni tedesco ucciso e distruggevano interi paesi che potevano essere stati “complici” di tale uccisione.

Qualche tempo fa, Guy Butavia, un israeliano che si batte per i diritti della popolazione palestinese, durante un’iniziativa fiorentina contro l’occupazione israeliana di Gaza, mostrò un video che documentava la crudeltà dell’esercito d’Israele proprio contro i/le bambini/e: li facevano uscire dalla loro scuola (in quella disumanità si registrava un piccolo residuo di “umanità”, che in seguito sarebbe stato abbandonato in quanto gli edifici sarebbero stati distrutti con le persone dentro) e poi, sotto i loro occhi, abbattevano l’edificio scolastico, ritenuto evidentemente un obiettivo militare di “indubbia importanza” da quei militari, in quanto potenziale rifugio dei “terroristi” di Hamas.

Il primo ministro israeliano, Benjamin Netanyahu, visita Gaza (Imagoeconomica, Hoim Zoch Gpo)

Certo, l’orrore della “shoah” è unico e ineguagliabile: i “negazionisti” (eredi dei fascisti, vecchi e nuovi, al potere, purtroppo, in Italia e in altre parti del mondo) vorrebbero rimuoverlo dalla memoria. In Italia si cercano di scaricare sui nazisti gli atti più criminali, minimizzano l’apporto italiano a tali atti, evitando accuratamente di nominarsi anti-fascisti, secondo quanto indicato dalla Costituzione frutto della Resistenza e quindi rigorosamente ANTIFASCISTA. Si appoggia nel contempo il governo attuale di Israele, che del fascismo ha assunto molte caratteristiche, appioppando, fra l’altro, la qualifica di “anti-semita” a tutti/e coloro che osano avanzare una qualsiasi critica.

Sbarco profughi (Imagoeconomica, Caro Carino by IA)

È davanti ai nostri occhi come gli attacchi condotti da Israele contro la popolazione palestinese colpiscano duramente le componenti più fragili della società, e cioè i bambini e le bambine, il che accade in tutte le parti del mondo, e sono parecchie decine, in cui sono in corso dei conflitti bellici. Da molti Paesi bambini e bambine sono costretti a emigrare a causa sia delle guerre, sia delle crisi ambientali, anche se il ministro Piantedosi addebita alla “cattiveria” dei genitori il fatto di mettere in pericolo i figli, “costretti” a salire su imbarcazioni fragili, che spesso non riescono a raggiungere la meta. Si tratta di bambini e bambine che in effetti non vivono la loro infanzia, se non in piccoli sprazzi, in quanto devono misurarsi subito con difficoltà e situazioni pericolose, senza la possibilità di studiare e di giocare serenamente come sarebbe loro diritto (i “diritti dell’infanzia” sono autorevolmente affermati in dichiarazioni, trattati, risoluzioni di carattere internazionale, ma a Gaza, e non solo, sono sospesi e può darsi che maturi in quei piccoli, che si vedono negata una vita normale, un sentimento di rivolta violenta contro chi la impedisce).

Carro corazzato israeliano

Vi è stato un anno di massacri della popolazione civile a Gaza prima che si giungesse a una tregua molto precaria, scarsamente rispettata dai coloni e dall’esercito israeliano. Per raggiungere una pace vera è necessario che si rimuovano le cause prime della situazione attuale, e cioè, innanzitutto, cessi definitivamente l’occupazione da parte di Israele. A mio giudizio si deve operare non tanto per arrivare a quella che per tanto tempo è stata ritenuta la soluzione ideale (“due popoli, due Stati”), ma per giungere a uno Stato unico, veramente democratico, non più confessionale – com’è attualmente, costituzionalmente, lo Stato d’Israele – in cui tutti/e abbiano pari diritti, una soluzione che magari dia vita a una Confederazione sul tipo di quella pensata dai/dalle curdi/e del Rojava (laica, ambientalista, interculturale, con assoluta parità di genere, pacifista).

Ben altra è la prospettiva lanciata da Trump, quella di fare della Striscia di Gaza una zona di insediamenti turistici – naturalmente per turisti ricchi – una grande occasione di investimenti economici, che vanno ad aggiungersi a quelli nell’industria degli armamenti, che i Paesi occidentali continuano a fornire a Israele, anche quando a parole avanzano qualche larvata riserva sui suoi comportamenti, una prospettiva che prevede la deportazione della popolazione palestinese nei Paesi arabi vicini – che però sembrano non essere troppo d’accordo – e che è stata non sufficientemente respinta dagli alleati degli Stati Uniti in Europa.

I bambini e le bambine di Gaza sono le vittime più colpite dalla drammatica situazione attuale, ma possono essere un elemento di speranza per il futuro – perché si possa arrivare a una pace duratura basata sulla convivenza fra diversi/e. Perché ciò avvenga è necessaria una forte pressione, a livello internazionale, al fine di far cambiare definitivamente rotta al governo d’Israele (ma per ora non c’è nulla in vista in tale direzione in quanto in Israele prevale il timore nei confronti di Hamas, che si traduce in appoggio pieno verso le politiche di guerra contro la popolazione palestinese di Gaza, considerata come un insieme di potenziali terroristi).

Manifestazione (Imagoeconomica, Saverio De Giglio)

Purtroppo sono lontani i tempi in cui israeliani e palestinesi marciavano insieme per la pace a Gerusalemme, in 30.000, con la presenza di molte delegazioni europee, nella grande manifestazione del 30 settembre 1989, a cui partecipò, per l’Italia, insieme ad altri/e, Tom Benetollo, uno dei più validi esponenti del pacifismo italiano (è stato anche presidente nazionale dell’Arci). Riguardo alla situazione attuale, si può dire che mai era stata così bassa nel mondo la considerazione per Israele e che mai si erano viste manifestazioni così partecipate e prolungate nel tempo contro le sue politiche (in un periodo, fra l’altro, in cui si ha un rallentamento generale delle mobilitazioni e un rinchiudersi delle persone nel proprio vissuto personale), manifestazioni promosse da uno schieramento molto ampio (dai centri sociali all’associazionismo radicale e moderato).

(Imagoeconomica, Canio Romaniello)

Indubbiamente ha contribuito a tutto ciò il vedere i bambini e le bambine di Gaza sotto e accanto alle macerie. Abbiamo presenti, in proposito, due foto: quella di una bambina che piange disperata accanto alla sua casa distrutta e quella, di carattere opposto, di bambini che giocano fra le macerie. Tali immagini dimostrano sia il dolore che provoca nei più piccoli e nelle più piccole una situazione del genere, ma anche che tutto ciò non ne soffoca la vitalità, che bambine e bambini, nonostante tutto, continuano a dimostrare, costituendo un elemento di speranza per un futuro diverso, realmente di pace, per Gaza, per la Palestina, per Israele, per l’intero Medio Oriente.

Moreno Biagioni, impegnato da anni nel movimento antirazzista, antifascista e pacifista fiorentino, fa parte della Rete Antirazzista, del Comitato “Fermiamo la guerra”, della Rete Antifascista di San Jacopino-Puccini-Porta al Prato